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Ciambella di zucchine (dolce) del nonno

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Questi giorni, come avrete potuto vedere, sto riproducendo e cucinando le ricette di casa.
Sarà perché sono sincere, forse ne sento la necessità, è un po’ come viaggiare e scoprire nuovi posti, ma dopo si ha sempre il bisogno di tornare nel proprio nido.  Ma tranquilli, la fase di sperimentazione inizierà presto, intanto però mi faccio cullare e viziare dalla sincerità di questi piatti.



Questa è una ricetta che mi è sempre piaciuta, fin da piccina. Mi piaceva perché era strana, diversa dal solito. Perché io ho sin dalla nascita una vena anti-convenzionale. Perché non mi è mai piaciuto seguire la massa, fare quello che fanno tutti. Lo trovo noioso. Le prime volte che addentavo questa torta, ero sempre al settimo cielo. E’ bello scoprire che una cosa in cui non avresti mai creduto o pensato, sia possibile. Perché, anche se non sempre funziona in questo modo, è divertente rendere un qualcosa di impossibile, un esperimento riuscito. In questo caso mi riferisco all’uso delle zucchine in un dolce. Sicuramente ci sarà chi dirà che la mia scoperta non è per nulla sconvolgente. Ed è vero, perché ormai frutta e verdura non si associano più rispettivamente al gusto dolce e a quello salato. La frutta la si mette nelle insalate (cosa che io faccio spesso) e la verdura nelle preparazioni dolci. No c’è niente di pazzo o sbagliato, è bello così. Bisogna però considerare il fatto che per una bambina di 6 anni, che adora le zucchine nelle quiche oppure trifolate, trovarsele in una ciambella è una novità. Poi mi piaceva il verde, anche in questo caso, differiva dalle solite torte casalinghe. Inoltre, cosa più importante, me l'ha sempre fatta il mio nonno. Quando veniva a trovarci, per pranzo, ogni tanto in estate, ce la portava ed era il più bel regalo che potesse farmi. Tutti noi nipoti la veneravamo, e il fatto che ce la facesse apposta il nostro nonno ci riempiva il cuore di gioia. Avevo sempre creduto che fosse difficile da fare, invece non lo è assolutamente. Sarò anche sincera, questa è la prima volta che la faccio io. Era da tanto che non l'assaggiavo, perchè ora nonno non la fa più così spesso. Non sarebbe stato difficile chiedere la ricetta prima e impedire che passasse tutto questo tempo. A me però piaceva l’idea che fosse il nonno a farla per noi, a dedicarcela. Poi gliel’ho promesso, quando ho trascritto le dosi e il procedimento, di pubblicarla sul blog, e di nominarlo. Perché è una persona speciale, proprio come questa torta. Che alla fine è rustica, casalinga, anche se diversa. Una ciambella da colazione, per quelle fatte con tutta la famiglia.

E’ un modo simpatico per chi come noi, nella stagione estiva abbonda di zucchine nell’orto. L’unico accorgimento è quello di usare zucchine piccine, meno polpose e quindi con meno acqua. In realtà però si può fare tutto l’anno, io però (sbagliando) la collego esclusivamente all’estate. L’olio d’oliva sostituisce il burro, e con il suo sapore deciso da carattere al dolce. Soffice, tanto soffice, il segreto è montare con cura le uova con lo zucchero e utilizzare il lievito bio. E’ alta, come piace a me, croccantina data la presenza delle mandorle. Eccezionale, l’unica cosa che posso dire.
Dopo averla fotografata stamattina presto, sono corsa in giardino, ho guardato il sole e le mie montagne (sono un po’ come Heidi) e l’ho mangiata, pensando a quante cose belle ci sono nella vita, che vale la pena godersele e sfruttare ogni momento al meglio.

ps. che ne dite delle foto? come vi sembrano, ogni giudizio o critica è ben accetta. Come sempre=)






Torta di zucchine (dolce) del nonno

Ingredienti:

4 uova intere
300 g di zucchero
400 g di farina, setacciata
400 g circa di zucchine piccole
1 bustina di lievito (io bio)
1 bicchiere non troppo capiente di olio d’oliva
100 g di nocciole o mandorle tritate (io mandorle)
1 pizzico di sale

Lavare le zucchine, asciugarle e tagliare le due estremità. Tagliarle a pezzettini e metterle nel mixer. Frullare ad intermittenza la verdura, finchè non si ottengono pezzettini piccoli, ma non deve risultare una poltiglia. Lasciare da parte. Sbattere la uova con lo zucchero e il sale, fino a rendere il composto soffice e spumoso. Aggiungere poi l’olio a filo, alternandolo con la farina, in 3-4 passaggi. Unire le zucchine, le nocciole (o mandorle) tritate e il lievito, setacciato. Mescolare bene e incorporare tutti gli ingredienti. Imburrare uno stampo a ciambella abbastanza alto e infarinarlo. Versare l’impasto della torta nello stampo e livellare la superficie se irregolare. Infornare a 175° per circa 35-40 minuti. Controllare la cottura con uno stuzzicadenti e poi far riposare prima a forno spento per un paio di minuti, poi toglierla dal forno e lasciarla raffreddare, sformandola quando è ancora tiepidina. Servire con una spolverizzata di zucchero a velo (facoltativo).

Nota:
- se fate la torta il giorno prima verrà ancor più buona, inoltre si conserva per un bel po' di giorni, in un porta-torta oppure su un' alzatina con coperchio.










Marmellata di cipolle di Tropea e peperoncino (Sigrid Verbert)

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Eccoci qui, riprendiamo con la fase di sperimentazione. Ho coccolato per bene chi, come me, in questo momento non è in ferie e ho presentato piatti che fanno parte della tradizione della mia famiglia, ma ora torniamo a provare nuovi sapori e ricette, chi mi conosce sa che ho sempre il bisogno di scoprire nuovi piatti e cucinare, cucinare e cucinare.


Non so se l’avete notato, ma ultimamente tendo a fissarmi con un tema preciso e a fare ricette e postare piatti relativi ad esso. Appunto, gli ultimi due post riguardavano le ricette di casa mia, ma adesso vorrei iniziare un nuovo argomento: le conserve. Io ho sempre collegato l’estate alle marmellate, alle mostarde, alle passate… insomma a tutto ciò che può essere conservato in un vasetto ermetico e riposto in dispensa.  Ho sempre apprezzato il fatto di poter dire che sì, questo l’ho fatto io, con le mie mani. Sa di genuino e casalingo, tutto ha un sapore più vero.
Così inizio questo piccolo apostrofo sui barattolini, dolci e salati, che si possono regalare, ma che possono anche risultare utili averli sempre pronti.

Oggi parliamo di una marmellata (quasi una mostarda) salata. Di cipolle rosse di Tropea e peperoncino. La ricetta proviene dal libro Regali golosi di Sigrid Verbert, una vera chicca per chi ama i vasetti e  i barattolini, di tutti i tipi. Ci tenevo molto a provare questa ricetta, infatti era la prima volta che mi cimentavo nella preparazione salata delle marmellate. Devo dire che è stata un successo. Ok, so che il fatto che a me piacciono da morire queste mostardine, che ben si accompagnano a formaggi di vario tipo, ha contribuito a rendere il tutto al meglio, è stata comunque una soddisfazione. Credevo fosse difficilissimo, e tendevo sempre a comprarle, ovviamente di ottima qualità. Poi però quando ho sfogliato il volume di Sigrid, ho pensato che l’avrei potuta fare anch’io, a casa, semplicemente. Avendo tutto l’occorrente, ho deciso di provare. Così è stato e sono stata felicissima del risultato. Le cipolle di Tropea effettivamente fanno la differenza, io mi sono impegnata molto per trovarle, dato che qui da me si trovano raramente. Consiglio davvero di non sostituirle però, sono l’ingrediente base della preparazione e devono rimanere tale. L’unica modifica che ho dovuto attuare riguarda il peperoncino. Infatti la ricetta prevedeva l’uso di quello in scaglie, che io non ho trovato, nonostante avessi cercato dappertutto. Io l’ho sostituito con quello in polvere, il risultato è stato ottimo comunque.

Spero quindi vi piacerà questa mini- rubrica di agosto, io la trovo un’idea simpatica e divertente. Sono così carini, un regalo semplice ma di effetto che colpirà i vostri amici o parenti. Allora, che dite, iniziamo ad invasare?!


Auguro a tutti voi uno splendido week-end!






Marmellata di cipolle di Tropea e peperoncino

tratta da Regali Golosi di Sigrid Verbert

Ingredienti:

per 2 vasetti piccoli

1 kg di cipolle rosse di Tropea
300 g di zucchero di canna
20 cl di vino bianco (io pinot grigio)
1 cucchiaio di peperoncino in scaglie ( io in polvere)
1 cucchiaino di origano secco
olio evo
sale
pepe

In una pentola , scaldare 3 cucchiai di olio. Aggiungere le cipolle, sbucciate e affettate, e l’origano. Quando le cipolle saranno belle morbide, unire lo zucchero, il peperoncino e il vino, mescolare con cura e infine salare e pepare. Far cuocete un’oretta (io poco meno) finchè la marmellata non si è addensata.

Versare nei barattolini (precedentemente lavati e sterilizzati) e lasciare raffreddare a testa in giù.


Note:

-          io ho coperto la i vasetti con uno strofinaccio asciutto e pulito, come si fa con le marmellate dolci.
-          Sigrid consiglia di accompagnare la marmellata a formaggi stagionati (meglio se del centro-sud Italia). Io però ho provato anche con un formaggio più fresco, una sorta di cacciotta che nel bergamasco chiamano formagella. A me è piaciuto molto anche con questo tipo.
-          il vino bianco che usate deve essere di qualità, diffidate dai cartoncini o simili.






Marmellata di fragole, rabarbaro e uva orsina

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Così inizia di nuovo un’altra settimana, siamo già a metà agosto, non fatemici pensare. Comunque, eccoci al “secondo appuntamento” con la piccola rubrica sui vasetti, che mi sta piacendo e divertendo un sacco. Siamo partiti lo scorso post con una maremellatina/composta salata ( per chi se la fosse persa, ecco qui), oggi andiamo sul dolce.


Come credo aver già detto, l’agosto per me è il mese delle conserve, quello in cui più in assoluto mi vede impegnata a provvedere alle "scorte". Fare marmellate è uno dei ricordi che poi, durante l’anno, mi rimangono più impressi dell’estate. Mi piace perché si sta insieme, si chiacchera e si ride allegramente, ma nel contempo ci si mette all’opera e si producono questi piccoli vasetti, che piano piano vengono consumati. Io ho ereditato la tradizione delle marmellate da nonna. Lei le ha sempre fatte in casa fin da quando ero piccola, e ha sempre provveduto a riempire sia la nostra che la loro dispensa. E’ da lei che ho imparato i segreti, la pazienza e i trucchi per rendere una marmellata speciale.  La tecnica, quella vera, l’ho imparata quest’anno. Di solito quando ero piccina aiutavo con piacere a tagliare la frutta, ma non seguivo più di tanto il procedimento. Diciamo che dopo aver iniziato la cottura, quatta quatta me la svignavo a giocare con mia sorella, ripresentandomi solo al momento finale, ovvero per vedere il risultato.
Inoltre finalmente ho imparato ad utilizzare la bilancia che io chiamo vintage, perché un giorno avevo visto lo stesso modello ad un mercatino. All’inizio non ci capivo niente, essendo abituata alle bilance elettroniche. Poi però mi sono impegnata e sono  riuscita a capire, iniziando ad apprezzarla. E’ una di quelle cose a cui nonna è legatissima, che le ricorda i bei momenti di anni fa, a me questo fa piacere. 
Le marmellate che ci piacciono di più sono quelle di albicocche ,ribes ( provenienti direttamente dal nostro giardino) e mirtilli rossi (che faremo prossimamente). Questi sono sapori che mi ricordano i pomeriggi estivi, trascorsi a tagliare e cuocere la frutta. E se anche rimangono e rimarranno sempre i miei preferiti, volevo provare a fare qualcosa di diverso, avendo imparato il procedimento.

Così ho deciso di provare questa marmellata inedita, che mi frullava già da un po’ nella testa, che non mi ha deluso. Fragole, rabarbaro, uva orsina. Andiamo per ordine. Le fragole perché sono il frutto estivo per eccellenza, perché sono dolci ma asprine in sé, che rendono vellutata la consistenza. Qui probabilmente nasceranno polemiche, essendo ormai finita la stagione di questo frutto. E’ vero, ne sono consapevole, i puristi sicuramente staranno maledicendomi. Il fatto è che nel momento in cui sarebbe stato meglio farla (giungo-luglio) non avevo né l’idea, né l’intenzione giusta per sperimentare. Quindi, a malincuore, ho dovuto accontentarmi con quello che ho trovato, e non posso lamentarmi. Il rabarbaro perché è la mia fissazione del momento, perché mi piace moltissimo, aspro e croccantino, e che da carattere alla marmellata. L’uva orsina, che ho scoperto da pochissimo, che bilancia l’eventuale dolcezza, dando acidità. Un successo, davvero. Un connubio perfetto di gusti, se bilanciati in modo giusto. Dalla consistenza morbida e leggera, un po’ più liquida rispetto alle altre marmellate, ma è giusto che sia così. 
Da provare, rifare, assaggiare e gustare.




Solo due parole riguardo alle foto. Ho voluto creare uno stile rustico, casalingo, come la ricetta di oggi. La luce è distribuita nel centro ma quasi assente sul retro, trovo siano molto belle, che rendano l’idea insomma. La terza è la mia preferita in assoluto. Nitida e semplice, ma allo stesso tempo speciale.


Marmellata di fragole, rabarbaro e uva orsina


Ingredienti:

per 2 kg circa (io 7 vasetti)

1,5 kg di fragole pulite
650 g di coste di rabarbaro
1 manciata di uva orsina
700 g di zucchero
2 bustine di gelificante 3:1

Private il rabarbaro di eventuali foglie e fili laterali ( come si fa con il sedano), poi tagliarlo a tocchetti di circa 2 cm. Tagliare le fragole a metà o in 4, le più grosse. Lavare l’uva orsina e privare il picciolo alle estremità. Versare in una pentola capace la frutta, lo zucchero e il gelificante. Mescolare bene e mettere sui fuochi. Portare a bollore e cuocete per almeno 35-40 minuti. Passato questo tempo spegnere il fuoco e mescolare ancora, fino a che la schiumetta che si forma scompare. Versare la marmellata nei vasetti sterilizzati, chiudere immediatamente con i tappi e capovolgere. Coprire con uno straccio pulito ed asciutto. Far raffreddare completamente.


Note:

-          Fate cuocere la marmellata con calma, e non seguite le istruzioni dei gelificanti. Tre o quattro minuti per una conserva è troppo poco, non verrà bene il risultato. Abbiate pazienza e vedrete con i vostri occhi la differenza.
-          E’ importante far riposare i vasetti a testa in giù per una notte, la consistenza sarà più gelè, come dico io, sarà più cremosa.




L’idea in più…

Come potete vedere nella prima foto, ho impacchettato i vasetti abbellendoli con dei tovaglioli di carta, legandoli e aggiungendo una targhetta con il nome della marmellata. E’ un’idea simpatica se si vogliono regalare a persone care. E il cestino, non è carino?! io lo trovo graziosissimo=)



Auguro un buon inizio di settimana a tutti!



La tapenade, quella vera...

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Ok, lo ammetto. Ci ho preso gusto con questa rubrica, che ormai può essere resa ufficiale. Inoltre ho potuto vedere che ha già avuto successo e che piace, quindi continuo felicemente su quest’onda, mi diverte davvero molto.  Oggi, si va di nuovo sul salato, un qualcosa di davvero speciale, che dovevo assolutamente farvi conoscere.


La tapenade, mai sentita?! In realtà è ormai abbastanza comune, è semplice in sé, ma è una ricetta a cui sono legatissima, che ho sempre amato. E’ una pasta di olive nere, niente di più niente di meno, ma ha delle caratteristiche che la differenziano da tutte le altre versioni. Ora vi spiego perché. Parto dal dire che è di origine francese come avete potuto intuire dal nome, più precisamente è una specialità della Costa Azzurra. Credo di aver già nominato questa zona, che io ormai conosco come le mie tasche, che ho avuto modo di vivere. E’ un territorio famoso per la produzione di olive, olio e agrumi, in particolare limoni. Sono posti bellissimi, almeno per me, che rinchiudono moltissimi miei ricordi di un francese molto scarso, di baguette, di negozi chiccosissimi, di mare. Ovviamente è qui che ho conosciuto per la prima volta la Tapenade, anche se il primo assaggio non risale a molti anni fa. Mi era subito piaciuta, da pazzi. Il sapore deciso, forte, mediterraneo. Il più bel souvenir che portavo a casa, ogni volta. Dopo averla assaggiata, gustata, acquistata, ho pensato che avrei potuta farla io, in casa. Così è stato. Con la mia testardaggine e la mia perfezione (più o meno), ho deciso di provarci e beato quel giorno nel quale l’ho fatto. Infatti questa è ormai la seconda volta che riproduco la ricetta (ho portato tutti i prodotti a casa, per rifarla esattamente come la prima), e se potessi continuerei a farla. A questo proposito devo chiarire alcune cose. Infatti voglio precisare come sono stata pignola nel decidere di cucinarla, e di aspettare il momento giusto. Io, come credo molti di voi, credo che alcune cose richiedano il loro tempo, la pazienza e le condizioni giuste. Su questo io sono molto purista. Ci sono alcune preparazioni, alcune ricette, che possono essere fatte solo con certi ingredienti, secondo me non ci sono eccezioni, nel limite del possibile ovviamente. Non so se la mia è esagerazione, può darsi, ma io non ci riesco proprio a fare le cose male, con fretta, solo perché ne ho voglia. Per questa ricetta infatti il momento giusto l’ho aspettato, con devozione, senza sgarrare, io se le cose le faccio le faccio bene. La prima volta, quest’estate, ero a Mentone. Conosco molto bene il luogo, più di tutti gli altri posti che compongono la Côte. Conoscoa memoria la disposizione dei banchetti del mercato, ne conosco i vicoli antichi. E’ stata una soddisfazione enorme andare al mercato quella mattina, con la mia borsa vintage, il cappello da spiaggia, gli occhiali anni ‘50 e trovare tutto il necessario per fare una vera Tapenade. Le olive al naturale, raccolte nel paesello di St. Agnes, l’olio d’oliva della stessa azienda, i limoni della vecchietta così gentile e disponibile, i capperi e le acciughe di qualità, l’aglio fresco. Un mixer Girmi, i barattoli Fido e la spiaggia davanti ai miei occhi.
Non so dirvi se è stata la storia che c’è dietro che ha reso il tutto speciale, è possibile. So solamente che la ricerca faticosa degli ingredienti, il saper aspettare, ha reso tutto più unico. Posso scommettere che se l’avessi fatta in altro modo, con prodotti commerciali e la fretta, non avrei ottenuto questo risultato. Questo non è essere altezzosi o snob, no. E’ solo un invito a considerare bene la questione, ci sarà chi la Tapenade la farà solo una volta, oppure mai. Questa però è la mia teoria, che molti non condivideranno. Sinceramente però, apprezzo di più chi, pur non avendo l’occasione si impegna per cercare di rendere autentica la ricetta, il più possibile. Le olive per esempio possono essere sostituite con quelle taggiasche (che si trovano facilmente), l’olio con quello ligure. Il significato cambierà di sfumatura, ma dietro alla pasta di olive che spalmerete sul pane ci sarà l’impegno, la passione che ci avrete messo. Fidatevi. Tutti lo apprezzeranno. Ci sarà la differenza. Io consiglio di provarla, se avrete la possibilità, vale davvero la pena. E’ sempre amore a prima vista, per tutti. Se lo regalerete ad amici o persone care li renderete felici, facendo capire loro che per voi sono importanti, perché è preziosa. Scusate se mi sono dilungata, potrei direttamente consegnare il post come tema estivo alla prof a settembre, (scherzo), che dite?! Ormai però mi conoscete, sono fatta così, non ci posso fare nulla.

ps. la Tapenadeè un’idea per l’aperitivo di Ferragosto, a questo punto per quello dell’anno prossimo , vi piace l'idea?! =)




La tapendade, quella vera



Ingredienti:

per 2 vasetti piccoli

225-250 g di olive nere provenzali o liguri, snocciolate
3 filetti di acciuga sott’olio, sgocciolati
1 spicchio d’aglio senza geme interno ( il mio era abbastanza piccolo)
2 cucchiai di pinoli
½ cucchiaio di capperi in salamoia, sgocciolati
125 ml di olio della Costa Azzurra o ligure
qualche goccia di succo di limone bio ( io della Costa Azzurra)

Potete utilizzare anche il mortaio, probabilmente sarebbe meglio, ma per noi cuoche moderne il mixer va più che bene. Passate quindi al mixer le olive,i filetti di acciuga, l’aglio, i pinoli e i capperi fino ad ottenere una pasta omogenea. In seguito unire a filo l’olio con il motore ancora in funzione dall’apertura del coperchio del mixer. Aggiungete se lo apprezzate qualche goccia di limone e se volete poco pepe. Il sale ovviamente non occorre. Coprite e tenete in frigorifero se la volete servire subito dopo.

Nota:
 – conservate  la Tapenade in vasetti ermetici, durerà per un bel po’ di tempo (in teoria =D).








Vi lascio con le foto di alcuni dei miei posti preferiti della Côte d’Azur. La dedico a tutti coloro che in vacanza ci sono già stati, che ci sono in questo momento, che ci devono ancora andare o chi la vacanza la fa a casa, perché, io lo so bene, è bellissimo comunque.



Cap Martin n#1


Cap Martin n#2



Cap Martin n#3


Cap Martin n#4







Auguro a tutti Buon Ferragosto. Che sia una giornata di relax, di sorrisi e risate con amici e famigliari, di buon mangiare. Una giornata felice.




Il classico ci sta sempre...

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Siamo già a sabato. Già. Non capisco perché, ma quando si avvicina la fine dell’estate qualcosa dentro di me cambia, sono irrequieta, forse perché so quello che mi aspetta a settembre. Cerco di non pensarci, di godere ogni minuto, il più possibile, evito di rovinarmi le giornate rimuginando. Ci ho messo molto tempo a capirlo, ma se si vive alla giornata, spensierati, si sta meglio, ci si gode ciò che è bello nella vita.


Oggi è l’ultimo appuntamento con la rubrica sulle conserve, di cui sono stata molto soddisfatta. All’inizio credevo non piacesse, che dopo un po’ annoiasse chi leggeva, invece è stata un’idea simpatica, che avete apprezzato. Volevo chiudere la rubrica (per il momento, sicuramente prima o poi si aggiungeranno ricette da mettere in dispensa sparse qui o lì) con una ricetta semplice, ma che potesse piacere a tutti. Così mi è venuta in mente la passata di pomodoro fresco. Ridicolo, direte voi. Troppo banale ,magari. Io ci ho riflettuto molto e alla fine mi sono detta che sbagliavo a reputarla tale, magari non adatta al blog. Infatti all’inizio della mia avventura credevo che le mie ricette dovessero stupire, essere diverse, non la solita pasta insomma. Poi però ci ho pensato per bene, mi sono accorta che ero fuori strada, completamente. Perché se ci pensate, cosa c’è di più vero di uno spaghetto al pomodoro fresco e basilico?! Niente. E’ il piatto che più rappresenta noi italiani, che si mangia sempre con gli amici, con gli ospiti dell’ultimo minuto, che alla fine fanno sempre piacere. Ed è vero, ci saranno coloro che da buoni esperti rideranno di questa quasi diciottenne che è alle prese con pummarò, che propone la sua versione, che vuole farla conoscere. Lo so, non ho esperienza, io l’ho sempre fatta come la faceva mamma, la versione più buona sulla terra per me. Io però ho voluto comunque postarla, ci tenevo, perché a me ha sempre dato soddisfazione. Gustare una pasta e sentire il sapore del pomodoro, quello vero, così come lo si mangia al naturale. Sentire i profumi dell’estate e poterli gustare anche in altre stagioni, poter dire, sì l’ho fatto io, e con pochissimi ingredienti cucinare il più buon piatto di pastasciutta che esista. Poi diciamocelo, doveva essere presente in questa parentesi sui barattoli e sulle conserve. Credo in ogni famiglia non possa mancare nella dispensa, almeno una piccola scorta. Il pomodoro è la verdura estiva per eccellenza, ce ne sono così tanti tipi, uno più delizioso dell’altro. Inoltre devo ammettere che con il mio metodo (non sarà molto conservativo e autentico come facevano le nostre nonne), furbo e veloce, si riesce ad ottenere un risultato perfetto, senza faticare o doversi ritagliare troppo tempo. Inoltre le mie dosi sono ridotte. Infatti preferisco farla più spesso, quando ho in casa pomodori e via dicendo, senza per forza trascorrere un pomeriggio a riempire mille vasetti. Preferisco averne sempre un po’, ma senza stress diciamo, lo faccio per il piacere di avere qualcosa di pronto fatto in casa, ma senza l’obbligo di dover riempire uno scaffale intero.

Ora vi spiego brevemente la mia versione. Io ho usato tre tipi di pomodori: perino, vesuvio, datterini. A me piace sentire un sapore misto, le differenze di acidità e anche consistenza. Sarà che spesso la passata la si fa anche con quel che si ha in casa, quindi le varietà di pomodoro erano molte. In realtà però a me piace più così, il gusto è più ricco e meno piatto, secondo me ci sta. Solitamente poi io la aromatizzo sempre col basilico, sono e rimarranno un’accoppiata vincente. Questa volta però ho pensato proprio di conservare gli aromi dell’orto che tanto amo, in modo da far ricordare il sole e la freschezza dell’estate. Origano fresco, maggiorana, timo e basilico. Un trionfo di profumi, che rende la passata speciale, incredibilmente aromatica.  Buonissima.
Spero proprio che questo finale classico vi piaccia, vi ringrazio per aver seguito con così tanto entusiasmo questi post dedicati alla dispensa, mi ha fatto davvero piacere. 

Buon fine settimana a tutti! 






Passata di pomodoro fresco alle erbette dell’orto

Ingredienti:

per 3-4 barattoli ermetici

2 kg di pomodori ( tra cui vesuvio, perino, datterini in egual misura)
erbette fresche dell’orto ( origano, maggiorana, timo, basilico)
1 cipolla rossa
olio evo
mezzo cucchiaino di zucchero
sale ( alle erbe)


Pelare i pomodori con l’apposito togli-buccia (lo stesso che si usa per i peperoni). In una casseruola capiente versare una macchia d’olio ( 4 cucchiai circa) e farlo riscaldare. Tritare la cipolla finemente e aggiungerla all’olio. Farla rosolare e dopo poco unire i pomodori tagliati a pezzettoni. Cuocere per 20 minuti a fuoco moderato, lasciando uscire l’acqua e fino a che la verdura è morbida. Successivamente passare al passa-verdure il pomodoro. Rimettere sul fuoco e far restringere lentamente. A questo punto unire le erbette curate e tritate finemente al coltello e mescolare. Aggiungere lo zucchero (che toglie l’eccessiva acidità) e salare a piacere. Continuare a mescolare fino a che la consistenza è quella tipica della passata. Riempire i vasetti sterilizzati e farli raffreddare coperti da un canovaccio asciutto e pulito, rovesciati.

Nota:
-          Se non avete il togli-buccia, sbollentate in acqua calda i pomodori e poi togliete la buccia.




Birthday's cake

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I giorni passano, il tempo scorre veloce, sempre più. Chi dice che solo da adulti ci si rende conto di come passano i minuti, non sa bene com’è la storia. Diciamo che è sufficiente essere sensibile, avere sempre ragionato come se avessi avuto cinque anni in più, farlo perché è naturale, perché sei tu. Avere dei giorni in cui pensi e basta, che ti stanchi perché la mente non ne può più. Che devi staccare e spegnere quel benedetto neurone che ti fa disperare.
Fermarti e capire che stai parlando di una torta di compleanno, che questi discorsi li lasci da parte, che è meglio non riprenderli in considerazione.


Anche se potrebbe sembrare, oggi non si festeggia nessun compleanno, e allora perché una torta del genere come post?! Ecco, questa  ad essere sinceri era una ricetta che avrei dovuto pubblicare venerdì, ma come sempre, da buona anti-conformista ho deciso di farlo oggi.  Infatti venerdì si è festeggiato il compleanno di una persona a me molto cara, una persona speciale. Ho sempre amato fare le torte per questo tipo di occasioni. Quando ero più piccola facevo finta di essere una pasticcera, che aveva ricevuto un ordine e che doveva consegnarlo entro la data concordata. Mi è sempre sembrato un bel gesto, lo consideravo il mio regalo, che viene apprezzato sempre più di un altro oggetto. Mi divertivo a trovare la torta giusta per la persona a cui era dedicata. Perché le torte di compleanno secondo me rappresentano la persona, più di quel che si crede. Perché ognuno ha i propri gusti, i propri tratti del carattere. La torta può fare questo, può esprimere la personalità di un soggetto. Non è sempre facile. La ricerca di solito è ardua, per questo mi ci vuole del tempo. Questa volta, a dire la verità, non è stato difficile. Quando si ha a che fare con persone golose, tanto golose, non è un problema.

Si sa, a volte,  ci sono quei dolci modaioli (così li chiamo io), che   in alcuni momenti invadono riviste, blog, siti. A periodi ci sono stati i cupcakes, in altri i macarons. Poi i whoopies. Diciamo che forse è anche già quasi finita questa tendenza. Si vedono molto meno, ma a me piacciono da morire. Non è questione di moda. Per nulla. Io tendo a non seguirla, perché se qualcosa mi piace non la metto nel dimenticatoio. Anzi, la faccio quando ho voglia e se ne sento il bisogno. Quindi, ritornando al discorso, trovo che i whoopies siano carinissimi e simpatici, così ho deciso di farli in maniera un po' particolare. Anche se era la prima volta ufficiale che li facevo, li conoscevo già bene. Ho molti libri di ricette, mi sono informata, il risultato è stato eccellente. 
Questa è una versione speciale e diversa, come dicevo. Gli originali ,li conoscono tutti, sono piccini con il biscotto nero e cioccolatoso e il ripieno bianco, di solito di cheese-creme. 
La versione di oggi però è del tutto singolare. E' strana per le dimensioni, perché infatti è unico e grande. Perfetto per una festa di compleanno. Il biscotto è bianco, alla vaniglia, morbido e soffice. Il riepieno è una ganache al cioccolato fondente, la mia preferita. Semplice, ma di effetto, divertente, giocoso e spensierato. Ciò che volevo trasparisse da questo dolce.

E’  sicuramente un dolce american-style, come dico io. Mi piace. Devo dire che è proprio come volevo riuscisse (qualche sbavatura in meno di cioccolato ci sarebbe stata meglio effettivamente =)). Mi sono impegnata moltissimo per renderla così come è. Inoltre, vogliamo parlare delle bandierine (rigorosamente made by us)?! Mi sono divertita un sacco a fare bricolage con la mia cara sorellina (grazie dell’aiuto), ho viaggiato con la mente  e sono tornata a quando tutto si poteva costruire, niente era impossibile, bastava una forbice, uno spago e tanta fantasia, che sicuramente in quei tempi non mancava.  Queste bandierine le ho viste tantissime volte su blog famosi americani, mi piacevano così tanto, le volevo assolutamente. Le mie sono sicuramente molto rustiche, genuine, semplici, ma a me piacciono, con quelle campanelle ai lati, deliziose.

E’ stato apprezzatissimo, è  bello da vedere e buono, ancor più del previsto, anche se in realtà si andava sul sicuro. Una torta speciale. Davvero.

ps. Scusate per l’inizio un po’ malinconico, questi giorni sono un po’ così. Non voglio far pesare a nessuno il mio stato d’animo, ma il blog è quello che sono io, alti e bassi compresi. Perdonatemi.






Whoopie d’anniversaire

ingredienti:

per il whoopie:

150 g di burro morbido
150 g di zucchero
3 uova
180 g di farina, setacciata
2 cucchiai di farina di mandorle
1 cucchiaino scarso di polvere di vaniglia bourbon
1 cucchiaino di lievito per dolci
1 cucchiaino di bicarbonato di sodio

per la ganache al cioccolato fondente:

300 g di cioccolato fondente 50 % di ottima qualità
20 cl di panna liquida

Preparare per prima cosa il whoopie.
Preriscaldare il forno a 180°. Sbattere il burro con lo zucchero in una ciotola, finchè il composto diventa cremoso e morbido. Aggiungere le uova, una ad una, affinchè vengano incorporate bene. Unire poi la farina, la farina di mandorle, la vaniglia,il lievito e il bicarbonato. Sbattere energicamente l’impasto fino a che non risulta omogeneo. Divederlo in due parti uguali. Mettere sulle due placche da forno la carta oleata. Tracciare su ognuna di queste (io con il compasso, sono precisina) un circonferenza di 15 cm di diametro (circa). Stendere l’impasto del whoopie sulla figura disegnata e livellare bene la superficie. Infornare e cuocere per 12-15 minuti, poi lasciare raffreddare.

Per la ganache, tritare con il mixer il cioccolato fondente e spostarlo poi in una ciotola. Far scaldare (portare quasi a bollore) la panna in un pentolino e una volta pronta versarla calda sul cioccolato. Mescolare con una spatola e far sciogliere completamente il cioccolato, ottenendo una consistenza liscia, brillante e vellutata. Mettere in frigo e far riposare fino all’utilizzo.


Note:

-          questo dolce si può preparare anche il giorno prima, diciamo che resiste 24 ore al fresco, quindi componetelo già il giorno precedente e riponetelo in un alzatina con coperchio, lasciandolo riposare in un luogo molto fresco ( il cioccolato non deve sciogliersi) .
-          non utilizzate la ganache ancora calda. Lasciatela in frigo per almeno 1- 2 ore, facendo attenzione che non si indurisca completamente. Se sarà più soda, sarà più facile lavorarla, potendo usare anche un sac a poche per riempire la torta. 

Crudaiola con zucchine e menta

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L’umore che piano piano sale, anche se la vena malinconica rimane. Le foto che non ti piacciono per nulla, che ti fanno sentire irrealizzata, perché non sono come le vorresti tu. Il fatto che gli altri dicono che vanno bene, ma che a te non importa. Lo sforzo nell’essere ottimista, che la prossima volta andrà meglio, che le giornate no ci sono e che bisogna conviverci. Il sole che scalda le ossa, il caldo che sta diventando insopportabile anche qui.


Il bisogno di scappare, per svuotare la testa. Andare nel bosco, respirare l’aria umida, sentire il silenzio, trovare la pace. Sentire il bisogno di stare sola, di poter far quello che voglio io. Senza dirlo agli altri. Trasgredire, perché qualche volta fa bene, lasciar stare quello tuo lato rigoroso e serio, che se anche è parte di te, a volte è pesante. Non adempiere a tutto ciò che dovresti fare, capire che lo hai già fatto abbastanza finora, che ogni tanto si può anche fare diversamente. Godere di una passeggiata nel tardo pomeriggio, prendere il sole vicino al fiume, tuffarcisi poi con i piedi. Mangiare indiano per la prima volta da amici, scoprire nuove frontiere, viaggiare con la mente. Capire che a volte poche parole sono meglio di mille, perché più vere e profonde, che non ci sono regole precise in tutto.
Aver voglia di racchiudere l’estate in un barattolo, per poi farla uscire di nuovo quando si ha la necessità. Rendersi conto che è impossibile. Allora si cerca di fare altrimenti.

Così è stato per questa ricetta. Avevo voglia di includere in un piatto tutto quello che mi ricordasse l’estate. La freschezza, la leggerezza, la semplicità. Ho voluto utilizzare gli ingredienti che io associo con più facilità a questa meravigliosa stagione: zucchine, pomodori, menta. Una pasta perfetta, da molti sapori, completa, estiva. Una delle ultime crudaiole di questo periodo. Un’idea per gli ultimi pic-nic del wee-end, infatti è buonissima mangiata anche fredda. Arricchita dai pinoli tostati, che danno un gusto unico al boccone. Buona, ma diversa dal solito. Vale la pena provarla.

Bene, per oggi basta così. Ora andrò a rifugiarmi nella natura, quella si sa, non delude mai. Ne ho proprio bisogno, mi fa star bene. Per le foto, come già detto, preferisco non espormi. In mente avevo tutt’altro progetto, che non si è realizzato. E’ andata in questo modo, pazienza. Spero che comunque non compromettano l’idea e la bontà della pasta.=)






Crudaiola di zucchine e menta

Ingredienti:

per 4 persone

320 g di mezze penne rigate
500 g di pomodoro Vesuvio ( o pizzutelli)
150 g di zucchine novelle (piccine)
2 cucchiai di pinoli
1 spicchio d’aglio (piccolo), privato di germe interno
un mazzetto di menta
origano
olio evo
sale
pepe

Lavare i pomodori, asciugarli e tagliarli a spicchietti. Trasferirli in una terrina, unire l’aglio sbucciato e tagliato a fettine sottilissime, la menta lavata, asciugata e tagliuzzata con le forbici, un pizzico di origano e 6 cucchiai d’olio. Salare e pepare, mescolare il tutto. Lasciare insaporire la salsa per circa un’ora. Trascorso questo tempo, lessare la pasta in acqua bollente salata. Nel frattempo tostare i pinoli in una padella antiaderente senza condimento. Spuntare poi le zucchine, lavarle e asciugarle a rondelle sottili. Scolare la pasta, passarla sotto un getto di acqua corrente per raffreddarla, scolarla nuovamente e condirla subito con il sugo preparato, poi unire le zucchine, cospargere con i pinoli, mescolare e infine servire con altre foglioline di menta per decorare.




Pears and no more tears

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Come prima cosa, mi scuso per l’assenza prolungata, non era mia intenzione fidatevi, ormai lo sapete che via da qui non ci riesco a stare. Chi mi segue sa che non sono stati giorni felicissimi quelli della settimana scorsa, avevo bisogno di staccarmi da tutto diciamo, dal mondo, a volte ne sento il bisogno, mi fa bene. Ho riflettuto tanto, come mio solito, ho capito quanto mi fa bene questo posto, quanto mi piace scrivere e parlare con voi. Quanto tutto questo giovi a me come persona insomma. Ero stufa di piangermi addosso, di vedere il nero anche quando non c’è.  Ho detto basta a questa malinconia che mi perseguitava, e se anche c’era non la ascoltavo. Ho voluto aprire gli occhi e rendermi conto che quando meno te l’aspetti la vita ti riserva delle grandi sorprese. Che è necessario essere più sereni, godere e apprezzare quello che si ha. Capire che si è fortunati.


Ricevere notizie inaspettate, in una mattina di sole caldo, e non credere ai tuoi occhi. Pensare che probabilmente stai ancora dormendo, sicuro. Rileggere e rileggere mille volte il testo, e rendersi conto che è tutto vero. Ricordare che fino al giorno prima avevi la sensazione che andasse tutto per il peggio, che eri giù, che non volevi sapere niente di nessuno. Obbligarti a credere in te stessa, perché come si è visto, nel tuo piccolo, ci sei riuscita. Vedere che quando non la si programma la vita,  è meglio, perché diventa ogni giorno più bella. E senza neanche farlo apposta la reflex diventa tua grande amica, perché è così. Se la tratti bene, con calma, lei corre in tuo aiuto, altrimenti stanne pur certa, non ti verrà incontro. Finalmente sei riuscita a fare una foto alla Hélene, ma con il tuo stile, che va perfezionato, ma che pian piano sta migliorando (saranno anche delle semplici pere ma personalmente le foto sono bellissimissime). Ritornare a quando questi momenti li hai sognati, a quando avevi paura a farlo, perché ti sembrava impossibile, a essere felice per aver intrapreso questa strada. Hai imparato ad andare d’accordo con la luce che ogni tanto ti fa disperare, che ti fa sembrare una pazza furiosa, che il fatto di diventare più elastica ti fa solo bene. Non volere pensare al futuro, quello troppo lontano, perché come dice mamma bisogna occuparsi e non preoccuparsi. Con il tempo ho capito che la fortuna bisogna anche andare un po’ a cercarsela, che se si sta fermi impalati non potrà succedere niente. Che come diceva la buon e vecchia Cenerella, i sogni si possono avverare, se ci credi fermamente. Che la passione e l’impegno non potranno mai farti fallire, perché prima o poi il risvolto ci sarà.

Tutto questo fiume di parole per annunciarvi questa meravigliosa, almeno per me, notizia. Come vi ho già detto, mi è giunta giovedì scorso, è stata una grande soddisfazione. Conoscete Open kitchen Magazine?! E’ un rivista di cucina online che ormai compie un anno di attività, curata dalla bravissima Claudia Annie Carone e il suo fantastico team. Anche io stessa l’ho scoperta da pochissimo, ma l’ho subito apprezzata perché è interessante, di qualità e simpatica. Ecco, quindi è con immenso piacere che vi annuncio che nel numero di Ottobre ( è una rivista bimestrale, se vi siete perse il numero di Agosto, ecco qui) ci sarò anche io. Collaborerò con il team pubblicando due mie ricette, con le mie foto, sono eletrizzata.

E’ davvero una fantastica opportunità, che mia ha reso molto felice. Non posso anticipare nulla, io comunque vi aspetto con l’appuntamento ad Ottobre, così se vorrete, potrete vedere come ho contribuito nel mio piccolo. Spero tanto vi piacerà l’idea, a me sembra carinissima, sono davvero felice.  Claudia Annie e il team sono state disponibilissime e mi hanno accolto con gran calore, voglio ringraziarle davvero tanto, sarà un bellissima esperienza. Dunque, questo è quanto, direi che è fantastico no?! Mi auguro con tutto il cuore che il mio lavoro venga apprezzato, sia da voi che dagli altri lettori, per me è importante, ci ho messo tutta me stessa.

Così vi lascio augurandovi un felice inizio di settimana miei cari, perché questo piccolo grande traguardo lo dedico anche e soprattutto a voi. Un grazie sincero.








Vi aspetto allora con Marcello a Ottobre. Mi raccomando=)

Enjoy Open Kitchen Magazine!

Ikea brownies

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Devo dire che in questi giorni cari miei sono proprio felice, è una bellissima sensazione. Mi sento più libera e senza particolari pensieri. Sono ottimista e positiva. Ho voglia di correre, respirare l’aria fresca, ridere e divertirmi. Ho voglia di sorridere a chi incontro per strada, non so bene perché. Chiacchierare e non pensare a come comportarmi, così, perché ne ho voglia. Recuperare la mb, che non usavo da ormai troppo tempo, partire e farmi un bel giretto, prendere la reflex e immortalare un attimo di vita, che voglio ricordare, per sempre. Sentire l’aria frizzantina di settembre che si avvicina, il caldo afoso che se ne va (meno male), il sole più debole.


Tornare nella tua tanto amata casetta di legno. Pensare che non la ricordavi nemmeno, che non ci stai più ormai, fisicamente parlando. Che non dovresti stare lì, che ormai sei un po’ grandina, bella. Fregarsene e non riflettere se è giusto o errato fare questa cosa, farla perché lo senti, dentro. Aprire la porticina sgangherata con le chiavi, impiegarci una quantità di tempo indefinibile, entrare in un mondo del tutto diverso da quello reale. I ricordi che saltano subito in testa, i pomeriggi uggiosi trascorsi a giocare e a rifugiarsi dagli agenti atmosferici che giocavano brutti scherzi. Rimanere lì per ore e ore, non accorgersi del tempo che trascorre, guardare fuori dalle piccole finestre e contemplare il buio. L’aria che sa di bambole di pezza, di pentole di lacca bianca, di piccole fruste e piccoli mattarelli, di un fantasia pazzesca. Non so descrivere l’emozione che ho provato quando dopo molto, troppo tempo sono entrata in quel piccolo spazio. La polvere che invadeva ogni singolo buchetto, il calore che la struttura aveva incamerato per esser stata chiusa per moltissimi anni, i giocattoli sparsi qua e là. Un mondo che avevo completamente rimosso, purtroppo. Toccare i vestitini delle My Doll, pensare che sì cari, hanno sempre il loro fascino. Guardare la mini-cucina di plastica, ricordare che ne avevi sempre sognata una in legno, vero. Che all’Ikea la scorsa volta c’era, che il desiderio che viveva ancora dentro di te era vivo, che l’avresti voluta comprare, perché era sempre stata il tuo sogno. Scorgere gli scaffali ordinati, con i piattini, i mille servizi da tè, gli elettrodomestici finti della Philips, che rendevano il tutto più vero. Tutte le uscite di Disney in cucina, tutti i numeri e tutti gli accessori in allegato. La topolino-frusta, il topolino-mestolo, la topolino-vaschetta per il ghiaccio (tutt’ora uso quella per fare i cubetti, la migliore secondo me), il topolino-mattarello, chi più ne ha più ne metta insomma. Poi gli attrezzi Ikea, i miei preferiti. Le pentoline in acciaio inox, quelle smaltate bianche con il bordino blu (impazzisco per l’abbinamento, da sempre), i mini mestoli e le mini schiumarole, la teiera, il servizio di piatti da tutti i giorni, e quello per i pranzi speciali delle bambole. Le posate, che sembravano vere, di acciaio, e il portaposate in legno. Infine, last but not least, le forme per i dolci. La tortiera per la crostata, quella per il plum-cake e poi, la mia preferita, quella a ciambella. Le ho prese in mano, contemplate, studiate di nuovo. In quel momento mi son tornati in testa tantissimi attimi che ho vissuto, felici, i più bei momenti di allora. Perché quando cresci, anche se so  che mi maledirete affermando che questi dovrebbero essere gli anni migliori della mia vita,  si ha sempre il senso di pesantezza sulle spalle, di responsabilità. Perché io son sempre stata così, responsabile, fin troppo, e probabilmente mi son persa dei momenti essenziali nella mia esistenza. Così, pentendomi per degli atteggiamenti sbagliati vissuti in passato, a volte, voglio lasciare perdere tutto, quello che pensa la gente di me, quello che dovrei o meno fare, sentirmi libera, completamente.






Ecco che ho deciso di fare questi brownies cari miei, i brownies che ricordano la mia infanzia, i pomeriggi trascorsi con mio cugino e mia sorella, che non riusciva nemmeno a raggiungere il piano di lavoro con il nasino, la prima torta made by myself. La mia prima torta al cioccolato. Credo di aver avuto 10 anni, all’incirca. Ok raga, stop, le lacrime iniziano a scendere. Comunque questi sono i brownies ikea, perché la ricetta è tratta dal ricettario (il mio primo ufficiale) per piccoli pasticcioni che amavano cucinare con pirofile svedesi, ecco. E’ stata la mia prima versione di questo dolce americano, uno dei miei preferiti. Sono tuttora alla ricerca del perfect brownie, molti dicono che quello di Trish sia il migliore in assoluto (guarda caso, qualche giorno fa mi è caduto in mano un libro che contiene la ricetta, che strano, beh a questo punto devo per forza provarli =)), ne ho mille preparazioni a casa, ma non ho mai trovato quello giusto. E ok, sarò sempre la solita nostalgica ed emotiva, ma questa è sempre stata la più buona, per me, o meglio la più vera. In effetti è un simil-brownie, perché mancano alcune cose fondamentali (le noci, per esempio). A me però non è mai importato più di tanto, perché era la mia ricetta, sarebbe stato così per sempre.

Così avete scoperto quanto a volte mi piace ritornare piccina, con la mente, cucinare le torte che hanno inaugurato la passione. Non è questione di non voler crescere, no. Perché ogni età è bella, la vita è bella. Ogni tanto fa bene, a tutti. Non importa l’età. Tornare bambini è terapeutico. L’importante poi è sempre ricordarsi, quando si ritorna sul pianeta Terra, che la realtà è un’altra, ma che è bello lo stesso.

Mamma mia gente, parlo sempre di più, uff, oh checedevofa’?! Sarà l’euforia, sarà questa carica positiva che mi invade tutta. Comunque le foto mi piacciono da morire, per una volta me lo dico da sola! Sono davvero come le volevo (sto bene o sono diventata pazza?!). Proprio belle.

Ah, altra news. Era da tanto che ci pensavo. Lo faccio, non lo faccio. E vabbuò. Proviamo. Da adesso mi troverete anche su Flickr. Forse le mie foto non saranno all’altezza di altri (macchedico?!, no effettivamente è così), ma l’idea mi divertiva troppo, spero che verranno apprezzate pure lì. Quindi, cari miei, venite a trovarmi, se vorrete (c'è il collegamento diretto lì sopra, sulla pagina=)).





Ikea Brownies (ovvero brownies al doppio cioccolato)
Ingredienti:
tratta da Bambini ai fornelli, Ikea Italia- riadattata da me=)

175 g di cioccolato fondente al 50% ,di qualità
100 g di burro ammorbidito
300 g di zucchero di canna grezzo
1 dl di latte
3 uova
125 g di farina, setacciata
1½ cucchiaino di cacao amaro in polvere
sale

Scaldare il forno a 175°. Tritare 100 g di cioccolato e mettere il resto a sciogliere a bagnomaria. Sbattere in una ciotola i burro e lo zucchero, fino a che diventa soffice. Aggiungere, mescolando, uno dopo l’altro, il latte, le uova, la farina, il cacao in polvere, il cioccolato fuso, infine il sale. Incorporare poi i pezzetti di cioccolato. Ungere col burro (io ho rivestito lo stampo di carta forno) una teglia di circa 20x30 cm. Versare l’impasto e livellare la superficie. Cuocere in forno per circa 30 minuti, la parte superiore deve essere croccante e l’interno bello morbido. Lasciar raffreddare, poi sformare. Tagliare a cubotti e servire.

Note:
-          questo dolce si può fare benissimo il giorno prima, anzi sarà ancor più buono. Inoltre si mantiene per giorni, in un contenitore ermetico.
-          è perfetto per coloro che sono intolleranti agli arachidi, così non dovranno rinunciare alla bontà del dolce.








Cake al pesto e pinoli

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Così è arrivato Settembre. Già, è incredibile. Come al solito, come ogni santa estate, il tempo mi è scivolato di mano, non me ne sono accorta. E’ sempre così, ormai mi conosco. A metà agosto inizio sempre a pensarci, poi quando si avvicina la data, è come se non volessi seguire il calendario, come se potessi fermare il tempo, premere stop.


Settembre, un mese particolare, del tutto diverso dagli altri. Un mese che si spezza in due, che unisce la vacanza con gli impegni che noi tutti conosciamo, che passa in un battibaleno, che non lascia il tempo di riflettere. Ho sempre pensato, per me è tutt’ora così, che l’autunno iniziasse con il primo di questo mese. In teoria non è corretto, perché tutti sappiamo che quello astronomico parte più tardi, ma io ho sempre voluto credere che fosse così. Infatti ho sentito fin da piccola la differenza, il passaggio tra le due stagioni. Pare impossibile, ma qui da me, quando arriva Settembre, tutto cambia. Il tempo, in primis. L’aria diventa frizzante, anzi fredda direi, il sole diventa debole, la valle ritorna calma. Solo i vacanzieri settembrini passeggiano qua e là. Nei prati iniziano a sbocciare i crocus, che secondo la tradizione, promettono tanta neve per quest’inverno. Non si può più dormire con la camicia da notte leggera, bisogna mettersi il pigiama lungo, rimboccarsi il piumone. Vestirsi bene se si vuole uscire, perché se fino a due giorni fa potevi tranquillamente uscire con canottierina e mini-shorts, oggi ti ci vuole proprio una bella giacca. Ed è questo che ti fa capire che basta, l’estate è al termine, perché ci sono sbalzi di temperatura di 10-15 gradi, che creano scompiglio e tu devi abituarti, comunque.
Questo è il corso della natura, noi non possiamo che assecondarlo, in qualche modo. Già, ora rimpiango i momenti in cui potevo godere del caldo del sole, e adesso invece ho brividi anche se indosso una felpa invernale e i calzini di lana. A me però, l’autunno piace, purtroppo l’ho scoperto tardi. Infatti fino a pochi anni fa non lo sopportavo, il motivo credo non debba essere citato. Poi però mi sono resa conto di quanti pregi possieda questa stagione, dai colori caldi, dalla natura che si trasforma, ho scoperto la sua bellezza. Per fortuna. Vi dirò, è probabile diventerà la mia stagione preferita, o forse lo è già.

Allora potrete chiedervi perché questo cake verde, che sembra rappresentare più l’estate. Ecco, è una storia lunga, e buffa. Diciamo che avrei voluto tanto riuscire a fare un pic-nic settembrino questo week-end. Non importava se avremo dovuto adeguarci. L’importante era riuscire a passare del tempo all’aria aperta. l’idea mi piaceva da morire. Al lago, in montagna o chissà dove. Il tempo però non ha voluto ascoltare il mio desiderio, perché ha fatto come ha voluto. Vento, pioggia, chi più ne ha ne metta. La previsione del pic-nic felice era quindi molto chiara. Io però (sono diventata molto più ottimista ultimamente) ho voluto comunque provarci. 

Quindi ho fatto questo cake, una delizia unica, in modo da avere tutto pronto se un improvviso cambiamento si sarebbe fatto avanti. Un cake salato, che può sembrare un pane, ma non lo è. Dal gusto deciso, morbido e soffice come se fosse dolce. Buonissimo. Il pesto vero, home-made, regalatomi da un'amica genovese (pensate quindi che bontà), che non assomiglia neanche lontanamente al mio, ha reso il tutto speciale. Poi i pinoli tostati, che danno un aroma e un carattere tutto loro. Infine il vero gruyère, che finalmente ho trovato anche qui da me, miracolo, e si sa, non può mancare.
 La situazione metereologica sembra piuttosto stabile. Non ci sono novità. Io però intanto mi sono organizzata, mai dire mai (se notate dalla seconda foto, il cestino è pronto=)). E se questo cake lo gusteremo in un bel prato con il sole, oppure nella nostra baita a 2000 m, fa lo stesso. Sarà bello e buono comunque.


Due paroline sulle foto. Mi ritengo abbastanza soddisfatta, dato il tempo uggioso e la carenza di luce. Ho provato un nuovo stile, all white, così lo chiamo io. Non è male, dai. Devo perfezionarlo. Voi che ne dite?!




Cake al pesto e pinoli
tratta e modificata dal libro Cakes dolci e salati, Ilona Chovancova

ingredienti:

180 g di farina, setacciata
3 uova
un dl di latte parzialmente scremato
mezzo dl di olio evo
100 g di gruyère, gratuggiato ( io 80 g )
3 cucchiai di pesto casalingo
una manciata abbondante di pinoli
una bustina di lievito
sale
pepe

Scaldare il forno a 180°. Tostare i pinoli in una padella antiaderente senza aggiungere nessun grasso. Imburrare e infarinare con cura uno stampo da plum-cake.  In una ciotola, sbattere leggermente le uova, con l’olio, il latte e il pesto.  Aggiungere poi la farina, il gruyère e i pinoli tostati. Salate leggermente e pepate. Mescolare e incorporare delicatamente il lievito. Versare l’impasto nello stampo e infornare. Cuocere per 40-45 minuti. Lasciar raffreddare prima di sformare.

Note:
-usate, mi raccomando, un pesto fatto in casa. Non compratelo,se siete abituati a fare così, davvero, rovinerà il risultato. Fidatevi, vale la pena farlo da sé.

-ho usato meno formaggio perché non volevo risultasse troppo salato il cake, ma credo che quei 20 g non cambino nulla, sia se li omettete o che li aggiungiate.

-ho cotto meno il cake rispetto al tempo segnato sulla ricetta. Infatti nel mio caso 50 minuti sarebbero stati troppi, ma tenete presente che ogni forno è diverso.

-potete conservarlo nella pellicola, ben imballato. Quindi, si può fare tranquillamente il giorno prima.




Buona domenica a tutti!

Mint ice tea

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Felice. Così mi sento in questi giorni. Guardo fuori dalla finestra, penso a ciò che ho fatto quest’estate, sorrido e sto bene. Penso a come sono cresciuta in un certo senso, a quanto sono migliorata ( non solo nel blog). Penso che è stata la cosa migliore che avessi mai potuto fare.


Raggomitolata in una coperta di pile, di già, con una tazza di tè Lov Organic, o meglio un bicchiere di tè (dopo capirete perché). Il libro della patente in una mano, nell’altro l’ultimo pubblicato da M. Wickham. Mille cose nella testa, progetti, ambizioni, dubbi. Il nuovo zaino per la reflex, il nuovo cavalletto, finalmente li ho trovati. Una voglia pazza di infornare una bella torta, al cioccolato, mangiare fichi in continuazione. Sulla pizza o in una focaccia dolce. Aver voglia di autunno, quell’autunno bello, quello senza stress e preoccupazioni. Non saper bene il perché, ma capire che la testa è ancora in vacanza. Che va bene così, che anche tu riprenderai il ritmo come hai fatto sempre, che è giusto alla fine. Che dopotutto però, non ci puoi fare nulla, l’estate, quest’estate ti rimarrà nel cuore, forse più delle altre. Che ti mancherà, purtroppo.  Non solo ti mancheranno il sole, i prati verdi, il pistacchio-crunchy sulla cialda. Il difficile sarà abituarsi che qui non potrò tornarci così spesso. Che seppur a malincuore, devo svolgere il mio lavoro, senza rimetterci. Che probabilmente passerò sempre da voi, a leggervi, e spero che voi farete lo stesso con me, che non vi stuferete. Io lo prometto, farò tutto il possibile per esserci, davvero. Il ritmo diminuirà, questo è sicuro, i post saranno pochi a periodi, ma io ci sarò comunque. Sentirò la vostra presenza, se passerete a farmi un saluto, ogni tanto. Spero che lo farete.

C’è un certo senso di nostalgia nell’aria, però è serena. E’ impossibile voi direte, invece no. Esiste anche quella nostalgia bella, che non fa soffrire. Quella nostalgia che ti fa ricordare le giornate più belle, i ricordi positivi, la strada che hai percorso. Le gite in montagna, i pomeriggi in riva al fiume, il vestitino a fiorellini vintage, gli zoccoli alti a quadretti, i cucchiaini colorati di Aran, la tua baita. I momenti divertenti, quelli meno spensierati, ma sempre belli.

Così, dato che è così faticoso salutare l’estate, sentivo il bisogno di ricordarla in qualche modo. Di preparare qualcosa che la celebrasse insomma. Inoltre, si sa, ci sono quelle cose/ricette che cerchi per un’eternità, che quando ti servono non le trovi, per niente. Poi un giorno qualunque, un po’ per caso, ti salta in mano proprio quello che desideravi, da così tanto, ma ti rendi conto che non centra nulla con la stagione e temperature correnti. Così è stato anche questa volta.  Questa bevanda l’avrei dovuta sicuramente pubblicare qualche settimana fa, quando il caldo afoso ci faceva morire, quando si cercava sempre qualcosa di super fresco per resistere. Io però sono contro-corrente, purtroppo. Forse avrei dovuto rinunciare e aspettare l’estate prossima, ma non ce l’ho fatta, anche se ci ho provato. Poi ho pensato che non perdevo nulla, che se anche non seguirò la stagione autunnale come tema, questo tè freddo ci sta benissimo, anche se non è caldo. Credetemi, anche se avevo i brividi e mi scaldavo con la coperta, questo tè ci stava, eccome se ci stava. Perché questo post l’ho sognato per tutto l’estate, sapevo come volevo la ricetta, come volevo risultassero le foto, che volevo trovare assolutamente quella bottiglia, e ora l’ho fatto.
Ho pensato che non avrei potuto concludere l’estate in modo migliore, dirle che ci si vede il prossimo anno, che sarà un estate speciale, che vorrò godermela tutta, come ho fatto con questa.  Che le foto sono belle, che sì, sono come volevo. Chiare e limpide.

Così voglio congedare questa stagione, partendo per un po’, godendomi l’inizio d’autunno, via da casa, una mini-vacanza, per respirare, di nuovo. Vi lascio dunque per un po’, tornerò vedrete, magari vi racconterò qualcosa. Intanto però vi ringrazio per aver reso quest’estate speciale, perché è anche merito vostro. Grazie davvero.

A presto, gente, statemi bene.



ps. vedete la bottiglia in foto, che ho nominato anche nel testo?! Ecco, quanto è bella? Una cifra. E la lavagnetta qui sotto?! Troppo carina. Entrambe le ho acquistate in un negozio che adoro, dove ho trovato anche i cucchiaini di Aran e di Beà, dai li sconoscete, quelli strabelli, a quadretti, pois, strisce. E’ un negozio fantastico, Giulia (la titolare) è di una dolcezza e disponibilità unica, e poi, cari miei, il gusto e la classe...Elegante, raffinato, semplice, innovativo. Articoli particolari e chic allo stesso tempo, sia per la cucina che per la casa. Una selezione di tè di qualità, gioielli e prodotti per la cura del proprio corpo, tutto nello stesso stile. Uno di quei negozi  in cui ci resteresti per ore, dall’atmosfera magica e vera.
Se vivete in zona, oppure vi trovate a Trento, andate a sbirciare, fateci un salto. Ne varrà la pena, fidatevi.

Vi lascio i contatti, così, se siete interessati avrete tutto il necessario.

Bianco Concept Store
Via degli Orbi 13
38122 TRENTO
tel e fax: 0461/262226

 facebook_bianco concept store



Mint ice tea (from Bianco Concept Store)

Ingredienti:

per 2-3 bicchieri

20 g di tè alla menta (io Lov Organic)
½ l di acqua
2 cucchiai di zucchero di canna bio
ghiaccio
fette di limone
fette di arancia
foglioline di menta fresca

In un teiera versare 20 g di tè alla menta. Aggiungere l’acqua a 75°, poi 2 cucchiai da cucina di zucchero di canna bio. Lasciare in infusione per almeno3-5 minuti, poi filtrare e lasciare raffreddare.
Nel bicchiere aggiungere qualche fetta di limone e di arancia, ghiaccio e qualche fogliolina di menta. Servire.







Sfogliata alle mele e lamponi

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Andata, tornata e come al solito questo posto mi mancava troppo. Sembra incredibile ma se manco più di tre giorni sento sempre il bisogno di pubblicare, di parlare con voi, di ridere. E se non riesco a cucinare mi impegno almeno per trovare una rete wi-fi per scrivere a voi, leggervi e venire a trovarvi, è incredibile ma ne sento la necessità.


Siamo agli sgoccioli, ormai lo sapete, un vortice di pensieri mi invade la testa. Da una parte credo che sia normale iniziare e riprendere il mio ritmo, dall’altra queste belle giornate di settembre mi fanno ricordare sempre più l’estate, e a questo punto non riesco proprio a farne a meno, una leggera vena malinconica mi pervade e io resto lì, aspettando che la sensazione passi.
Sono stati giorni particolari, questi. Giorni che sembrano una vita, impegnati, particolari. Alcuni segnati da imprevisti, altri che mi hanno riservato sorprese bellissime. Conoscere delle persone deliziose, pensare che ti sembrava così impossibile e lontano l’incontro, che non sapevi se avrebbero apprezzato. Parlare, confrontarsi e ridere, come se vi conosceste da una vita, capire come è bello, e aspettare che questi momenti ritornino al più presto. Ricordare che persone simili a te, che condividono le tue idee e passioni ce ne sono, bisogna solo avere pazienza ad aspettarle, che quando meno te lo aspetti arrivano. 
Capisci che a te solo le cose semplici ti fanno sentire bene. Fare le cose che gli altri non fanno, l’opposto quasi, che tu sei fatta così, punto. Non puoi cambiare. E se anche ti sforzi di provare, tu sei così. E’ giusto tentare, ma alla fine, c.v.d avevi ragione tu. Questo è il positivo della cosa, che almeno, non hai mai perso niente, che non ne sarebbe mai valsa la pena.

Sentire la voglia di uscire, di godere il sole, ancora caldo, il cielo azzurro, sdraiarmi su un prato e studiare il movimento delle nuvole. Non voler rovinarmi le ore, leggere un buon libro, respirare l’aria autunnale. Sperare che quest’autunno sia soleggiato, che possa darmi carica, per affrontare il mio dovere con tranquillità. Che la vita è troppo breve per rovinarsela adempiendo sempre e troppo rigorosamente ai doveri, che forse ho sbagliato già troppe volte, che non voglio ripetere. 
Ho capito quanto mi piaccia scrivere, che non l’avrei mai detto, che a volte se non ascolti gli altri è solo meglio, che sei sulla strada giusta, almeno per ora.

Così, un po’ per non pensare, un po’ per fare ciò che a me piace veramente, ho pensato di cucinare un dolcetto per il fine settimana. Volevo un dolce veloce e semplice, un po’ rustico. Un dolce che fosse un po’ autunnale, ma che avesse ancora un tocco d’estate e di merende in giardino al suo interno. Ho voluto usare le mele, uno dei frutti più autunnali per me, le vedrete usare spesso nelle ricette di quest’autunno. Poi i lamponi, ecco il tocco estivo. Li ho visti, sul bancone del fruttivendolo. Ho afferrato una confezione, ne ho annusato il profumo, e non ho resistito, ho dovuto acquistarli. Dal gusto dolce e acidulo insieme, leggero al palato. Una sfoglia a mo’ di galette ripiena, facilissima da realizzare, ma di effetto.

Un dolce versatilissimo, che può essere reso ancor più autunnale. Basterà aggiungere un bel po’ di cannella alle mele, e sul fondo della pasta sostituire la marmellata di lamponi con una composta di mela, o una confettura.

Vi auguro una buona domenica e un buon inizio di settimana, spero di tornare prima dell’inizio, credo proprio sarà così. Ma per sicurezza vi saluto di già, a presto cari miei.



Sfogliata alle mele e lamponi
tratta da All’aria aperta, Sale & Pepe Collection

200 g di pasta sfoglia in rotoli
600 g circa di mele
150 g di lamponi
5 cucchiai di confettura di lamponi
50 g di pinoli
granella di zucchero
1 limone

Lavare i lamponi e asciugarli. Sbucciare le mele, tagliarle a quarti, privatele del torsolo, ridurle a fettine sottili, metterle in una ciotola e bagnarle con il succo di limone per non farle annerire. Unire i lamponi e i pinoli, mescolare bene.
Srotolare la pasta e foderate lo stampo circa da 24 cm) rivestito internamente con la carta forno. Spalmare il fondo con la confettura, distribuire sopra la frutta, cospargere di granella di zucchero e passare in forno già caldo a 180° per 40 minuti.

Nota:

-come si può vedere nella seconda foto, la ricetta può essere fatta anche in versione mini. Sono molto carine, soprattutto se volete gustare il dolce in giardino, in un pic-nic, o se volete semplicemente presentare in maniera più fine la sfogliata.


B.t.s.: cookies allo zenzero e cioccolato

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Eccoci, si parte. E ve lo avevo promesso, ci sarei stata. Avrei fatto tutto, anche se il tempo fosse stato poco. Perché, l’ho già detto, non ho intenzione di rinunciare a questo posto, questo proprio no. A costo di venirci poco, perché ormai lo sapete, io sono per il poco ma buono. Si sa, questa è una formula sempre vincente.

Le giornate qui, come immagino anche da voi, si stanno accorciando sempre più, ormai si sente, l’autunno, quello vero, è arrivato. Di conseguenza, anche se farò tantissima fatica ad abbandonare la freschezza dei gusti della stagione passata, devo dire che ora sento il bisogno di sapori più caldi, decisi, che mi sappiano coccolare. Perché ora tutto è diverso; bisogna sempre avere a portata di mano una sciarpa che ti possa coprire, pantaloni lunghi, felpe calde e over, ovviamente.
A metà pomeriggio sempre un buon tè caldo e un dolcino in accompagnamento. Vorresti pure provare a stare attenta, a evitare il dolce,  ma non ci riesci, no. C’è bisogno di carburante, soprattutto in vista dei mesi che verranno. Così, le mani iniziano a sporcarsi di cioccolato, iniziato a profumare di cannella, di nocciole tostate. Così nascono dei meravigliosi cookies, così tremendamente aromatici, maledettamente favolosi. Pensi che è proprio quello che ci vuole. Sì, per iniziare al meglio, un altro anno. Anzi, l’Anno. perché questo sarà quello con la A maiuscola, quello della verità, il più importante. Non per questo motivo però dovrai fare diversamente, farai come hai sempre fatto, come è giusto.
Ecco appunto, allora cerchi una buona motivazione per iniziare con carica, effettivamente fai fatica a trovarla, ma intanto sai che puoi fare quei biscottoni che sicuramente mangerai nella pausa, che almeno ci saranno quelli a tirarti su. Poi magari ne mangi uno anche al pomeriggio, sempre per la serie facciamoci forza (=D).

Poche parole, sembra quasi strana la cosa, ma si vede che deve essere così, stavolta. Da una parte è anche bello, non serve sempre il poema se non viene spontaneo.

Due parole sui biscotti, come dicevo sono dei cookies, belli grandi, di quelli che te ne bastano due e sei già a posto. Croccanti e morbidi allo stesso tempo, cioccolatosi e con un magico profumo di zenzero. Le nocciole tostate (io le ho già acquistate pronte ma potete anche tostarle a casa) danno un carattere un po’ particolare al biscotto, che all’inizio appare dolce, poi, alla fine si sente il leggero piccante della spezia. Veramente eccezionali. Inoltre sono veloci da fare e la preparazione è facile facile. E’ un’idea simpatica per le mamme che vogliono prepara la merenda ai loro bambini, un biscotto diverso dal solito, perfetto sia per la scuola che per la pausa pomeridiana. Con un bicchiere di latte?! E’ il massimo, davvero, se vi piace lo zenzero ( io lo metterei dappertutto), non può mancare nella vostra to do list.

Riguardo alle foto, mi ritengo soddisfatta, credo che l’angolazione fosse quella giusta, voi che dite?! Effettivamente sono tutte uguali, ma non sapevo scegliere, quindi, ancora una volta, le ho messe tutte. =)

a presto, miei cari =)!




Cookies allo zenzero e cioccolato

Ingredienti:
tratta e modificata da I dolci fatti in casa, Monica Bianchessi

110 g di burro a temperatura ambiente
60 g d zucchero di canna
60 g di zucchero semolato
125 g di farina
1 uovo
80 g di nocciole sgusciate e tostate
1 pizzico di vaniglia Bourbon in polvere
2 cucchiaini di zenzero in polvere
1 cucchiaino di lievito per dolci
100 g di cioccolato fondente (o gocce di cioccolato)
sale

Tritate le nocciole abbastanza grossolanamente. Lavorare il burro ammorbidito con i due tipi di zucchero, fino ad ottenere una crema omogenea. Sbattere leggermente l’uovo, stemperandoci la vaniglia, poi aggiungere il tutto  alla crema di burro.  Setacciate farina e livito, unite lo zenzero e il sale. Amalgamate anche gli ingredienti secchi alla crema di burro. Aggiungere le nocciole e il cioccolato tritato a pezzetti (o le gocce), mescolare bene fino ad ottenere un impasto consistente.
Ricoprite le placche da forno con la carta oleata e con un cucchiaio formare dei piccoli mucchietti di impasto, dando poi loro la forma di un disco di circa 8 mm di spessore.
Infornare a 180° nel forno già caldo, cuocere per 10 minuti. Lasciarli raffreddare e servirli.

Note:

-se non trovate le nocciole già tostate, potete tostarle a casa. Basterà infornarle in forno caldo a 180° per 10 minuti, sfregarle poi con un canovaccio da cucina per eliminare la pellicina e poi procedere con la ricetta.
-potete servire i biscotti spolverizzandoli di zucchero a velo, a piacere.






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Finalmente, non vedevo l’ora. Non riuscivo più a starmene lì,  guardare le meraviglie degli altri, dover convincermi che solo così puoi fare, che non puoi fare altrimenti. Aspettare il week-end come non mai, vedere che in qualche modo ce l’hai fatta.


Riprendere la routine quotidiana, gli orari, le abitudini non è sempre facile. Purtroppo mi rendo sempre più conto di quanto questo spazio mi faccia staccare e vivere in un altro mondo, che ne ho bisogno più di qualsiasi altra cosa, che fa bene a me come persona.  Mi accorgo che se dopo qualche giorno non sforno un dolcetto, c’è qualcosa che non va, mi manca stare in cucina. Se non prendo la reflex in mano, scatto un po’ di foto, a qualsiasi cibo, mi invade una gran malinconia, che riesco a fermare solo con qualche click. E’ così frustrante dover imparare ad aspettare, soccombere quasi agli impegni,  adeguarsi. Mi sembra così strano. Ho sempre la sensazione che mi manchi qualcosa, che non sto facendo quello che realmente vorrei fare, che sono leggermente irrequieta. Poi mi rendo conto che pretendo troppo. Che probabilmente è solo questione di tempo, che pian piano andrà meglio, ne sono certa.

Se penso a quante cose sono cambiate, in questi giorni, mi sembra incredibile. E’ sufficiente sbirciare nell’archivio, vedere che qualche settimana fa sorseggiavi tè freddo alla menta e la testa era ancora libera, mentre ora, hai bisogno di cannella, tanta cannella, mele e di autunno. E la mente, purtroppo, nel giro di pochissimi giorni, si riempie di terrorismo psicologico, di appunti e libri, di quiz di patente. Senza che nemmeno te ne accorgessi, tutto è cambiato, e tu rimani lì, ancora confusa, senza capire. Queste sono state le sensazioni provate negli ultimi giorni. Sensazioni che conosco, perché è sempre stato così in questo periodo. Ma stavolta è stato diverso, lo stacco è stato più forte, faticoso da accettare, probabilmente ci sto ancora provando.
Poi però guardo fuori dalla finestra, esco e contemplo il cielo, così limpido. Penso che sto solo perdendo tempo, che sono stufa di questa negatività, che voglio godermi questo caldino autunnale, che queste giornate sono stupende, che i colori caldi della stagione stanno uscendo, che è bellissimo.

Prima dicevamo di mele e cannella, ecco. Queste ciambelline le avrete sicuramente viste da altre parti, e io, sarò solo una delle tante che le propone sul suo blog. E’ vero, non è bello vedere la stessa ricetta da ogni parte, può sembrare  anonimo, stufa dopo un po’. Io però posso dirvi che per prima cosa, me ne sono accorta troppo tardi perché i dolcetti erano già in forno quando le ho viste. Seconda cosa, ci sono quelle ricette che non importa se le vedi mille volte, perché sono così sublimi e perfette che solo a vederle ti torna il buon umore. E’ come con i Brownies di Trish, io li ho visti in tantissimi post, davvero, ma non ho mai pensato, oddio fanno tutte la stessa cosa. Vi avviso di già, prima o poi (io credo molto presto =P) li vedrete anche qui, perché è da molto che li voglio provare. Con questo però non sarà noioso e poco originale. Sarò l’ennesima blogger (mi posso definire tale?! =)) a proporli, ma non importa, saranno belli e buoni ugualmente.

Così è stato per queste mini ciambelle, che sì cari, sono pazzesche. Sono semplici ma speciali allo stesso tempo. Perché c’è la cannella che profuma in maniera commovente l’impasto (me lo sarei pappato tutto da crudo, ma ho cercato di contenermi=)), lo sciroppo d’acero regala un aroma così caramelloso e particolare, e le mele danno consistenza.  Morbide, umide, perfette.
La ricetta è di Donna Hay, una delle mie food writers preferite, il libro da cui è tratta Stagioni. Il mio preferito, in assoluto. Questo libro ha il potere di farti sentire bene; quando ne ho la necessità, sfoglio qualche pagina, contemplo le magnifiche fotografie, sogno di poter diventare così un giorno, e mi sento meglio. E’ terapeutico direi.

Mi scuso se come mio solito mi sono dilungata, ormai credo si sia capito, mi piace scrivere. In particolare adoro farlo qui, perché mi sento libera, mi sento me stessa. E poi, ho un sacco di cose da raccontarvi, venendo così poco, dovrò aggiornarvi e quindi preparatevi a lunghi poemi.

ps. le foto. Ecco, ho deciso di provare uno stile completamente diverso dal solito. Minimal, total  black, un qualcosa di davvero nuovo. Possiamo migliorare , (come sempre non mi entusiasmano molto), comunque accetto consigli e giudizi=)

A presto ,miei cari.




Ciambelline alle mele e sciroppo d’acero ricoperte di zucchero e cannella (Donna Hay)



Ingredienti:
tratta e modificata  dal libro Stagioni, Donna Hay

370 g si farina, setacciata
1 cucchiaino di cannella in polvere
250 g di burro, fuso
175 g di zucchero di canna grezzo
125 ml di sciroppo d’acero
4 uova
6 mele rosse, pelate e grattugiate
1 ½ cucchiaino di lievito per dolci
2 cucchiaini di cannella in polvere, in più
220 g di zucchero semolato

Scaldare il forno a 180°. Mescolare bene in una ciotola la farina e la cannella. Unire il burro, lo zucchero di canna, lo sciroppo d’acero, le uova, e le mele. Mecolare bene e incorporare tutti gli ingredienti, infine aggiunger il lievito. Distribuite l’impasto nelle formine a ciambella, imburrate. Infornare e cuocere per 20 minuti. Verificare la cottura con lo stecchino. Sformatele subito, ancora calde. Preparare lo zucchero alla cannella mescolando lo zucchero con la cannella.
Ricoprite le ciambelline con il composto e fare raffreddare.

Note:
-          non amo usare la farina auto lievitante, la trovo non molto salutare, prediligo il lievito bio, e quindi ho semplicemente aggiunto alla ricetta un po’ di lievito. Secondo me è ancor più buona.
-          la dose dell ‘impasto dovrebbe essere per 12 ciambelline mini, io sono riuscita a farne circa 7, con degli stampi più grandi, sempre piccini ma più capienti.
-          io non ho utilizzato tutto lo zucchero per la copertura, era esagerato per il numero di dolci, comunque non preoccupatevi, utilizzate il restante come zucchero aromatizzato. E’ buonissimo, per esempio per zuccherare il tè. 

Chamomile roasted carrots

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Ormai credo diventerà un appuntamento, la domenica. Perché è bastato poco per farmi capire che sarà l’unico momento in cui potrò venire qui, in santa pace, senza pensieri, a godermi tutto ciò che trovo. I vostri commenti che mi fanno sorridere e mi tirano su il morale, le nuove visite e qualche nuovo lettore. Un momento di stacco puro, di vero relax. In cui non devo pensare al tempo che trascorre, che ho dieci minuti per fare il mio solito giretto, che sì,ci sarebbe il dopo cena, ma che hai la testa già così stanca che non riusciresti nemmeno a leggere metà post.




Così, tra la testa nei libri, le giornate stracolme di impegni, scappo e mi rifugio nel mio piccolo spazio, che sta diventando sempre più mio, me ne rendo conto. E’ una bellissima sensazione. Venire qui assume sempre più valore,  e vivo il blog in maniera diversa. E’ una sensazione così strana. Sento come se il Mondo stesse andando avanti, invece io sono ferma. A volte pesa. Poi però capisco che è normale, metto il cuore in pace, e cerco di vedere tutto il bello che c’è.
Tanta voglia di cucinare, ma il tempo poco. Si sa, per certe cose ce n’è bisogno. E non so se sono io ad essere lenta ad ingranare la marcia giusta, probabilmente è la condizione che lo richiede, ma mi sembra sempre di mancare, come se non rispettassi un termine. Vorrei fare, vorrei dimostrare, vorrei migliorare, ma forse non è il momento giusto.  Poi mi rendo conto di quanto abbia fretta di vedere dei risultati, di come a volte anche se hai ancora tanto, tutto, da imparare, ti senti come se potessi spaccare il mondo. Dentro di te però sai che non è così.
 E’ un periodo di transizione, questo. Trascorrono le giornate, ed è domenica senza che tu te ne accorga, diciamo che il buon Leopardi proprio non aiuta, ed Hegel mi fa pensare decisamente troppo, come se ne avessi bisogno, seh.

Poi c’è chi ti dice che il dono della dialettica non ce l’hai, chi crede poco nelle tue possibilità, e tu vedi che certe persone proprio non le capisci. Che invece tu, in questo momento più che mai, vuoi dimostrare a te e agli altri che sì lo puoi fare. Ci vorrà fatica e sacrificio, perché cambiarti come persona è un’impresa pressoché impossibile, in realtà non è questo che vuoi. Vuoi solamente fargliela vedere, che nonostante il tuo temperamento timido, troppo sensibile hai tutte le capacità per farlo. Sì, è proprio così. Perché se voglio so essere tenace, resisto e combatto.

Dopo questa parentesi di sfogo ( mi dispiace, non era mia intenzione farvi il tragico resoconto della situazione =P), facciamoci tornare il sorriso sul viso e parliamo di carote. No, non ridete, non sono una pazza studentessa che ha gli argomenti, no. Dovete sapere, cari miei che queste carote sono particolari. Ricordate quando dicevo che periodicamente sento la necessità di tenere la reflex in mano, fotografare un qualsiasi cibo, e subito dopo sto meglio?! Ecco. Con quelle carote è successo così. Quel giorno infatti, tornando da una giornata pesante, sono entrata in cucina e ho trovato questo mazzo di carote. E’ stato amore a prima vista. L’effetto è stato immediato, un sorriso magicamente si è dipinto sul mio volto, e non ci ho pensato due volte, dovevo fotografarle. Nella loro spontaneità e naturalezza, così belle perché imperfette, pazzerelle, diverse. Un po’ come me. E’ stata una così bella sensazione catturare i gambi e le punte di queste carote, a km zero, perché provenienti dall’orto della mia vicina. Mi hanno davvero tirato su il morale, ne avevo proprio bisogno.

La ricetta poi ha un’altra storia ancora, troppo lunga, è vero, parlare con voi è sempre bello ma non voglio esagerare ‘ubriacandovi’ con le mie parole. Vi dico soltanto che sono la cosa più semplice che si possa fare con questa verdura. E anche la più buona, secondo me. Anche in questo caso ce ne sono mille versioni, io le ho viste da Katie, Elisa, e da Hannah, che sa rendere sempre tutto così rustico e vero. E’ un altro pianeta, ovviamente, ma sono comunque abbastanza soddisfatta del lavoro che ho fatto. Inoltre la versione che vi propongo oggi non l’ho mai vista in giro, è insolita e per niente scontata. L’idea, devo dirlo, non è mia, bensì di una persona che diciamo in cucina ci sta tanto, per non dire sempre, una persona a me molto cara, che non si comporta come la maggior parte dei suoi colleghi, gelosi e protettivi nei confronti delle proprie preparazioni. Quindi, io l’ho solo messa in pratica, ma non sono meritevole per la vera idea di partenza. Fatto sta che è stata una delle scoperte migliori cha abbia fatto in campo culinario. Non ci credete?! Beh, io vi consiglio di provare, poi sappiatemi dire.

ps. Lo so, lo so. Sono uno sfinimento con questi post così ricchi, ma ormai lo sapete, se parto per la tangenziale (ovviamente in tema patente non potrebbe essere altrimenti =p) non mi fermo più. Solo, come sempre, due parole sulle foto. Partiamo dalle prime. Le adoro, non so voi, ma secondo me sono ben riuscite, spontanee e seplici. Mi piacciono. Per le altre, dunque, non male, ma non mi reputo completamente soddisfatta (strano eh?!). Ho voluto provare luci un po’ diverse, e angolazioni ovviamente. Voi per quale votate? Consigli, critiche e pensieri sono ben accetti.  =)







Carote al burro e camomilla

Ingredienti:
per 4 persone

600g di carote pelate e pulite
30 g di burro
2 cucchiaio di olio evo
2 cucchiaini di fiori di camomilla secchi
sale
pepe

Incidere la carote intere per la lunghezza, senza tagliarle completamente. Sciogliere il burro e l’olio in una padella antiaderente, una volta caldi aggiungere le carote e far rosolare lentamente. Dopo pochi minuti unire la camomilla, lasciar insaporire e infine salare e pepare a piacere. Cuocere per 25 minuti a fuoco basso, allungando se necessario con un po’ d’acqua per evitare che il grasso si bruci.  Servire.







whole wheat: it's better!

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Eccomi! No, non pensate male. Non sto bigiando o trascurando i miei impegni scolastici. Figurarsi. Effettivamente vi avevo promesso che la domenica sarebbe stato e diventato l’appuntamento per eccellenza, ma vi giuro, lontano da voi, da qui, non ci riesco proprio a stare (ok, è sabato, non cambia molto in realtà=)). Non riesco a tenere una foto in archivio ed aspettare domenica, per forza, se magari il post è già pronto.


Vi dirò la verità, questo nuovo aspetto di me mi piace molto. Questa nuova me in un certo senso, quella che non è più troppo schematica e organizzata, quella che inizia a fregarsene di ciò che gli altri pensano di lei, quella che è superiore alle persone con atteggiamenti patetici, quella che sta iniziando a vedere i primi, anche se ancora ruvidi, segni del suo carattere. Una persona che fa uscire tutta la determinazione che possiede, che ce l’ha sempre avuta, ma che la timidezza e la sensibilità hanno a volte ostacolato. Una persona che fa progetti, tanti, troppi, che forse sogna un po' troppo, ma che si rende conto che i sogni, dopotutto, non hanno mai fatto male a nessuno. Una persona che aspetta Novembre, che alla fine lo sa che ufficialmente, in lei, nulla cambierà, ma che sicuramente farà in qualche modo la differenza. Una persona che non vede l’ora di prendere il volante nella sue mani, sia quello vero ma soprattutto il volante della vita. Che cerca l’autonomia, la vera autonomia, che ti rende più responsabile di quanto tu lo sia già.
Decisa, ecco, così ti senti in questi giorni, non puoi definirti felice (o dovrei parlare di cessazione del dolore?! ok, Leopardi mi sta influenzando eccessivamente ,non credete?!hihi=)) Allo stesso tempo però, non sono e non posso definirmi triste, per nulla. Il morale è ballerino, vero, ma con il tempo ho imparato a non ascoltarlo sempre. A superare i momenti no, anche se capita sempre più spesso. Dentro, ho un forte sentimento che mi pervade tutta. Ho un desiderio di ottenere quello che voglio, di fare uscire la forza che ho, che ho sempre avuto, che avrò sempre.
Mi sento motivata, nonostante i dubbi rimangano e non siano facili da risolvere. Aver voglia di cambiare, ma imporsi che per ora c’è questo da svolgere, che per girare il mondo c’è tutto il tempo.  Che non l’avresti mai detto, ma scrivere di te e delle tue emozioni ti riesce meglio di quanto pensavi, ed è facile in un certo senso, capisci che tu non sei in grado di nascondere il tuo essere , che ti piace condividere pensieri e parole.

Queste tortine, in realtà non c’è nessun collegamento con le frasi che ho appena scritto. Forse perché quando voglio provare un qualcosa, lo faccio, senza pensare al risultato, senza pensare alle eventuali sconfitte/delusioni. Ci penso, faccio le mie considerazioni, poi agisco. Con questi dolcetti, è successo così. La voglia di provare qualcosa di completamente nuovo, fuori dai miei schemi, mi rincorreva da un po’. Da tempo volevo usare quella benedetta farina integrale, che stava lì, sullo scaffale della dispensa, da ormai troppo tempo. Sperimentare, ecco, questo volevo. Perché, anche se non mi definisco un’ artista, una vena, nel profondo, credo proprio di averla. Ovviamente, nel mio campo preferito, sia ben chiaro. Comunque, qui ci stiamo perdendo in chiacchiere ( cosa del tutto nuova…=P).
Parlavamo di farina integrale, con l’aggiunta di mandorle, yogurt magro, e un magico ripieno: la marmellata di albicocche (ovviamente home-made). Non so se lo sapete,  ma io adoro i biscotti e dolci in generale con un ripieno (se ricordate si era già parlato di alcuni scones qui..). E' piacevole sentire le diverse consistenze in bocca, ma un sapore unico e perfetto alla fine. In questo caso, bisogna dirlo, il ripieno non è ricco, anzi, viene quasi risucchiato interamente dall’impasto. E’ un leggero velo di confettura, che però, credetemi fa la differenza. E poi, cari miei, sono sani. Veramente. Non quel sano un po’  buttato lì, solo perché c’è poco burro, o gli ingredienti sono semplici. No. In queste tortine non c’è burro, non ci sono uova, ma non per questo mancano di qualcosa. Infatti, si è soliti pensare che i dolci integrali e senza grassi oltre a essere tristi, siano pure insapore e sciatti. Sbagliato. Grazie a qualche esperimento, ho potuto verificare che non è assolutamente così, che il gioco sta nel bilanciare in maniera giusta le quantità. Che anzi, è divertente. In casa, sono piaciuti da morire, davvero, e hanno anche superato le mie aspettative. Sarà che sentivo la necessità di un dolce sano ma delizioso, sarà che sto provando a rinunciare a qualche tentazione e cercando di tenermi per quanto possibile (no, non si parla di dieta, per ora da me questa parola è ancora un taboo=)), ma era davvero quello che ci voleva. Una perfetta merenda, con accanto una tazza di tè bollente, che scalda corpo e anima in queste giornate, ormai completamente autunnali.

[La parentesi delle foto]
Dunque, sarò breve. Scatti semplici, basici, forse troppo. Quando ho scattato le foto pensavo a questo: semplicità. Zero piattini, nemmeno una teiera o altro, il dolce, una tazza di tè e un cucchiaino, punto. E sapete una cosa?! Mi piacciono, molto. Strano ma vero, sono soddisfatta, forse proprio perché non ci ho pensato troppo, ho scattato e via. Una volta tanto riesco a vedere con occhi diversi il mio lavoro. E vi dirò di più, credo (in particolare il secondo) siano due dei miei scatti migliori fatti fin’ora. Starò esagerando?! Non so, può darsi. In qualsiasi caso però mi godo questi momenti, che tendono ad essere rari, e quindi preziosi.


Buon week-end a tutti, a presto=)




Tortine integrali alle mandorle con cuore di albicocche


Ingredienti:

per 4 tortine grandi

100 g di farina, setacciata
100 g di farina integrale di grano duro
100 g di mandorle in polvere (farina di mandorle)
5-6 cucchiai di zucchero di canna grezzo
2 cucchiai di olio di semi
1 vasetto di yogurt magro naturale
latte
1 bustina di lievito per dolci bio, setacciato
100 g di composta di albicocche
mandorle a filetti o in scaglie per completare

Mescolare in una terrina la farina di mandorle, la farina normale e integrale, il lievito. Aggiungere poi lo zucchero e l’olio, un pizzico di sale e incorporare bene. Unire per ultimo lo yogurt, impastare e aggiungere del latte, fino a che il composto diventa morbido, ma non molle o appiccicoso.
Riempire a metà 4 stampini da muffin, mettere al centro un cucchiaino di marmellata di albicocche e ricoprire con l’impasto rimasto. Premere un po’ con un cucchiaino in modo da unire le due parti e cospargere con le mandorle a filetti. Infornare a 180° per 25 minuti.


Note:

-invito ad usare una marmellata fatta in casa, o per lo meno biologica, di qualità insomma, perché il risultato è completamente diverso.
-se volete un ripieno ricco mettete più marmellata. Consiglio comunque di non esagerare altrimenti farà fatica a cuocere l’impasto perché troppo umido e bagnato.
-l’aggiunta del latte è un passaggio un po’ delicato, prestate attenzione e aggiungetene poco per volta, non siate frettolose. Ribadisco, l’impasto deve essere abbastanza sodo, non secco e nemmeno molliccio.
-io ho usato gli stampini in silicone big size, perché effettivamente vengono dei muffins un po’ grandi e quindi non usate gli stampini in carta per cupcakes, altrimenti fuoriuscirà il dolce in cottura.


Welcome, October.

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Ed ecco che è arrivato anche Ottobre, come sempre non ho fatto in tempo ad accorgermene, all’improvviso, qualcosa nell’aria cambia. Perché è così, non ci sono storie. Ottobre è diverso, Ottobre è autunno.







Ottobre è sciarpone che tornano al collo, è cappotti che ti coprono per bene, è quell’aria fredda, ma mai gelida. E’ le foglie che cadono dagli alberi lungo il viale, quelle di tanti colori, quelle che quando le calpesti fanno cric-croc. E tu, come quando eri bambina, ci cammini sopra, perché ti rilassa, ti fa sentire bene e libera. Ottobre è le lunghe passeggiate nei prati, mentre contempli la natura, vedendo come il bosco sta cambiando forma, e le montagne si stanno preparando ad accogliere la neve. E’ i meli carichi dei loro frutti, tu li osservi, e pensi che quelle mele così piccole sono uno spettacolo, e ovviamente, le fotografi. Ottobre è le eliche, le foglioline secche che volano come piccoli elicotteri, che mi hanno sempre affascinato. Ottobre è quell’atmosfera che è così difficile da descrivere, che non può cancellare lo stress che in fondo c’è. Un insieme di sensazioni così leggere, che però ti fanno sentire bene, spensierata, non troppo, ma il giusto sì. Ottobre è il sole debole, la luce radente che sfiora gli oggetti, che fa così fatica ad entrare. Ottobre è cachi, castagne, zucche. E’ un sorriso, una lacrima, un abbraccio. Ottobre è tante cose.

Questo è un periodo dell’anno che amo particolarmente, perché come si diceva prima regala un sacco di prodotti. Le castagne, secondo me, sono le vere protagoniste di questa stagione. Le adoro in ogni modo possibile, anche se alla fine le caldarroste nel sacchetto beige, hanno sempre il loro fascino. A casa mia di solito le cuociamo sempre la domenica, al forno. E’ il momento in cui tutti abbandonano gli impegni, ci si ritrova insieme a tavola, per una merenda che alla fine si trasforma sempre in una cena. Con una tazza calda di caffè d’orzo, qualche risata che tira su il morale, si spelano le castagne rigorosamente bollenti, e la serata è perfetta.

Questi bicchierini, che io ho chiamato d’autunno, sono davvero una ode alla castagna. Alla base la crema di marroni (che io mangio a cucchiaiate, peggio della Nutella =P), poi uno strato di crema di farine di castagne, davvero particolare, amarognola e dolce allo stesso tempo. Infine, per completare un ciuffetto di panna montata e poi una spolverata di granella di nocciole.
Semplice ma di effetto, fa restare tutti a bocca aperta. Si sentono le diverse consistenze e gusti, quello che io in un dolce apprezzo. L’importante è non esagerare, questo lo dico perché da me ha avuto così successo che è finita troppo presto. Secondo me è bello fare delle porzioni piccoline, si gusta più volentieri, ma sopratutto senza troppi sensi di colpa.
Io sono stata soddisfatta, se volete stupire senza sforzi, questo è quello che ci vuole. E poi, cosa poteva inaugurare meglio questa favolosa stagione?!


Enjoy mini autumn jars!

A presto, gente.





[La parentesi delle foto]

Ecco, questo è il momento più difficile. Questa volta mi risulta davvero difficile dare in giudizio. In qualsiasi caso le trovo particolarmente romantiche. E intendo la corrente artistica letteraria. No, non è falsa modestia, non sono per nulla entusiasta in realtà. Credo però che nella loro imperfezione (le ombre sono troppo evidenti, causa la scarsa luce non ho potuto filtrare la luce in maniera consona), siano affascinanti. Sono vaghe e indefinite, c’è del dubbio, e questo non mi dispiace per nulla. Sono diverse. La mia preferita è la prima, quella dei ricci di castagne. 






Bicchierini d’autunno
tratta e modificata  da Alice Cucina, Ottobre 2012

Ingredienti:

per 4-6 persone

1 vasetto di crema di marroni (o confettura di castagne)
1 l di latte
3 uova fresche
130 g di zucchero
75 g di farina di castagne bio, setacciata
1 cucchiaino di polvere di vaniglia Bourbon
panna montata
granella di nocciole (o pistacchi)

In una ciotola rompere le uova, unire lo zucchero e lavorare energicamente con la frusta a mano fino a ottenere una crema morbida e omogenea. Aggiungere la farina e la vaniglia e amalgamare bene senza formare grumi.
Fare scaldare il latte a fiamma dolce. Versare il composto di farina nel latte caldo, mescolando in continuazione con la frusta sempre per evitare la formazione dei grumi. Quando la crema si sarà addensata, togliere la crema dal fuoco e lasciar raffreddare.
Distribuire sul fondo dei bicchierini o delle coppette la crema di marroni e coprire con un bel strato di crema. Completare con un ciuffo di panna montata e un po’ di granella.  Servire.


Note:
-          Fate attenzione alla formazione dei grumi. Anche se apparentemente il composto può sembrare privo di bollicine, in cottura si possono addensare. Quindi, sbattete forte e lavorate con pazienza. Lo so, è faticoso, ma vedetela da un punto di vista positivo, tonificherete i vostri tricipiti =P (non ci credete?! provate, poi mi saprete dire=)).
-          Lasciate raffreddare completamente la crema. Potete anche farla il giorno prima, basterà conservarla in un contenitore ermetico e in frigorifero durante la notte.
-          Questa crema, secondo me può essere un ottimo ripieno per un Pan di Spagna. In realtà è una sorta di crema pasticcera alle castagne, quindi può essere anche una perfetta farcitura per una torta.
-          Questo è un dolce che potete servire anche a persone intolleranti al glutine. Raccomando solo di controllare sul prontuario e sul prodotto preso in considerazione. Verificare (sulla farina) che ci sia il contraseggno con la spiga barrata. Il discorso vale per tutti gli ingredienti di questo dolce. Crema di marroni, farina di castagne, panna e nocciole.




Chanterelle mushrooms and more

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Premetto. Questo è un post diverso dal solito. Un post infra-settimanale. Un post senza ricetta.
Un post nel quale parlerò di emozioni che si possono davvero far sentire bene, nel tuo piccolo. Di quando a volte vedi che gli obbiettivi che desideri tanto raggiungere, prima o poi si realizzano.


Pensi a quello che vorresti fare nella vita, che se fino a poco tempo fa eri super convinta di quello che il tuo futuro ti avrebbe riservato, adesso invece, proprio nel momento in cui dovresti avere la testa a posto, non sai se pensare, non vuoi pensare. Perché dentro di te, c’è un desiderio così forte, che spinge, che ti occupa tutta la testa, che non ti lascia in pace. Un desiderio che vuole convincerti a cambiare, completamente. A finire quel che ha iniziato, e poi, realizzare il tuo più grande sogno. Tutto questo ti fa paura, in un certo senso. Perché ora come ora, non sai più se è il razionale che devi seguire, o l’irrazionale.  Ti stupisci perché tu sei sempre stata precisa, senza grilli per la testa, seria, una che sapeva quello che voleva. Da un po’ invece, hai sempre più questa necessità di ‘scappare’, di vedere, di conoscere.
Questo atteggiamento, è particolare. Mi entusiasma, da una parte, ma dall’altro mi spaventa. Perché anche se c’è tanta novità e curiosità, il timore di sbagliare è forte. Quello che temi ti farà pentire, deludere. Non so come si risolverà questo dubbio, ma so che i sogni non vanno mai soppressi. Perché l’ho potuto vedere con i miei occhi, i sogni si possono realizzare.

Qualche mese fa vi avevo parlato di Open KitchenMagazine. Ecco, se ricordate vi avevo anticipato che ci sarebbero state due mie ricette a tema (Risotto alle biete dell'orto e lardo di Colonnata croccante-Insalata autunnale d' uva), insieme alle altre dei miei colleghi/colleghe. Il more che potete vedere nel titolo riguarda questo. La mia partecipazione al magazine, che mi ha dato molta soddisfazione. Perché è così, mentre preparavo le ricette, le fotografavo, pensavo e immaginavo sempre come sarebbe stato questo  momento. E adesso che lo vivo è ancora più bello. E’ realizzato, è ufficiale, è lì, parte di un bellissimo progetto. Ecco, questo era il motivo principale del post, volevo condividere con voi questa piccola gioia. Per me è stato importante, perché è stato il primo passo verso ciò che vorrei fare nella vita. E’ stato emozionante e spero vivamente che questo sia l’inizio di un nuovo percorso.
Quindi, cari miei, qui potete trovare il bellissimo numero di Ottobre-Novembre. Forza, lo so che siete curiosi, vedrete non rimarrete delusi.
Ovviamente poi fatemi sapere come vi sono sembrate ricette e foto, ci tengo al vostro parere=)

Oh, stavo quasi dimenticando i finferli, che in realtà con il tema non centrano molto. In qualsiasi caso, non volevo e potevo lasciarvi senza foto, mai. Quindi ecco un’anticipazione del prossimo post, un post completamente autunnale, che scalda cuore e animo. Siete curiosi?! Beh, io come sempre vi aspetto, sono sicura vi piacerà=)




[La parentesi delle foto]
Eh no, questo momento non può mancare. Io sono soddisfatta, sono completamente diverse dal mio solito. Lo sfondo è particolarissimo, non avrei mai immaginato avesse reso così, non male direi. Poi diciamocelo, per quanto amo fotografare, non è facilissimo rendere fotogenici dei finferlini, almeno per me non lo è stato.
Voi che ne pensate?





Yellow soup

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Quando non hai il tempo di guardarti allo specchio, di guardare un film come si deve, di sfogliare una rivista, di respirare. Quando i minuti passano, le ore scorrono, e tu non ti rendi conto e arriva sabato. Sempre così maledettamente in fretta tutto cambia, tu non hai il tempo di abituarti. Studi, mangi e dormi, ogni tanto esci per sgomberare la mente, oppure ti metti a fare qualche addominale, per sentire la fatica, per far uscire la rabbia, la stanchezza.


Quando hai bisogno di un abbraccio caldo. Di un bel dolcino, per tirarti su (e ammazzare tutto il lavoro compiuto nella serie di piegamenti, ops=)). Di sporcarti le mani di farina, di farlo anche se non c’è tempo.  Di prendere la reflex in mano, solo per sentirla vicina, di non aver nulla da fotografare, ma di aprirla e chiuderla, così per confermare che in ogni caso è sempre pronta. Il buio che arriva sempre più presto, tutto che si fa più autunnale. I primi raffreddori, passeggeri o meno, gli sbalzi pazzi di temperatura. Il sole cha fa così fatica ad uscire, e a rimanere. Non capire tante cose, e tu vorresti farlo. Rimanere incantata un sabato sera, mentre passeggi con tua sorella, a guardare i brillantini che illuminano una foglia. Capisci solo dopo che è rugiada, ma tu, in quel momento riesci solo a pensare quanto sia bella la natura, forte e magica, che la felicità non è poi così impossibile, che a volte basta poco per ottenerla.

Voglia di zuppe, di minestre, di vellutate che riscaldano le sere un po’ malinconiche. Non sono mai stata un’amante di questo genere di piatto, anzi. Ora però ho finalmente scoperto il loro potere confortante, coccoloso, che fa sentire al sicuro.
Questa zuppa è molto particolare, semplice in sé, ma non così scontata. Sto parlando della zuppa gialla, avete presente (ecco dove sono finiti i finferli dell’altra volta! =))? Quella zuppa di farina di polenta con i funghi, tipica dell’Appennino tosco-emiliano?! Io, sarò sincera, non è da molto che la conosco. Infatti, sebbene io nella polenta ci sia nata, essendo il pane quotidiano qui da me =), non la conoscevo, ma devo dire è stata una bellissima, ops, buonissima scoperta. E’ un piatto molto semplice, contadino, una polenta un po’ liquida (cotta nel brodo vegetale) con all’interno pezzettini di finferli che danno consistenza. Un piatto leggero, ma che sazia.  Che dite, vi piace l'idea?! 



Vi saluto, gente, e vi auguro un buon inizio di settimana. =)



[La parentesi delle foto]
E’ stato così difficile immortalare questo piatto. Volevo creare un’atmosfera rustica, non ci sono riuscita, o almeno come volevo io. Avete presente quella sensazione che si ha quando si è soddisfatti all’inizio, poi, quando le devi pubblicare ti fanno ribrezzo alla sola vista?! ecco, purtroppo è successo così, non so cosa pensare o dire, quindi aspetto il vostro giudizio =). L’unica cosa di cui sono certa, è che la zuppa è spettacolare=)




Zuppa gialla
tratta e modificata  da Sale & Pepe, Ottobre 2012

Ingredienti:

500 g di funghi cantarelli/finferli (o funghi misti)
100 g di farina gialla istantanea (per polenta)
1 spicchio d’aglio
1,5 l di brodo vegetale
2 rametti di origano fresco
10 g di burro
olio evo
prezzemolo fresco
sale
pepe

Pulire in funghi, eliminando la parte terrosa e tagliarli a tocchetti. Sbucciare l’aglio, schiacciarlo e farlo dorare in una casseruola con il burro e l’olio. Aggiungere i funghi, un po’ di sale e cuocerli per circa 10 minuti, parzialmente coperti. Eliminare poi l’aglio. Versare prima il brodo bollente, aspettare che raggiunga il bollore e poi versare a pioggia la farina gialla, continuando a mescolare per una decina di minuti. Togliere poi dal fuoco quando la minestra ha raggiunto una consistenza abbastanza fluida. Aggiungere le erbe aromatiche in parte tagliuzzate, in parte intere. Salare e pepare e servire, calda.


Note:
-          Potete aromatizzare la zuppa con altre erbette, per esempio, nepitella, maggiorana, timo.
-          Bagnate la zuppa con ulteriore brodo caldo o acqua, nel caso in cui risulti troppo densa. Viceversa, se la preferite più cremosa, aggiungete meno liquidi.



Roasted pumpkin with red onions and Tosella cheese

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Ci sono dei giorni in cui mi sento terribilmente vintage. Vintage perché indosso quegli occhiali così anni ‘50, i miei preferiti. Mi fanno sentire bella, mi divertono. Vintage quando penso in un'altra maniera, e mi immedesimo in un’altra epoca.


E’ una pratica che mi diverte, mi fa staccare, mi fa vedere il mondo diversamente. Perché questa, è sempre stata una mia fissa. Fin da piccola, avrei voluto, come in un sogno, vivere per una sola giornata in un altro periodo, non particolarmente lontano, ma diverso da quello che io ho vissuto. Non so come mai, ma mi ha sempre affascinato. In particolare gli anni ’60. Gli anni in cui il progresso stava cambiando la vita delle persone, ma i principi e i valori rimanevano profondi nella moralità. Mi piace il modo in cui si divertivano i giovani, senza esagerazioni. Cose semplici, ma vere, prive di finzioni, ma le più belle. Giovani rispettosi, ma con personalità, con delle ideali in cui credevano, dei sogni, ma che hanno saputo concretizzare i loro progetti. E se anche effettivamente non potrò mai sapere come era davvero, in quegli anni, ogni tanto mi piace viaggiare con la mente, e immaginarmi con i capelli cotonati, quei vestitini graziosi, in un cucina ‘moderna’ indaffarata nel preparare dolci con i primi e nuovi elettrodomestici. Quando vedo una di quelle locandine supercoloratissime, che rappresentano casalinghe ‘ moderne’ che usano gli antenati della Kenwood, o delle KitchenAid, rimango incantata, e inizio a pensare. Rifletto su come una volta le cose avevano un gran valore, anche un piccolo oggetto, aveva la sua importanza. Adesso invece vedo sempre più spesso come i miei coetanei siano materialisti, ma soprattutto consumisti. Non capiscono, non si accontentano, devono sempre avere di più. Anche se credo che queste cose le sappiate meglio di me.

Tornando al vintage, io ho un’altra grande mania a proposito: le chincaglierie. Infatti, come potete notare, nelle mie foto e nel mio styling i piatti,le posate, le tazze, gli strofinacci, non sono mai molto moderne. Io infatti adoro tutti gli oggetti vecchi, vissuti, che sanno di casa, di pasti cosnumati, di famiglie, di vita. Di conseguenza quindi amo i mercatini delle pulci/vintage. E’ una dei passatempi più rilassanti secondo me, cercare negli scatoloni, sentire quell’odore, a volte forte dell’antichità di quegli oggetti. Passare ore, studiare con attenzione tutte le forme di quei cucchiai, a volte aver già ben in testa cosa vorresti trovare.
Questa, devo dire, è una passione che ho ereditato da mia madre. Lei ha sempre apprezzato i piatti, le tazze antiche, le ha sempre esposte in casa e con il tempo me l’ha trasmessa.

Ho voluto dedicare questo post al vintage quindi, per molti motivi in realtà. In particolare però le foto, l’atmosfera, e la ricetta mi ricordavano un tempo diverso, e così senza pensarci troppo, è nata quest’idea, che spero piaccia anche a voi.

Per quanto riguarda la ricetta, è un piatto semplicissimo. La zucca al forno, che in autunno non può mancare, diventa un contorno ricco/ un piatto unico, essendo accompagnata da pezzetti di cipolla rossa e Tosella. Un filo d’olio, qualche rametto di rosmarino, ed è fatta. Di una semplicità unica, ma così buono, piace anche a coloro che non apprezzano particolarmente la dolcezza della zucca. Io davvero la consiglio, è un tipico piatto delle domenica, che fa tornare il sorriso anche a chi lo ha perso ;)




[La parentesi delle foto]

Devo dire che questa volta le foto mi piacciono molto (no non sto impazzendo ;)). Sono molto soddisfatta della riuscita perché sono proprio come volevo. Lo styling è rustico, e soprattutto vintage, ho utilizzato i piatti, le posate, la tovaglietta, la teglia del mercatino vintage di luglio, e le adoro semplicemente, yes :). La luce poi credo fosse davvero giusta, ho completamente ribaltato i miei canoni, perché ho fotografato in un modo completamente diverso, ma, a questo punto, meno male ho scoperto quest’altra via, che mi sembra migliore e ora che la luce diminuisce, più comoda ;). I colori poi sono bellissimi, vivaci e risaltano bene.
E se andate su Flickr rendono ancora di più :)
A voi  come sembrano? Penso di essere migliorata un pochetto ;) 





Zucca al forno con cipolle rosse e Tosella

Ingredienti:

1,2 kg circa di zucca (pelata e senza semi)
3 cipolle rosse
140 g di formaggio Tosella (oppure Halloumi o feta)
2 rametti di rosmarino
sale
pepe macinato al momento
6 cucchiai d’olio evo

Lavare bene la zucca, tagliarla a metà e togliere i semi e i filamenti interni. Ridurla poi a spicchi di dimensioni medie. Scaldare il forno a 200°. Sbucciare le cipolle e tagliarle a pezzettoni. Tagliare in quadri il formaggio. Mondare il rosmarino, lavarlo e ridurlo a ciuffetti.
In una teglia distribuire le fette di zucca, le cipolle, e il formaggio. Salare e pepare a piacere, cospargere con il rosmarino e irrorare con l’olio evo.
Passare le verdure in forno caldo per 30-35 minuti, finchè il formaggio prende un bel colore e la zucca diventa tenera e ben cotta.

Note:
-          come vedete nella lista degli ingredienti, io ho usato un formaggio tipico della mia regione, ma potete usarne tranquillamente altri, come quelli indicati, o anche con formaggi di capra un po’ stagionati.
-          Se non amate le cipolle, potete diminuirne la dose (anche se in realtà, in cottura, sono molto meno forti) o addirittura ometterle. 
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