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Mini buttermilk soda bread

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Portapane Essential di Bianco


Ricordate il mio sogno inglese, quello del cottage nella campagna, di cui vi ho già parlato qui?! Ecco, ogni tanto, mi torna in mente l’immagine, e sembra quasi prendere la forma di un romanzo, e l’idea mi piace. E’ come una sorta di collezione di storielle, di vita, di come a volte la sogno, e di come riesco ad estraniarmi dalla quella di tutti i giorni, e vivere, seppur in maniera astratta alcuni momenti, che per ora sembrano solamente lontani e irrealizzabili.

Ci troviamo sempre nel mio cottage, nel mio piccolo e vecchio cottage, con il camino acceso, l’aria autunnale che soffia forte fuori, le sciarpe che avvolgono calorosamente il collo. Tu, come al tuo solito, stai passeggiando lungo il viale, colmo di foglie scricchiolanti, il sole che ormai non scalda più la pelle,  il silenzio intorno a te che ti fa compagnia. Ed è sabato, e tu sei felice.
Quella mela caduta che raccogli con così tanta soddisfazione, la addenti, e nonostante la sua acidità, la gusti come se fosse la più dolce sulla Terra. Poi decidi di metterne in tasca qualcuna, anzi più di qualcuna, perché hai già in mente un bel dolcino, magari un bel crumble, con tanta cannella, obviously.  Trascorri gran parte del pomeriggio  all’aria aperta, ne hai il bisogno, l’aria sul tuo viso è fredda, le orecchie sono semi-congelate, rimpiangi di non aver preso il berretto con te, ma l’atmosfera e il paesaggio sono così belli che non ci fai nemmeno più caso. Ti vengono in mente una moltitudine di cose, di quando Wordsworth aveva ragione, che alla fine tutto torna.
Poi si fa tardi, il sole scende, e il freddo si fa ancora più pungente. Ti porti verso casa, e pensi a cosa potresti fare, vorresti cucinare qualcosa, e immediatamente ti viene voglia di pane. Di fare il pane. Perché si sa, farlo a casa è una delle cose più belle, in assoluto. Chissà come mai però queste voglie vengono sempre quando magari tempo non ce n’è, e ti rendi conto che è impossibile soddisfare il tuo desiderio, perché il tempo e le condizioni non te lo permettono. Poi però, raggomitolata sul tuo sofa, ti viene in mente, una cosa. Il soda. Sì, il soda bread. “Certo” dici tra te e te “perché non ci ho pensato prima..” e sorridi. Così, in una lunga sera, impasti, cuoci e vicino al al fuoco del camino, aspetti che i paninetti siano pronti. Poi li sforni e il loro profumo invade tutta la casetta, senti una sensazione di incredibile conforto, di serenità. Poi ,ancora un po’ caldi, ne spezzi uno, lo gusti, e in quel momento ti senti la persona più felice del mondo. Un velo di burro, meglio se leggermente salato, del salmone scozzese ed è fatta. Non c’è nulla di meglio. Pensi che siano davvero meravigliosi.
Fuori è buio, e nulla muove. Tu contempli la pace, e ti rendi conto di come la felicità esista, che in realtà, basta solo volerla.

Soda bread quindi, gente. Uno dei tipi di pane che preferisco. Veloce, e semplice, personalizzabile e molto versatile. I miei, come quelli della storia, profumano di timo, salvia e basilico, poi il latticello, che li rende morbidissimi. Sono delle piccole meraviglie, che rendono una domenica davvero speciale. Si possono accompagnare con salumi e formaggi. Io però, quel giorno, li volevo proprio così. Con un po’ di burro e del pesce affumicato. Non avevo in casa del salmone, come avrei desiderato, quindi l’ho sostituito con la trota salmonata, che rende il tutto più delicato.
Buonissimo ugualmente, io però, cari miei, quel salmone scozzese ce l’ho ancora in testa, perché la mente, ahimè, è ancora nel cottage. Non c’è nulla da fare.  ;)

Buona domenica a tutti;)






Piccoli soda bread al latticello
tratta e modificata da Sale e Pepe, Ottobre 2012

Ingredienti:

450 g di farina 0 (io 00)
2 cucchiaini di bicarbonato di sodio
2 prese di sale
una manciata di erbette tritate al coltello (salvia, rosmarino, basilico e timo)
50 g di parmigiano
1 cucchiaio d’olio evo
1 cucchiaio di miele millefiori (io d'acacia)
200 ml di latte
250-300 ml di latticello (o yogurt magro)

In un ampia ciotola mescolare la farina, il bicarbonato e il sale. Aggiungere poi le erbette miste tritate e incorporare, se vi piace, il parmigiano. Formare un pozzetto al centro e degli ingredienti secchi e versarci l’olio, il miele, il latte e il latticello. Impastare bene nella ciotola fino ad ottenere una consistenza soffice, quasi molle. Trasferire l’impasto sulla spianatoia ben infarinata e iniziare a lavorare l’impasto, aggiungendo altra farina, per ottenere una palla liscia e omogenea.
Stenderla poi con uno spessore di circa 2 cm e con un coppa pasta, ricavare dei piccoli cerchi. Mettere i panini su una placca da forno rivestita di carta forno, spennellare la superficie con del latte. Cuocere i soda bread in forno caldo a 200° per 30-35 minuti.

Note:
- inizialmente l’impasto diventerà molto appiccicoso e molle, non preoccupatevi, insistete lavorando con tanta farina, fino a che non raggiungete un consistenza più fissa. Rimarrà sempre morbido, essendoci sia latte che latticello, ma sarà più facile da lavorare.




Halloween pumpkin pancakes

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E siamo anche al 31, di già. Il tempo, come suo solito, è volato. Credo non sia nemmeno necessario dirlo. Sarà lo studio, che mi impegna così tanto, non mi lascia nemmeno il tempo per pensare. Si sarà quello, sicuramente. Ultimamente sono diventata una macchina; faccio le cose in modo automatico, studio, leggo, studio di nuovo. Quando riesco cucino-fotografo-posto-commento, ormai è tutto così normale. In questo mese però sono anche cambiate tante cose, in meglio, e non c’è motivo per deprimersi o star ad ascoltare ‘i malanni’. Inoltre adesso avrò per fortuna qualche giorno per riposarmi e riprendermi, e riparterò con ancor più energia.  Questo è poco ma sicuro ;)

Oggi è Halloween. Bene. Premetto che io di questa festa non ci ho mai capito molto. Non l’ho mai sentita o festeggiata più di tanto. In realtà da piccola mi affascinava parecchio, più che altro perché era americana, la vedevo nei film, nei cartoni, mi sembrava un must. Quindi,  ci ho provato qualche volta, anche se a dire la verità, non ho mai avuto il coraggio di girare porta a porta e chiedere il famoso ‘trick or treat?!. Mi sembrava inutile e insignificante e solitamente mi limitavo a vestirmi da streghetta, e con mia sorella preparavamo assieme alla mamma la cena di Halloween, con piatti a tema. La zucca e il nero di seppia non mancavano mai, e ci divertivamo a inventare piatti dal colore arancione o nero, bastava poco per renderci felici. Da un bel po’ infatti avevo quasi dimenticato questa ricorrenza (questo per capire quanto mi interessi realmente ;)), ma quando ho visto questi pancakes, non so come mai, mi è subito venuto in mente il 31 ottobre.

Sono delle semplici frittelle alla zucca, niente di straordinario, ma in un certo senso sono anche speciali. Possiedono la morbidezza dei pancakes, quelli veri americani, sono dolci al punto giusto, si sente l’aroma della zucca ma non è esagerato o stucchevole. Sono semplicemente fantastici. Non avrei veramente immaginato fossero così buoni, e, ahimè sono risultati subito troppo pochi. Nulla a che vedere con i crumpets, o altri tipi di fritelle, davvero, dovrete provare per credere. Che siano destinati ad una festa di Halloween, oppure come semplici dolci per una perfetta colazione, poco importa. Ve ne innamorerete, ne sono certa. Il mio consiglio?! Inzuppateli di miele, oppure sciroppo d’acero, ma il modo più buono in assoluto è con una spolverata di zucchero alla cannella, diventato ormai una mania ;)

Vorrei spendere due paroline sulle foto, perché scusate, ma questa volta sono più che soddisfatta, sono quasi incredula. Per una volta, per la prima volta, mi sembra tanto di aver raggiunto quello che voglio, di vedere i primi passi verso la sua e la sua fotografia, di sentirmi (un po’) realizzata. Ho capito che ce la posso fare, che la passione in me è troppo forte e che non voglio arrendermi. Volevo dedicare tutto il post alle foto, all’emozione che ho provato quando le ho viste sullo schermo della reflex, ma poi ho capito che non riuscirei a descriverle, perché solo io ho vissuto quei momenti, e solo io posso capire. Però dico grazie a voi, a tutti voi, che mi seguite e sostenete, che mi state vicino e mi valorizzate, che ci siete, sempre.
Un grazie di cuore.







Comunicazione di servizio
Visto che ottobre è stato mese di cambiamenti, ecco la novità per quanto riguarda il blog. Finalmente, dopo tanto/troppo tempo, Me and food è arrivato su Facebook con la sua pagina ufficiale. Ok, sembra stupido, ma per me, che ho sempre odiato ogni genere di social network, è un grande passo. Quindi, ora che mi sono decisa (ok ci ho preso anche gusto ;)) ho bisogno del vostro sostegno, quindi, qualche ‘mi piace’ non ci starebbe proprio male;) D’ora in poi quindi vi aspetto anche lì gente, che dite, posso contare su di voi?!



Credo di aver tutto, sì, mamma mia, quanto parlo, i miei hanno ragione quando dicono che sono una ‘radio’ ;).






Pancakes alla zucca
tratta da Bambini ai fornelli, ricettario Ikea bimbi

Ingredienti:

250 g di polpa di zucca a pezzetti
1 uovo
100 g di farina, setacciata
3-4 cucchiaini di lievito bio per dolci
½ dl di latte
un pizzico di sale
2 ½ cucchiai di zucchero
miele, sciroppo d’acero, zucchero semolato per servire

Mettere i pezzetti di zucca in un pentolino con un po’ d’acqua e farli cuocere a fuoco basso fino a che la zucca è completamente cotta. Metterli in una ciotola e schiacciarli con una forchette per ridurli in una sorta di pappetta. Aggiungerci l’uovo, la farina e il lievito, poi il latte, il sale e lo zucchero. Mescolare bene e incorporare tutti gli ingredienti. Far sciogliere in una padella antiaderente un po’ di burro. Versare tre mestoli di pastella e formare 3 frittelle dalla forma rotonda. Fra friggere i pancakes a fuoco basso fino a che la superficie diventa dorata e asciutta. Girarli poi e farli cuocere anche dall’altro lato. Continuare fino a finire l’impasto. Una volta pronti servirli, mi raccomando, con tanto tanto miele :)

Almonds, cocoa and orange cake

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Ok. Finalmente ci sono. Sì, lo so. Sono in ritardo, eccome se lo sono. Non immaginate nemmeno cosa ho dovuto fare per riuscire a comparire, come si deve. Perché, voi lo sapete meglio di me, io con due parole, non me la cavo proprio.

Dire che sono stati giorni impegnati non basterebbe. Diciamo che quei famosi quattro giorni sono riusciti a tirarmi un po’ su, sono successe cose bellissime, devo dirlo. Mi hanno fatto ri-iniziare con il piede giusto, anche se in realtà, il piede ha già preso una piega sbagliata, è bastato poco, troppo poco. Dico solo che a volte, a malincuore, mi chiedo davvero chi me lo faccia fare. Perché io, non ci sono mai stata abituata, ad avere le giornate piene di impegni, gli occhi che bruciano tanto, che faticano a resistere alla sera. Sono sempre stata una persona che non diceva troppi sì, che non iniziava mille attività. Ho sempre preferito fare il mio, con costanza ed impegno, concentrarmi su poche cose, e farle al meglio.  Poi quest’autunno qualcosa è cambiato. Spesso mi chiedo perché proprio quest’anno. Poi ci rifletto, ricordo a me stessa che la vita non agisce mai senza un motivo, che c’è sempre un perché. Che forse è meglio così. Che tra mille cose da fare, studiare, io resisto. Che sono più stimolata, che non demordo, che la mia vera indole, quella tenace e testarda, c’è. Che il blog mi salva da qualche crisi e ne ho bisogno, che non è facile ma che si può fare.
E vi dirò di più, dopotutto, sono felice. Perché anche se ci sono le sconfitte, vedo che sto crescendo. Sto maturando, e sta succedendo senza che io me ne accorga. Sto conoscendo la vita, in alcuni aspetti che non avevo mai sperimentato e questo mi piace. Mi fa nascere una sensazione di soddisfazione, sono felice del percorso che sto facendo.
E poi, da non sottovalutare, manca poco. -11, per l’esattezza.

Una torta, una semplice torta. Profumata dall’aroma dell’arancia, arricchita dalla farina di mandorle, impreziosita dal cacao, soffice come una nuvola. Non desideravo altro, voglia di dolce, sempre più. Un po’ per consolarmi, un po’ per stare vicino al forno, sentire il calore della cucina la domenica mattina, ancora in pigiama, con gli occhi assonati e i capelli scompigliati.
Credo vedrete tanto dolce d’ora in poi. In realtà non ne avrei bisogno (la riserva per l’inverno è sempre presente, e fissa, purtroppo :P), ma alla fine si sa che una bella fetta di torta tira su il morale, se poi è buona come questa, è quasi meglio nasconderla ;). Non amo l’abbinamento arancia-cioccolato, non mi è mai piaciuto, ma in questo caso, ci sta d’incanto, c’è un perfetto equilibrio. Ha avuto un gran successo, ha superato di gran lunga le mie aspettative. Try it to believe it ;)



[La parentesi delle foto]
Sono molto particolari queste foto, secondo me. Ok, magari apparentemente sembrano lineari, sicuro all white, nulla di nuovo. Io però credo che nella loro semplicità ( come la torta) sono speciali, ben riuscite, chiare. Sono soddisfatta, direi, visto la nebbia che copriva il cielo. Finalmente riesco a gestire la luce, anche quando non c’è, e questo mi rende felice. Voi che dite? Ultimamente sto provando molti stili, diversi tra loro, mi diverte sperimentare, chissà se prima o poi ne troverò uno fisso. Intanto provo ambientazioni e luci diverse, a me piace, a voi?!





Torta di mandorle, cacao e arancia

Ingredienti:
per uno stampo da 18 cm

130 g di burro, morbido
140 g di zucchero
5 uova
150 di farina di mandorle
1 cucchiaio abbondante di fecola
2-3 cucchiai di cacao amaro
1 cucchiaino di lievito per dolci
un pizzico di vaniglia Bourboun in polvere
scorza di un’arancia bio, grattugiata

Montare a spuma lo zucchero con il burro e la scorzetta d’arancia. Separare tre tuorli dagli albumi, e continuando a montare, incorporarli al composto. Unire poi la farina di mandorle, la fecola, il cacao, il lievito, la vaniglia e le restanti 2 uova intere. Montare a neve ferma gli albumi e aggiungerli, incorporandoli dal basso verso l’alto, all’impasto. Versare il tutto in una tortiera imburrata e infarinata. Far cuocere in forno caldo a 160° per 40-45 minuti. Servire a piacere con zucchero a velo.

Note:
-          se usate uno stampo piccolo (es. 18 cm) avanzerà una piccola parte di impasto, che potete cuocere come muffin. Sarà utile per controllare la cottura, con la tradizionale prova-stecchino.
-          se volete impreziosire la torta, potete servirla con una salsa alla vaniglia, o un po’ di panna semi-montata.
-          se non amate particolarmente l’aroma dell’arancia potete diminuire la dose di scorzetta, così sarà meno deciso nell’insieme.


Almost a crumb cake

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Questa è una storia lunga, a dire la verità. Rido al solo pensiero. Credo di averlo detto più volte, che per natura, a periodi ho delle fisse, che poi spesso si rivelano anche brevi e fugaci. A volte le stesse si ripetono a periodi alternati, e io non posso fare altro che soddisfarle, per quanto possibile.

Questa settimana, anzi la scorsa settimana, in un pomeriggio di studio intenso un’idea mi ha occupato la testa. In mente, per qualche giorno, ho avuto solo una cosa: il crumble.
Anche questa cosa già detta. Io li adoro. Sono l’unica cosa che  invidio terribilmente (assieme a un altro paio di altre delizie) agli inglesi. Ma non starò qui a discorrere su quanto in questi casi la quantità di burro ci sta eccome, la questione è un’altra. Perché, nonostante ci sia questa mania per il genere di dolce in esame, purtroppo c’è sempre qualcosa che non va. Ora mi spiego.
Anche se ho sempre amato il crumble, in tutte le sue forme, non ho avuto sempre risultati ottimali. Vero, in realtà non ci ho provato moltissime volte. Li ho sempre solo mangiati. Quest’estate però ho deciso di provarci. Beh meglio non parlarne. Diciamo solo che di croccante non c’era proprio nulla, che la frutta probabilmente aveva bagnato troppo lo strato di ‘biscotto’, insomma, non si capiva bene cosa fosse. La mia prima esperienza quindi non aveva avuto dei riscontri positivi, per questo avevo abbandonato l’idea da ormai un po’ di tempo. Poi, come detto sopra, i giorni scorsi questa voglia pazza mi ha sorpreso, e io, cercando di ricordare il primo tentativo ho deciso di riprovarci.  Sempre per il fatto che anche questa, è diventata una mia fissa. Non so quindi dirvi se il problema sono io (magari son un incapace, forse è meglio che ci stia lontana J) oppure se non riesco mai a trovare la ricetta giusta. Che sia quello tradizionale, salato o una crumb cake, davvero non ottengo mai quello che desidero. E’ possibile che forse la mia ignoranza a proposito mi faccia sembrare le mie versioni sempre imperfette, fatto sta, che non so come mai, ma forse non ho un buon feeling con questo tipo di dolce.

Con la torta, è successo un qualcosa di molto simile. Le aspettative erano sempre così tante, continuavo a dirmi, sì questa volta ce l’ho fatta. Me lo immaginavo già questo interno terribilmente morbido, bagnato dalla marmellata di lamponi, e ovviamente, la perfetta crosticina croc. Ecco in realtà buono, su quello non si discute. Morbido, sì, molto morbido e bagnato. Fin qui ci siamo. Poi però c’è la crosticina. Bel problema. Effettivamente non posso dire che non ci sia, perché non è così. Ma ecco, questo tocca dirlo, non è come volevo, stranamente ;) Non ha quella croccantezza che ti lascia soddisfatto, quella bella sensazione al palato. E’ qualcosa di diverso. Non propriamente una crumb cake, ma quasi. Quindi ci stiamo avvicinando, al risultato che auspico da tanto tempo, ma ci vuole ancora un po’. Sì, manca ancora qualcosa.

Non per questo però il dolce non è stato apprezzato. Diciamo che, come al solito, qui sarebbe sempre meglio tenerle nascoste certe cose (eh sì, essere golosi è un brutto vizio :P). Questo è uno di quei dolci dove il burro, non può mancare però. Non amo i dolci burrosi e a volte stucchevoli, ma quando ce vò ce vò, e questo è uno di quei casi. La marmellata di lamponi, dolce e acidina allo stesso tempo, ci sta d’incanto perché avvolge il boccone e rende il ‘ripieno’ speciale. E’ da provare, comunque. Crumb cake o meno. Che dite, come vi sembra l’idea? ;)

ps. ne sono certa. Prima o poi anch' io troverò la ricetta perfetta, lo so. ;)



[La parentesi delle foto]
E anche stavolta mi piacciono. Bene, pian piano sto perdendo quel pessimismo e sto iniziando a credere nelle mie capacità, ammettendo che qualcosa c’è. Bianco, bianchissimo ancora. Devo dire che mi piace come stile, è pulito e lineare.  Non è sempre facile da gestire, perché a volte (anche un po’ in questo caso) sembra quasi abbagliante. Devo migliorare questo aspetto, ma per il resto non mi lamento. Fa risaltare benissimo il soggetto, fa veder bene i colori. Inoltre devo confessavi che è anche un trucchetto che uso ultimamente, perché essendoci sempre stato un tempo orribile, la nebbia fittissima e bassa, è stato difficilissimo trovare una luce decente. Ma ci sono riuscita. A voi come sembrano?! troppo bianco?!  ;)



(Quasi) una crumb cake
tratta e modificata da Regali Golosi, Sigrid Vebert

Ingredienti:
250 g di farina, setacciata
250 g di zucchero
240 g di burro (sì lo so, sono tanti tanti ;))
2 tuorli
2 cucchiaini di lievito per dolci bio
½ cucchiaino di polvere di vaniglia Bourbon
250-300 g circa di marmellata di lamponi (o ribes rosso)
un pizzico di sale

Mescolare la farina, il lievito e il sale. In una ciotola, lavorare il burro morbido assieme allo zucchero fino ad ottenere una crema chiara e soffice. Aggiungere i tuorli e la vaniglia, infine gli elementi secchi. Impastare velocemente fino ad ottenere un impasto morbido e dividerlo in due parti. Avvolgere ogni porzione nella pellicola e far riposare per un’ora.
Trasferire poi una metà di impasto nel congelatore per circa 15 minuti. Nel frattempo, stendere l’altra metà in una teglia 20 x 20 cm circa, coprire la superficie con lo strato di marmellata e poi, con la grattugia a buchi grossi, grattugiare l’altra metà dell’impasto, su tutta la superficie della marmellata.
Infornare a 170° per circa 35 minuti, fino a che la superficie diventa dorata e la torta è cotta. Sfornare e far raffreddare. Ritagliare delle porzioni piccine, di dimensione di circa 5 cm.

Note:
-          la cottura della ricetta prevedeva 30 minuti, io però, ho ritenuto necessario un po’ più di tempo, perché, sebbene la marmellata bagni, la superficie non era ancora pronta dopo il tempo indicato. Vi consiglio di controllare però, la prova stecchino non delude mai.
-          il mio risultato è stato molto più friabile rispetto alla versione originale. Non secco, ma più granuloso. Io (come detto prima) ho preferito farla cuocere un po’ di più. Infatti il rischio è di sfornare il dolce ancora crudo all’interno, con solo la crosticina pronta. 


18 (and mini Ottilien-kuchen).

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Diciotto, non mi sembra vero. E’ così strano dirlo.
Questo è uno di quei giorni che desideri da una vita, che brami da tanto tempo. Non sai perché, ma è così, oggi è diverso.

Il compleanno credo sia sempre stato per tutti un giorno importante, ad ogni età, anche per me è stato così. Da piccola era un modo per festeggiare con gli amichetti e amichette, per giocare, passare un pomeriggio completamente libero, divertendosi e ridendo. Poi con il tempo le cose cambiano. Il compleanno, a periodi, non è più il giorno più importante dell’anno, ma uno dei tanti. Cresci e ti rendi conto che è come se non avesse lo stesso valore di una volta, non riesci a capacitartene ma non hai la necessità di renderlo speciale. Per un po’ di tempo è stato così, il compleanno è sempre stato una cosa molto tranquilla, intima, che volevo condividessero solo le persone a me più care. Gli amici di allora, o almeno alcuni, non hanno più questo ruolo, sei diventata grande, senti la differenza.
Sei cresciuta, ecco cos’è. Almeno burocraticamente è così. Qualcosa davvero cambia. Sono sempre stata una persona responsabile, più degli altri. Ho sempre sentito la pesantezza di essere più matura, di capirle prima le cose. E’ sempre stato difficile. Pensare con una testa di una persona più grande, ripetersi che se gli altri non capiscono ora, lo faranno dopo, sentirsi un pesce fuor d’acqua, chiedersi cosa ci stai a fare in alcuni contesti.
Questo giorno l’ho atteso tanto, ve lo dico. Tutti probabilmente l’hanno fatto. Molti diranno che effettivamente non cambia poi molto, che le aspettative sono più alte della realtà, e forse avranno ragione. Io però, non ci credo completamente. Vedo questa ‘tappa’ come l’inizio del mio percorso verso l’autonomia, pratica e non. Verso la responsabilità vera, non quella che ho sempre vissuto, perchè ero fatta così. Capirò l’importanza di una firma, di farlo da sola, di pensare con la mia testa, più di quanto ho fatto prima. Voglio raggiungere questa maturità, voglio diventare una persona vera. Sono felice quindi, e voglio segnare questo passaggio che reputo importante, voglio divertirmi, voglio capire.

E se oggi è un giorno così speciale, non poteva che esserci come protagonista la mia torta preferita, la mia torta. La torta che c’è sempre stata alla mia festa, che la mia cara zia mi preparava sempre, il regalo più bello fra tutti. E’ una torta semplicissima, davvero.  Una torta che potrebbe sembrare niente di più che un semplice cake. In realtà non è così, perché è la combinazione più perfetta fra tutte le torte sulla terra, una torta che supera quelle cioccolatose (anche se io ne sono dipendente ;)),è la migliore. Ottilien, questo è il suo nome. E’ di origine tedesca, una torta da tè, per la colazione, anche se una volta assaggiata non smetteresti più di addentarla. Cioccolato a pezzi, mandorle, vaniglia. E’ sufficiente dire questo. Provatela, poi lo sperimenterete voi, vedrete è insuperabile.

[La parentesi delle foto]
Una tortina ,una candelina, un sorriso. Semplici come me, non aggiungo altro ;)







Comunicazione di servizio
Questa di oggi non è la sola data importante in questo periodo, ma ce ne sono molte. Da un po’ ormai sto vivendo con un ritmo indescrivibile, sono davvero esausta, e ho preso una decisione. Devo dire che mi risulta molto difficile, ma devo mettere un po’ ordine in questa pazza testolina, e vedere con calma il da farsi. Per questo a malincuore volevo avvissarvi che tornerò un po’ meno spesso, rispetto ad ora. Non avete idea della tristezza che provo nel dirlo, ma questa volta devo ascoltare il mio fisico e la mia mente, che hanno detto davvero basta. Ci sarò, tranquilli, volevo solo farvelo sapere, non sarei mai sparita senza dire nulla. So che capirete, o almeno spero. Grazie, infinite come sempre, per tutto. 





L’idea in più
Vedete quei deliziosi pacchettini bianchi e rosa?! Ecco, contengono le mini-Ottilien per i miei invitati alla festa, un’ idea della mamma devo ammetterla, ma semplicemente graziosa. Inoltre, sono una carinissima soluzione per i regalini di Natale (magari usando un nastrino rosso, marrone o fantasia), vedrete, saranno molto graditi. Raffinati e semplici, il modo migliore per rendere speciale un piccolo pensiero.





Mini Ottilien-Kuchen

Ingredienti:
250 g di burro
200 g di zucchero
1 bustina di zucchero vanillinato
4 uova
½ cucchiaino di polvere di vaniglia Bourbon
1 pizzico di sale
200 g di farina bianca, setacciata
50 g di frumina, setacciata
3 g di lievito per dolci bio, setacciata
100 g di mandorle, tritate
75 g di cioccolato fondente di qualità, tritato

Lavorare il burro a crema con lo zucchero, lo zucchero vanillinato, le uova, la vaniglia e il pizzico di sale. Impastare a cucchiaiate aggiungendo la farina, precedentemente mescolata alla frumina e al lievito. Incorporare per ultimi le mandorle e i pezzetti di cioccolato. Versare l’impasto in uno stampo ( o stampini piccoli) imburrato e infarinato (o foderato con carta oleata), o in stampini usa e getta. Infornare in forno caldo a 180° per circa 50 minuti. Cospargere il cake con zucchero a velo al momento di servire, a piacere.

Note:
-          il dolce può essere preparato con largo anticipo, si mantiene benissimo per molto tempo ( 15-20 giorni). Per questo motivo è un’idea geniale per Natale ;)
-          lo stampo base è quello del plum-cake, ma come ho già detto nella preparazione, il dolce è carino anche in mono-porzioni.
-          se volete ottenere un aroma più deciso, sostituite la vaniglia con una goccina di rum.


Zimtsterne.

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Tornata. Sì, avete capito bene. Sono di nuovo qui. Sembra così strano, non c’ero più abituata.
Sono successe un sacco di cose in queste due settimane. Tante, davvero. Non le ricordo nemmeno più, in ordine. Sono leggermente confusa, non capisco se sto vivendo in un sogno, o se tutto è realtà.
I ritmi sono diventati più lenti, in un batter di ciglia. Tutto, di nuovo, è cambiato. Non riesco a rendermene conto, è come se mi mancasse qualcosa. Devo ri-abituarmi alla calma, alla tranquillità.

Dovevo e volevo tornare ora. E’ Avvento, cari miei. Il periodo, assieme al Natale, più bello dell’anno. Era tutto programmato, ci sarei riuscita, così è stato, e sono felice.
In verità a chi non piace l’Avvento, inteso come il periodo pre-natalizio?! Per me è magico. Nonostante gli impegni rimangano, anzi spesso quadruplichino, qualcosa nell’aria cambia. L’atmosfera del Natale entra nelle case, nelle strade. Le musiche natalizie fanno da sottofondo nel salotto caldo. L’albero di Natale. La neve.  Si respira un clima sereno, di pace.
Da me l’Avvento, è un periodo particolarmente sentito. La nostra tradizione, influenzata da quella tedesca, è molto profonda a riguardo. Sembra quasi più importante il periodo che precede il Natale, più che il giorno della festività stessa. C’è la corona d’Avvento, c’è il calendario dell’avvento (non importa l’età, è un must ;)), poi c’è San Nicolò.
Non so se lo sapete, ma oggi è San Nicolò ( o San Nicola). A questo punto vi chiederete cosa centri con il discorso. In realtà, è una festività che si festeggia poco in Italia, (credo che solo Bari faccia eccezione), ma nel nord soprattutto all’estremo nord, è molto importante.
San Nicolò, è una sorta di Babbo Natale, svolge una funzione simile, ma in realtà è un Santo, appunto, una figura religiosa.
La tradizione vuole che ‘San Nicolò’ arrivi nelle case e nelle famiglie, trainato su una slitta condotta da un piccolo asinello, che porti doni ai bambini buoni, il carbone a quelli birichini. Assieme ai Krampus, i diavoli, creature orribili e spaventose che a seguito del Santo, puniscono i bimbi che non si sono comportati bene, facendoli pentire. La sera del cinque dicembre, i bambini portano fuori dalla porta una ciotola con del sale grosso per l’asinello, e un bicchiere di latte  o un piccolo bicchiere di grappa a San Nicolò, che deve percorre ancora tanta strada, in posti lontani. Ah, poi si accende anche una candela, così il Santo non si sbaglierà e saprà di chi è la casetta. Con il papà (chissà come mai la mamma era sempre in bagno in quel momento ;)), si aspetta con ansia il suo anonimo arrivo. Poi in punta di piedi ci si avvicina alla finestrella, il bicchiere è vuoto e la ciotola pure , si esce, e fuori dalla porta ecco il cesto.
Un cesto colmo di dolciumi, bagigi (arachidi) a volontà, clementine, e un piccolo pacchettino, se si era stati buoni. Con il nasino freddo, il cuore che batteva dalla felicità, si trascorreva una serata con tutta la famiglia, sgranocchiando biscottini vicino all’albero, con le musichette, in calzamaglia, col il cappello da Babbo Natale o i cerchietti a forma di renna.
E’ vero, ora si è grandi, già da un bel po’. Il meccanismo si è scoperto da tempo, si sa la verità. Nonostante questo però, la magia non è svanita.  E’ come a Natale, si sa come stanno le cose, ma un po’ per usanza, un po’ per sentirsi ancora piccini, si fa finta di niente, e si mette ancora in scena la sorpresa. 



Le Zimtsterne, non possono mancare la sera di San Nicolò, e a Natale, in generale. Sono delle stelline alla cannella, tipiche della Germania e Austria, ma diffuse anche in Alto Adige ed in Trentino. Sono une meraviglia, una delle caratteristiche più belle del nostro Natale. Si sa che la cannella non può mancare se si parla di Natale, e questi biscottini sono la più grande esaltazione di questa spezia, che è davvero protagonista. Particolari ma semplici allo stesso tempo, stelline ricoperte di una glassa (che in realtà è più una meringa), un po’ laboriose e complicate da cucinare, ma dal risultato garantito, che regalano molta soddisfazione.
Questa è una preparazione molto fedele alla versione originale, molto speciale (la ricerca è stata molto profonda, meno male c’era la zia ;)). Oltre ad essere belle, piccole stelline che illuminano queste sere innevate, sono uno spettacolo, dire che sono deliziose è limitativo.
In realtà sono l’inizio di un insieme di proposte che vorrei regalarvi in vista delle festività natalizie (anche se le Ottilien-kuchen, possono essere  già comprese nella rubrica ;)). Sono una piccola idea per i cadeaux da fare agli amici o ai parenti, un pensiero raffinato e di effetto, stupirete sicuramente tutti.
Penso di aver detto tutto, voi direte alla faccia, visto che come al solito, ho composto un piccolo poema. D’altronde però, devo rifarmi dopo due settimane di assenza, no? ;)



[La parentesi delle foto]
Questa volta ho cambiato stile, completamente. Ho ripreso i toni scuri, che come sapete, mi affascinano tanto, anche se a dire la verità, non li so gestire molto bene. In questo caso però volevo rendere la vera idea delle stelle, che brillano nell’oscurità del cielo. Forse potrebbero sembrare poco natalizie, ma si possono comunque notare alcuni elementi che le rendono diverse e ricollegabili al tema (l’adorabile bigliettino di Bianco, il rametto di abete norvegese). Io sono soddisfatta, ho lasciato (quasi evidenziato) le ombre perché danno un tocco suggestivo, secondo il mio parere. Voi che ne pensate? ;)


Buon San Nicolò a tutti :)



Zimtsterne (stelle alla cannella)

Ingredienti:
per 2 teglie abbondanti da forno

3 albumi
250 g di zucchero a velo
1 ½ o 2 cucchiai di cannella in polvere
2 cucchiai di succo di limone bio
400/450 g di mandorle tritate
farina qb
zucchero a velo qb (facoltativo)

Montare a neve fermissima (ma tanto tanto ;)) gli albumi, aggiungere poi sempre mescolando con le fruste lo zucchero a velo, la cannella ed il limone. Mescolare con cura. La consistenza deve essere molto simile a quella di una meringa, lucida e morbida. Togliere 4/5 cucchiai abbondanti dal composto, metterli da parte per la glassa.
Unire al resto le mandorle e lavorare senza smontare troppo la meringa.  L’impasto ottenuto sarà molto appiccicoso, molle e soffice. A questo punto lavorare con la farina, incorporarne fino ad ottenere una consistenza buona per lavorare l’impasto e formare le stelline (potete anche usare dello zucchero a velo per aiutarvi). Con il piano infarinato coppare i biscotti e porli sulle teglie rivestite di carta forno. Porre sulla superficie delle stelle la glassa, aiutandovi con un cucchiaino da caffè, e livellare bene la dose su tutto il biscotto.
Infornare a 160° in forno caldo, cuocere per circa 35-40 minuti, controllando sempre la cottura. Sfornare, una volta pronti, far raffreddare e conservare in contenitori ermetici, o servire.


Note:

- per la glassa esiste anche la possibilità ‘a crudo’. Infatti svolgendo lo stesso procedimento, si possono infornare i biscotti e glassarli dopo la cottura, e dopo averli fatti raffreddare. Basterà poi far seccare la glassa per una notte, in un luogo fresco. Non consiglio questa altra preparazione se avete intenzione di regalarli. Bisogna infatti stare molto attenti con le uova (albumi) non cotti, meglio fare una prova solo con i propri familiari.
- è difficile inizialmente gestire l’impasto, e sapere unire la giusta farina, aggiungetene poca alla volta, ma dovrà diventare facile da lavorare, appunto simile ad un classico impasto da biscotti.
- le Zimtsterne si conservano tranquillamente per molto tempo (ecco perché sono un’idea carina per i regalini), se impacchettate a dovere. Preparate quindi subito gli eventuali pacchettini, oppure ponetele in un contenitore ermetico, si manteranno fino alle festività.







Santa's cookies.

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Natale si avvicina, ormai manca davvero poco. Questo è uno di quei periodi dell’anno che dovrebbero durare il doppio, perché i giorni sono sempre troppo impegnati, si avrebbe il bisogno di fare tutto con più calma, senza dover conciliare gli impegni scolastici o il lavoro, semplicemente, godendosi queste settimane che precedono il più bel giorno dell’anno.

Come ho già detto nello scorso post, l’Avvento, sebbene frenetico, è il periodo più magico, secondo me. Lo penso sempre. Certo. La preparazione di tutti i regalini ‘commestibili’ è molto impegnativa, tra biscotti, dolci tipici natalizi, la nostra cucina è più attiva di un forno del pane. Questo però è il bello. Stare insieme, con la mamma, a preparare i pensieri per i parenti e amici più cari.  Si comprano i pacchi di farina da 5 kg, quelli mega, perché la produzione raddoppia vorticosamente. Davanti ad una tazza di tè caldo, aspettando che cuociano nel forno, che ahimè, solo in queste giornate, sembra terribilmente piccolo, ci si racconta un po’ di storielle, si rispolverano i ricordi, si canticchiano canzoncine natalizie, si sta bene. Ci si dimentica per un attimo della routine di tutti i giorni, ci si ritaglia del tempo per godersi queste piccole-grandi emozioni, si abbandona lo stress che ci stanca così tanto. Questi momenti sono speciali.
L’altro rito che a casa mia non può mancare, però, è la maratona dei film di Natale. Maratona nel vero senso della parola. E’ quasi inimmaginabile la quantità di film e cartoni che io e mia sorella guardavamo, nel tardo pomeriggio, dopo i compiti, con la cioccolata calda in mano e il cappello di Babbo Natale in testa. La neve, all’esterno che scendeva candida e leggera, noi al caldo e accoccolate vicine. Che momenti meravigliosi.
Come succede sempre, questa ‘tradizione’ risulta più impraticabile, anzi quasi assente. Con il tempo, la maratona è diventata più quella dello studio, che quella dei film di Natale. Diciamo che è faticoso trovare il tempo per godersi un bel cartone, come si deve, come una volta.

C’è un’ immagine però che torna sempre in mente, ogni anno, quando si avvicina Natale. I biscotti di Santa Claus. Avete presente quei biscotti che si vedono in ogni film natalizio che si rispetti, quelli accompagnati dal bicchierone di latte, caldo se possibile? Quelli cucinati appositamente per Babbo Natale ?! Ecco, sono loro. Quella specie di frolla finlandese, dal colore ambrato, croccante e friabile, un tripudio di spezie che esplode in bocca, in una perfetta sinfonia.  Cardamomo, chiodi di garofano, e l’immancabile cannella. La melassa di zucchero che da quel sapore un po’ ‘caramellato’, che contrasta le spezie e il dolce del biscotto. Non propriamente dei pepparkakor, ma ci assomigliano. Semplici, molto semplici, speciali forse proprio per questo. E’ necessario addentarne uno per sentirsi in Finlandia, o in Lapponia, come preferite, in una casetta di legno, il camino acceso, il profumo delle spezie che invade l’ambiente, la neve che fuori copre con un elegante manto il bosco incantato, e i biscotti per Santa, pronti sul piattino rosso e bianco per il suo magico arrivo. E ovviamente, l’immancabile tazza di latte, ça va sans dire.

Vi piace l’idea per i regalini natalizi n#2?
Ah, quasi dimenticavo, Buona Santa Lucia (a proposito, questi biscotti piacciono da impazzire anche a Lei, non ditelo a nessuno però, altrimenti Santa si offende ;))





[La parentesi delle foto]
Questa volta ho cercato di rimanere più fedele al tema Natale, i colori dominanti, come vedete, il rosso e il bianco, direi perfetti. Mi piacciono, semplici e luminose, calde. Mi piace giocare con nastrini, fiocchetti e lana cotta. Sono simpatici e rendono il tutto molto rustico, come piace a me. All’inizio ero un po’ perplessa, non ero certa della buona riuscita, invece ho dovuto ricredermi. Voi cosa pensate? 






Biscotti speziati finlandesi (Biscotti di Babbo Natale)
tratta e modificata da Regali Golosi, Sigrid Vebert

per circa 50 biscotti

420 g di farina, setacciata
250 g di burro morbido
200 g di zucchero
1 uovo
1 cucchiaio scarso di melassa di zucchero
2 cucchiaini di cardamomo in polvere
1 cucchiaino abbondante di cannella in polvere
½ cucchiaino di chiodi d garofano in polvere
1 cucchiaino di bicarbonato

Lavorare lo zucchero con l’uovo, aggiungere la melassa, le spezie ed il bicarbonato e continuare a mescolare per incorporare bene tutti gli ingredienti. Aggiungere poi il burro ammorbidito, continuando ad ‘impastare’ e unire per ultima la farina pian piano. Lavorare fino ad ottenere una palla liscia e compatta, impacchettarla nella pellicola e farla riposare al fresco per almeno un’ora.
Stendere in seguito l’impasto con uno spessore di circa 5 mm e ritagliare i biscotti, porli sulla placca da forno rivestita di carta oleata, e cuocerli a 160° per 12-15 minuti. Far raffreddare su una griglia.

Note:
-          la ricetta originale prevede l’uso di due cucchiai di golden syrup, da sostituire alla melassa. Io non lo trovo nelle mie zone, e non avevo il tempo di farlo a casa, quindi ho sostituito con successo la melassa, che da un tocco di caramello ai biscotti.
-          come per le altre ricette, anche questi biscotti si conservano senza problemi, in contenitori ermetici chiusi a dovere, o nel pacchettino pronto per il regalo.

(My) Xmas Stollen

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Tutto è pronto, o meglio quasi. Diciamo che ormai la ‘fabbrica’ di dolci ha chiuso i battenti, ed è passata alla fase ‘impacchettamento’. I sacchettini, rigorosamente a quadrettini bianchi e rossi, invadono il giro scale, la dispensa e il ripostiglio. Bigliettini di auguri sparsi per tutta la casa, pennarelli oro, bianco e argento, nastrini dappertutto, sembra davvero di essere nel Paese di Babbo Natale ( e noi ovviamente siamo i folletti).
Pian piano però la fretta e lo stress scompaiono, si sente sempre di più il profumo del Natale, l’emozione sale, la gioia per festeggiare insieme questo giorno importante aumenta.
I preparativi, ovviamente, non volgono al termine, sarebbe troppo facile. Bisogna parlare del Menù sia per la cena della Vigilia, che per il pranzo di Natale, pensare agli addobbi e ai decori della tavola.



Prima però di passare completamente al periodo natalizio, non potevo non proporvi l’ultima idea per i regali di Natale. So che alcuni mi malediranno, dicendo che ormai è troppo tardi per pensare ad altri cadeaux, forse (ci avevo pensato) avrei potuto pubblicarlo prima, ma credetemi, per il dolce di cui vi parlerò adesso farete sicuramente un’ eccezione. Senza dubbio lo avrete ancora sentito nominare, essendo uno dei dolci più famosi della tradizione tedesca, austriaca e altoatesina. Lo stollen. Quel cake ricco, con tantissimi ingredienti all’interno. L’originale sarebbe una pasta lievitata, coperta da un generoso manto di zucchero a velo.
Ecco, stiamo parlando di questo anche nel mio caso, più o meno. Diciamo che la mia di versione è un po’ diversa. Forse troppo diversa, nel senso che lo chiamiamo Stollen, probabilmente solo perché fa Natale. Per me però, anche se so che sbaglio esiste solo questa possibilità. E’ la migliore in assoluto, è così.
Io la chiamo la versione light, perchè è davvero leggera, rispetto agli altri dolci natalizi. Infatti, essendoci la ricotta, risulta molto morbido, con le albicocche secche a pezzetti e le mandorle a filetti che danno quel tocco croccante. Consistente, altrimenti non sarebbe uno Stollen, ma assolutamente non pesante, o stucchevole (l’originale, se lo conoscete, sapete che da questa sensazione), con un leggero aroma di limone e un pizzico di cannella, che ci vuole, sempre.
Io ve lo consiglio, davvero. Vedrete, lo amerete dal primo boccone, ne sono certa. E’ una delle ricette più care alla mia famiglia, è un must di ogni Natale. Fidatevi, è speciale, se non lo fosse, non sarebbe il protagonista di questo post.
E se è troppo tardi per trasformarlo nei regalini per i propri cari, utilizzateli come segna posto per i vostri ospiti.  A mo’ di pacchettino, con il biglietto riportante il nome, colpirete tutti. Potranno portare il dolce a casa, o potete anche considerarlo il dolce di fine pasto, che ognuno aprirà con orgoglio.
Allora, vi ho convinti? Spero proprio di sì.



[La parentesi delle foto]

Inquadrature un po’ diverse, volevo creare più movimento, chissà se ci sono riuscita. Ogni tanto sento la necessità di cambiare, di rendere meno statica la foto. Non mi piace ottenere sempre lo stesso risultato. Ancora bianco e rosso, ancora nastrini (ormai ci ho preso gusto ;)), lo zucchero a velo da quel tocco di neve magico, il piattino fa proprio Xmas. Anche queste credo siano a tema, danno quella sensazione di intimo di casa. Volevo proprio fossero così. Come se fossimo lì, a fare i pacchetti, mentre rubiamo le bricioline dello Stollen, sparse qua e là. 


Mini-stollen di Natale alla ricotta
per 8-9 pirottini da panettoncini

Ingredienti:

250 g di ricotta
150 g di burro, sciolto
150 g di zucchero
400 g di farina bianca, setacciata
1 uovo
1 bustina (scarsa) di lievito per dolci bio
scorza di un limone bio, grattugiata
1 pizzico di polvere di vaniglia Bourbon
1 cucchiaino di cannella in polvere
100 g di mandorle a filetti (o scaglie)
200 g di albicocche secche denocciolate, a pezzetti

In una ciotola capiente mescolare: ricotta, burro, zucchero, il pizzico di vaniglia, il limone, la cannella, e l’uovo. Impastare accuratamente, unire poi la farina, in più passaggi e il lievito. Unire infine le mandorle e le albicocche, ottenendo un impasto omogeneo e consistente.
Spostare successivamente l’impasto su una spianatoia infarinata e formare delle piccole palline, da inserire nei pirottini da forno (usa e getta). Riempire di pasta i pirottini fino a 2/3, infornare poi a 180° per 40 minuti. Controllare la cottura con lo stecchino. Sfornare e raffreddare.



Note:
-   una volta pronti i dolcetti, impacchettarli immediatamente. Se volete rendere il dolce più tradizionale, spennellate una volta freddo il dolce con un velo di burro fuso, spolverateci sopra lo zucchero a velo e facendolo aderire alla superficie. Potete poi confezionare il dolce normalmente, prima nella pellicola e poi nella carta per il pacchetto, quando lo zucchero sarà asciutto completamente.
-   Potete dare la forma che preferite al dolce. Per esempio, dividendo l’impasto a metà, otterrete due pagnotte grandi. Altrimenti si possono usare altre forme (a cuore, ciambella o il classico cake). Consiglio però sempre di usare stampi in cartone, così potrete cuocere e regalare lo Stollen direttamente, senza doverlo spostare.
-   Potete aggiungere all’impasto uvetta o altra frutta secca, Per esempio si potrebbe fare un misto, con 100 g di uvetta e 100 g di albicocche secche. L’importante è non superare le dosi della ricetta, però si può sostituire con gli ingredienti che più preferite.


Little snowballs. Wishing you Merry Christmas.

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Finora vi ho raccontato tante cose sul ‘mio’ Natale. Potremmo dire tutto.
In realtà però c’è una cosa che non vi ho detto, o comunque che non ho sottolineato particolarmente, ma che non posso tralasciare. La neve. Sì, proprio Lei.

La protagonista, se vogliamo, del mio Natale. Sono nata e vissuta in montagna, credo lo abbiate capito. Sono sempre stata abituata a questo manto candido e soffice, che copre i tetti delle case, i boschi, le cime. L’inverno da me è così, con tanta neve, sebbene ci siano rare eccezioni, tutto è bianco. E’ un po’ come nei film natalizi. I paesini piccoli addobbati con luci e alberelli, canti di Natale per le vie, qualche banchetto con il Vin brulè o tè caldo, e fiocchi perfetti di neve cadono dolcemente sul paesaggio.
Un Natale senza neve quindi, per me, non esiste. Quando ero piccola credevo non fosse possibile. Pensavo che dappertutto, almeno per il 25, qualche fiocco cadesse dal cielo. Fatta eccezione per l’Australia; lì sapevo che si festeggiava in spiaggia ;)
Poi però crescendo, ho capito tante cose, ovviamente. Anche nella mia magica valle, alcuni anni, accadeva ‘come in città’.
Ricordo come fosse ieri, quel Natale, di non molti anni fa. Ero già grandicella, effettivamente. Era La Vigilia di Natale, e non c’era un filo di neve. Tutto era grigio, cupo, quasi tetro. Era insignificante.
La gioia e l’emozione che mi accompagnava da sempre in quel giorno speciale, mi aveva abbandonato, non riuscivo a capire. Tutto era pronto, come al solito avevo aiutato nei preparativi, io e mia sorella ci eravamo pettinate a vicenda, e con il mio vestitino rosso, guardavo delusa fuori dalla finestra. Il cielo non sembrava dare segnali. Una certa ed improvvisa malinconia mi aveva assalito, avevo perso ogni speranza.
Eravamo arrivati dai nonni, pronti per la festa, ed ero scesa dall’auto. Mi ero fermata un attimo fuori, da sola, avevo chiuso gli occhi e ho respirato a fondo. Nel mio profondo continuavo a desiderare quella cosa, volevo ci fosse, anche quell’anno.
Dopo poco, avevo riaperto gli occhi e incredula avevo fissato il cielo. Piccole palline  bianche stavano danzando nel buio della sera, leggere scendevano sul naso e sui capelli. In quel momento tutto era cambiato. La felicità e l’atmosfera natalizia mi avevano di nuovo avvolto in un caldo abbraccio, avevo capito che non c’erano dubbi, che tutt’ora non so spiegare il perchè, ma che a Natale c’è qualcosa di magico,  sarà sempre così.




Queste piccole delizie esprimono a pennello la mia passione per la neve. Sono appunto mini palle di neve, che ricordano i pomeriggi trascorsi a giocare con i miei amichetti, pupazzi di neve con il nasone lungo (la famosa carota), i bottoni e la sciarpa rossa. Biscotti friabili e burrosi, alle nocciole tostate, dal profumo inebriante, caduti in un mucchio di zucchero a velo. Non potrei desiderare di meglio. Nell’appuntamento con il tè di Natale, la famiglia riunita, la stanza calda ed accogliente, si gustano questi piccoli gioielli. Ed io, ancora una volta, ricordo quella sera fatata, quando ho capito che tutto è possibile, se lo desideri con il cuore.

Auguro a tutti voi un Felice e Sereno Natale!
Con tanta, anche se immaginaria, neve ;)




Palline di neve (dolci)
tratta da Sale & Pepe living, dicembre 2012

per circa 40 -45 palline

Ingredienti:
260 g di farina bianca
65 g di nocciole tostate
225 g di burro
30 g di zucchero a velo + una grande quantità per rivestire i biscotti

Togliere 2 cucchiai di farina dai 260 g e frullarli con le nocciole nel mixer, senza ridurle in poltiglia, ma lasciandole piuttosto grezze. Montare in una ciotola il burro con i 30 g di zucchero a velo, fino ad ottenere una crema soffice e spumosa. Unire la farina restante e per ultime le nocciole tritate.
Avvolgere l’impasto ottenuto formando una palla liscia nella pellicola, farla riposare al fresco per almeno un’ ora.
Trascorso questo tempo, lavorare velocemente l’impasto e formare delle piccole palline di circa 15 g l’una. Allinearle sulle teglie rivestite di carta da forno, distanziandole. Porle al fresco nuovamente per un quarto d’ora, poi infornarle a 160° per 15-20 minuti. Quando la base sarà dorata leggermente, saranno pronti. Toglierli dal forno e lasciare intiepidire appena, poi, tuffare i dolcetti in una terrina con generoso zucchero a velo. Rotolare le palline, fino a rivestire l’intera superficie. Far raffreddare completamente.

Note:
-          Potete conservare i biscotti fino a due settimane in un contenitore a chiusura ermetica, e quindi (anche se siamo in ritardo) regalarli ad amici o fare piccoli pacchettini, per qualsiasi occasione.
-          se desiderate che lo zucchero a velo copra interamente il dolcetto, spennellatelo una volta freddo con burro fuso e poi rotolatelo nello zucchero. Si attaccherà con più facilità, per un effetto ‘mat’ ;)
-          potete mettere ogni biscotto in formine di carta per cioccolatino, come veri dolcetti monoporzione.












Bondì, Bombona a mì! Welcome 2013!

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Così è arrivato anche il 2013. Già.

E’ sempre stato strano questo giorno, per me, uno strano particolare però. Infatti, anche se ogni anno vorrei spezzare quest’abitudine, il primo di gennaio faccio sempre la stessa cosa.
Oltre a mangiare cotechino e lenticchie, a volontà, penso sempre all’anno passato. A cosa ho fatto, cosa ho realizzato, che miglioramenti ho ottenuto. Alle cose che mi hanno cambiato la vita, a quelle che mi hanno fatto crescere. A quelle che mi hanno fatto gioire, a quelle che lo hanno fatto un po’ meno.
E’ un po’ come se cercassi di ripercorrere con la mente ogni singolo giorno, pratica impossibile, è evidente. Ormai ci sono abituata, sembra spontaneo ormai. Perché se il 31 penso solo, o meglio non penso, a divertirmi, mangiar bene con un buon bicchiere di vino accanto, con gli amici e la famiglia, l’1 c’è sempre un leggero tono malinconico in me. L’Anno Nuovo dovrebbe portare felicità, tante aspettative, e un sorriso sul viso. Si dovrebbe sentire nell’aria la sensazione di festa, di allegria. Chissà come mai, per me non è successo sempre in questo modo. Forse non sono nemmeno in grado di spiegarvi il mio stato d’animo. Forse sono io che sbaglio, o forse (probabilmente) sono io troppo riflessiva.

Solo una cosa, effettivamente, mi faceva sorridere in questa giornata, anche quando ero piccolina. La ‘bombona’. (No, non è ‘ostrogoto.’ E’ ladino).
Avrete capito che mi piace parlare e spiegare le mie tradizioni e usanze. La ‘bombona’ è una di queste, una delle più autentiche oserei dire. Una delle mie preferite.
In poche parole, il Primo dell’anno i bambini di ogni famiglia correvano la mattina presto presso la casa della propria madrina e salendo in fretta le scale, aprendo immediatamente la porta urlavano a squarciagola :”Bondì, bombona a mi!” (trad. Buongiorno, la bombona a me!). Il primo che la pronunciava vinceva il premio.

Originariamente la vera ‘Bombona’ nasce come un dolce. Una corona di pasta lievitata, tipo focaccia, semplice, povera. Nella mia lingua questo lievitato viene anche chiamato ‘Bracel’ proprio perché una volta vinto, si portava sotto il braccio, come segno di vittoria. Una pasta soffice, ma allo stesso tempo consistente. Con qualche zuccherino nelle versione nuova, liscia per quella autentica. C’è poco da dire effettivamente. Perché è rustico, ma immensamente buono. Non credo serva aggiungere altro, solo che ha tanto significato. E’ sempre stato il regalo più rilevante per me. Il simbolo di un Anno arrivato, che racchiude tutti i sogni, i propositi, le paure e gli obiettivi da raggiungere. Che mi fa sperare e sorridere.

Se volete rendere felice qualcuno questo è il regalo migliore. Non importa l’età. E’ nettamente l’augurio più bello che chiunque potrebbe desiderare.

Sperando di non avervi annoiato con i miei racconti nostalgici che raccontano della mia Terra, auguro con il cuore a tutti voi uno splendido Nuovo Anno!
ps. come dico io, un anno con la A maiuscola ;)






Bracel (corona di pasta lievitata)

Ingredienti:
per 2 bracei piccoli

500 g di farina bianca, setacciata
40 g di lievito di birra
160 ml di latte, tiepido
100 g di burro, ammorbidito
100 g di zucchero
1 pizzico di sale
1 uovo
la buccia di metà limone

Fare intiepidire la farina in una ciotola in forno a 50° per circa 15 minuti. Al tatto deve essere caldina. Nel frattempo sciogliere il lievito nel latte e preparare il resto degli ingredienti, che non devono essere freddi di frigo. Quando la farina ‘sarà pronta’, toglierla dal forno, e fare un buco a mo’ di fontana al centro della ciotola, aggiungere buona parte del latte, iniziando ad amalgamare, unire poi il burro lavorato a crema, lo zucchero, il sale, l’uovo e la scorzetta del limone. Impastare energicamente e spostarsi poi sulla spianatoia infarinata per ultimare l’impasto a mano. Aggiungere il restante latte tiepido, bisognerà ottenere un impasto piuttosto compatto, e non appiccicoso. Dare forma alla pasta, e lasciare lievitare sulla teglia per circa 2-2 ½ vicino ad una fonte di calore e coprendo con uno strofinaccio pulito (eventualmente anche in forno, a temperatura bassa).
Trascorso questo tempo, cuocere in forno caldo a 180°-200° per20-25 minuti. Quando mancano indicativamente 5 minuti alla fine della cottura spennellare con del latte, affinchè non si secchi.
Dovranno essere dorati ma non troppo e risultare ancora morbidi.
Per conservarli, avvolgerli nella pellicola.

Note:
-potete dare all’impasto la forma di treccia, così da trasformarlo nella semplice treccia dolce. Potete aggiungere gocce di cioccolato, uvette o mandorle, o semplicemente lasciarlo basico. E’ buonissimo comunque.

Galette des rois. Will I be the queen of the day? ;)

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Ed eccoci all’ Epifania, cari miei.  Di già.

Sono passate due settimane e come sempre non me ne sono resa conto. Il relax mi fa quest’effetto. Il tempo passa, non penso a nulla, cerco solo di passare dei bei momenti, di riposare, di godere al meglio queste giornate.
Così è stato effettivamente. Non posso lamentarmi. Tutto è andato liscio, l’anima delle feste come ogni anno è entrata dappertutto e ogni cosa è andata per il verso giusto.
Ogni cosa però inizia e finisce, così funziona. E il momento del termine è sempre un po’ strano, direi. Diciamo che riprendere il mio tran tram non mi elettrizza per nulla, sapendo cosa mi aspetta, preferirei non pensarci, ma è più forte di me.
Il mio motto sarebbe ‘occuparsi e non preoccuparsi’. A volte ci provo con tutta me stessa, ma senza risultato. L’unica cosa da fare è aspettare che queste giornate passino, che la routine riprenda il suo ritmo. Oggi succede un po’ come il primo di gennaio. Ripercorro con la testa tutti i momenti splendidi delle vacanze, e tante persone speciali li hanno resi unici.

Non ho mai fatto caso particolarmente a questa giornata. Da tutti i punti di vista. Più che una ricorrenza, l’ho sempre vista come una giornata senza peso, appunto quella che precedeva, in linea di massima l’inizio del delirio. Non mi sono mai piaciute le catene di sms che iniziano con ‘befana, bafanetta’ ecc. Non ho mai trovato il senso. Da me la befana è arrivata raramente, e la calza sul camino non l’ho nemmeno vista (se ricordate da noi c’è S. Nicolò). Non si è mai festeggiato in maniera speciale. E’ sempre stato un giorno come un altro, e forse è sempre stato un mio errore, reputarlo così.



Un po’ per lo stato d’animo, un po’ per una serie di motivi sconosciuti (a giorni l’adolescenza sembra tornare alla ribalta) sentivo il bisogno di fare qualcosa. Di fare qualcosa di diverso.
E la cucina come sapete è ciò che mi fa sfogare più in assoluto, l’idea non ha impiegato molto a saltellare in giro per la mia testolina confusa.
Galette des rois. Galette des rois. Galette des rois.
Avrete capito quindi di cosa sto parlando no? Di quel dolce francese, tutto sfoglia (in realtà dovrebbe essere pate feuilletée inversée)  e mandorle, che si cucina per tradizione il 6 di gennaio. In breve, si parla di un guscio di pasta sfoglia che racchiude all’interno un ripieno di mandorle, abbastanza tosto. E’ del tutto singolare, perché per usanza, giace dietro a questa particolare torta una consuetudine molto divertente. Questo il gioco: si divide il dolce in tante fette quanti sono i convitati. Il più giovane del gruppo assegna ad ogni persona la sua fetta. Chi addenterà la fetta con all’interno la famosa favé ( una mandorla, una noce, un pupazetto, un fava) sarà il re o la regina della giornata,.  Nel vero senso della parola. Con la corona di cartone al capo verrà ‘servito/a e riverito/a’ dagli altri, ogni suo desiderio verrà esaudito, sarà il/la protagonista della giornata.
Lo trovo simpatico, da morire. Così quest’anno ci proverò anch’io (la mia versione è letteralmente modificata, i veri francesi mi maledirebbero vedendo la pasta sfoglia.Quelle horreur! ).

Sarà perché sento il bisogno di ridere senza pensieri ancora per un po’, sarà che tante mie persone care la Francia la conoscono molto bene, sarà che Parigi continua a rimanermi nel cuore, e so che mi aspetta. Sarà che forse sono proprio io a sentire il bisogno di essere la ‘regina della giornata’,  o meglio di tentare di esserlo.
Non so dirvi se la favè capiterà nella mia fetta, però io ci credo. Non si sa mai ;)


ps. è davvero buono questo dolce. Sicuramente non leggero ma neanche stucchevole. Diverso, ma ci può stare, sicuramente.

ps. n#1 Prometto che questo sarà l’ultimo post dolce, per ora. C’è bisogno di salato, non credete? Ho visto troppi dolci negli ultimi mesi (ok, in realtà per me non sono mai troppi, ma è da ottobre che non si vede del salato da queste parti) E c’è bisogno di ‘dieta’. Più o meno. Vedremo cosa succederà ;)





Galette des rois (dolce dei re)
tratta e modificata  da La Cucina Italiana, Dicembre 2012

Ingredienti:
460 g di pasta sfoglia stesa
120 g di farina di mandorle
90 g di burro morbido
90 g di zucchero semolato
2 uova
1 mandorla (oppure nocciola, noce o fava)
1 pizzico di vaniglia Bourbon in polvere

Amalgamare burro e zucchero e vaniglia in una terrina, mescolando con una frusta energicamente, fino ad ottenere una crema chiara e cremosa. Incorporare poi un uovo, continuare a mescolare. Unire al composto la farina di mandorle. Il ripieno è pronto.
Spalmare la crema al centro di uno dei dischi di sfoglia, lasciando un margine di circa 5 cm dal bordo. nascondere all’interno del ripieno la mandorla o la nocciola o altro a piacere. Spennellare il bordo rimanente con dell’albume d’uovo. Coprire il ripieno con l’altro disco di pasta, premere il bordo affinchè aderisca bene. Ritagliare il bordo con un coltello o un anello tagliapasta. Chiudere ulteriormente il bordo con i rebbi della forchetta. Decorare la superficie con incisioni, griglie o disegno. Spennellare la superficie della torta con il tuorlo sbattuto, con un goccio di acqua. Infornare a 200° per 15 minuti, abbassare poi a 180° e terminare per 10-15 minuti. Controllare che non si cuocia eccessivamente. Servire con accanto una corona, anche di carta.

Note:
-          apparentemente potrebbe sembrare quasi bruciacchiato perché la superficie diventerà scura. In realtà è l’uovo che da questo colore caramello. Fate attenzione a non cuocerlo troppo, ma nemmeno lasciarlo troppo chiaro. Anche se la sfoglia sembra cotta, l’interno potrebbe non esserlo.
-          potete fare con lo stesso procedimento delle mini-galette, ognuna con la sua favé ovviamente. In questo modo tutti diventeranno re e regine. Tutti saranno contenti :)
-          per la corona di carta: ritagliate un sagoma a forma di corona ( con merletti o punte sfalsate) su un cartoncino bianco. Dipingete la forma con oro, in tempera o anche con un pennarello. Se lo trovate, potete usare un cartoncino oro, direttamente. Basterà ricavare la corona e chiuderla con la spillatrice.
-          potete aggiungere al ripieno 1 o 2 cucchiai di rum. Per un sapore ancor più deciso anche qualche goccia di essenza di mandorla.



Depurative smoothie.

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Non vedevo l’ora arrivasse questo momento. Fremevo dalla voglia di tornare, a raccontarvi le mie avventure, le mie ricette, a (spero) trasmettervi qualche emozione con i miei scatti.
In questi giorni mi sono resa conto quanto la tecnologia sia diventata parte della mia passione, e non avrei mai detto potesse succedere. Eppure, devo ricredermi. Stare quattro giorni, forse cinque senza un pc funzionante, senza aver la possibilità nemmeno di scaricare le foto, rimaste nella scheda memoria, in un perenne ‘raw’, è stato più difficile del previsto.

Dopo un week-end milanese, che mi ha fatto vedere le cose in modo diverso, sono tornata al mio solito ritmo, troppo solito. Diciamo che forse la mia assenza non è stata causata dal ‘vecchietto’, che in qualche modo (non chiedetemi come ce la fa) resiste. Il motivo, quello vero, è un altro.  Il tempo, tiranno. Gennaio, non è mai stato un mese felice. Facilmente deducibile il perché.
Solo che quest’anno sembra quasi come se dovessi ricominciare daccapo, tutto si è amplificato. Sì, lo so che è normale. Che non sono la prima, anzi. Però è così, quando ci sei tu dentro, sembra quasi che i consigli e le esperienze degli altri non esistano nemmeno.




Uno smoothie. Un semplice smoothie, e non è uno scherzo. So che questo non sarebbe propriamente il periodo adatto. Solitamente smoothie=estate. In realtà però sono così buoni, e sani soprattutto, che sarebbe un peccato prepararli sono nella Bella Stagione. Dato che c’era estremo bisogno di depurarsi da queste parti (tra le mangiate delle Feste e il resto), ho pensato direttamente a questa soluzione. Ricco, aromatico e corposo. Molta frutta (kiwi, mela, pompelmo, ananas..), a metà tra l’asprino e il dolce. Equilibrio perfetto. L’aggiunta della curcuma, insolita in una bevanda, rende lo smoothie speciale e particolare, ma non esagerato. Giallo e verdino allo stesso tempo, da subito energia e un sorriso sul viso.
E’ quello che ci vuole per i pomeriggi lunghi e faticosi di studio, perfetto per la pausa. Da carica, fa bene ed è buonissimo. Con un goccio di sciroppo d’Agave per i più golosi, liscio per i più puristi.
Vi avevo promesso il salato, lo so. Ci arriverò, presto. Direi che comunque questo è un buon inizio, per iniziare questa ‘finta’ dieta. Più che altro una (sorta di) depurazione ;)

ps. Ho superato di nuovo i limiti. Uff. Forse dovrei impormi dei caratteri massimi?! Mi sa che sono un caso cronico ;) riuscirò prima o poi a scrivere poco?! Chi lo sa ;)


 [(di nuovo) la parentesi delle foto]
Ok. Non c’è molto da dire forse su una mela, o su una bottiglietta. A me piacciono però. Soprattutto lo sfondo. Se vi dicessi cos’è non ci credereste nemmeno . Diciamo che riguarda una bambina, che con un grembiulino rosa e bianco a quadretti ci passava la maggior parte del tempo. Chissà chi sarà queste peste ;) voi che ne pensate?



Smoothie depurativo
tratta da Smoothies, Estérelle Payany, Guido Tommasi Editore

Ingredienti:
2 kiwi
1 pompelmo rosa
1 mela
½ ananas Victoria
alcune fettine di zenzero fresco, sbucciato
2 pizzichi di curcuma
4 cubetti di ghiaccio

Lavare la mela, tagliarla a metà senza sbucciarla. Eliminare il torsolo e i semi, poi tagliarla a pezzi assieme ai kiwi e all’ananas, già sbucciati.
Tagliare anche il pompelmo a metà e prelevarne la polpa con un coltellino direttamente sul bicchiere del frullatore per recuperarne il succo. Una volta terminato, spremere la restante parte fino a ‘svuotare’ il frutto. Aggiungete nel bicchierone il ghiaccio, i pezzi di frutta, lo zenzero e la curcuma. Frullare finchè il composto diventa spumoso, e tutta la frutta sarà sminuzzata completamente. Versare nei bicchieri e servire.

Note:
-          mentre ricavate la polpa del pompelmo fate attenzione a non togliere anche la pellicina bianca del frutto, che rende amara la bevanda.
-          se dopo aver frullato tutti gli ingredienti il composto è troppo denso (la consistenza va a gusti, a me piace bello spesso ;)) potete aggiungere alcuni cubetti di ghiaccio o circa 50 ml d’acqua fredda.
-          se lo smoothie risulta eccessivamente acido potete addolcirlo con dello sciroppo d’Agave o miele liquido.



Topinambur soup with thyme roasted scallops

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Caldo, ho bisogno di caldo. Di tepore.
L’inverno sembra essere arrivato al suo culmine. Tantissima neve ha coperto il paesaggio e finalmente il sole fa capolino, e la bellezza delle natura torna a farmi sognare.
Dopo giornate trascorse in casa, sempre infreddolita e con la crema mani Lush vicina, avvolta in pile, tute da casa extralarge, con una tazza di tè bollente, una montagna di libri, alla ricerca della voglia e della motivazione. Che fatica a farsi (ri-)trovare. Eccomi qui.

Tra nebbia, fiocchi di nevi e maglioni di lana, le mie energie sono esaurite. Guardare fuori dalla finestra non mi ha aiutata, dato che solo la nebbia mi ha fatto compagnia questa settimana. La soluzione smoothie non ha regalato più buoni risultati. I pomeriggi passati senza che me ne accorgessi, lo stare ferma tutto il tempo non ha giovato a tutto questo. Visto che però devo adeguarmi ancora per qualche giorno (facciamo pure qualche settimana, ok, fino a luglio ;)),tenere a bada la voglia di uscire, di fare una bella passeggiata rigenerante, di mollare tutto, di liberare queste testa così pesante e piena di incertezze, di uscire e godermi quello che mi sta attorno, semplicemente, non è stato facile.
Tante proposte nuove che si fanno avanti, l’avvicinarsi di date che in qualche modo mi cambieranno, anche se non so dove andrò e cosa farò. Il fatto di non avere tutto sotto controllo, di non poter prevedere cosa succederà. Di essere immersa in questa moltitudine di dubbi.

E dato che per ora sono più le incertezze delle cose certe nella mia contorta testolina mi rifugio nel conforto di una calda e coccolosa zuppa. Morbida e vellutata. Avvolgente.
Alla base il topinambur, di cui vado pazza, anche se adesso famoso e di tendenza, rimane uno dei mie sapori preferiti nelle creme di verdura. Con la consistenza simile alla patata (anch’esso è un tubero infatti) ha un gusto più deciso e particolare, un sapore del tutto singolare.
Il tema è il light, perché ce n’è davvero bisogno ancora per un po’. Io però non riesco ad accontentarmi, e la zuppa, di qualsiasi genere deve avere il ‘suo tocco’. Ogni coppettina deve avere qualcosa che renda la crema speciale. La capasanta è il ‘gioiello’ che ho scelto questa volta.
Vero, anche questo abbinamento già visto (topinambur-capasanta), ma ci sarà un motivo, dato che è così buono.
La ricetta di oggi è completamente ‘mia’ (o meglio, la crema è la ricetta di casa, le capesante frutto dell’esperienza di una persona cara particolarmente competente ;)). Contrasto di consistenze e sapori. Crema di carattere, pesce più delicato, un aroma di timo pazzesco.

Fidatevi, vi cambierà la giornata. E capirete il potere terapeutico di una zuppa.
Io l’ho fatto, ed è così davvero ;)



Crema di topinambur con capesante al timo
Ingredienti:
per 4 persone

per la crema di verdura:
800 g di topinambur
3 patate medie
850 ml circa di brodo vegetale (salato a piacere)
3 scalogni, pelati e tagliuzzati
3 cucchiai di olio evo

per le capesante:
8 capesante, pulite e senza conchiglia
qualche rametto di timo fresco
olio evo
sale
pepe


Sbucciare i tuberi (topinambur e patate) e tagliarli a pezzettoni. In una casseruola far soffriggere gli scalogni con l’olio evo. Aggiungere le verdure a pezzetti e bagnare con il brodo vegetale fino a coprire abbondantemente. Portare ad ebollizione e far cuocere per 30 minuti circa.
Con il minipimer frullare la zuppa per ottenere una crema. Passarla in un secondo tempo ad un setaccio a trama media. Frullare nuovamente per dare aria alla zuppa, rendendola leggera e spumosa (movimento dall’alto verso il basso con il minipimer).
Cucinare le capesante, poco prima di servire il piatto. In una padella antiaderente molto calda versare due cucchiaio di olio evo e posizionare al centro il pesce. Appoggiarci sopra i rametti di timo per insaporire, salare e pepare leggermente . Cuocere 2 minuti per parte.
Quando il pesce è pronto, servire la crema in coppettine con due capesante per persona in superficie, completare con il timo della cottura.  Servire subito.

Note:
- cuocendo la verdura in pentola pressione, il tempo si dimezza a 15 minuti. Soluzione comoda per     chi va di fretta ma non vuole rinunciare alla buona cucina.

Orange hake with vegetables (waxed paper wrapping)

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Confusa. Così mi sento in questo momento.
Non capisco più cosa succede. Alcuni programmi sono saltati, sono in un vortice di emozioni ed eventi. Non ci sto più con la testa.
La mia indole ‘teniamo tutto sotto controllo’  ormai è sparita. Perché sono così fusa, andata, non presente, che non riesco più nemmeno a pensare. Spengo tutto, stop. Reset, please.


Dovevo fare un sacco di cose. Volevo cucinare, fotografare. Dovevo postare. Aspettavo il momento giusto, per mettere in ordine, la mente e la mia vita.
Non è stato così.
Sono un tipo matematico e un po’ precisino, da sempre. Ultimamente però sto cambiando. Finalmente capisco che ogni esperienza è necessaria, per crescere e maturare. Accetto tutti gli aspetti della mia esistenza. Tristi, stressanti, gioiosi che siano. Questa è la vita. Quella vera, ed è ora che inizi a viverla anche io.

La ricettina (no, non ce la siamo dimenticata! Figurarsi;)). Volevo provare quest'idea da tanto tempo, quel bel wok nuovissimo voleva essere il protagonista. Dovevo provarlo ed ho subito pensato al pesce. Qualcosa di semplice e leggero. Prima di iniziare questo periodo di Carnevale (che si prevede abbastanza goloso ;)), volevo continuare la strada del sano e del light che ho intrapreso dopo le Feste.
In realtà parliamo di un piatto molto elementare. Potrebbe sembrare quasi deprimente ed insignificante. Pesce e verdure al vapore  (che tristezza, direte voi ;)) In verità non è proprio così. Parliamo di un nasello alla arancia (e semi di finocchio), con tante verdurine attorno, tanti aromi e un gusto pazzesco.
Sebbene la cottura sia la più sana in assoluto ( il vapore è sempre un' ottima soluzione;)) non si può definire questo pesce banale. Ha un sapore deciso, gustoso ma allo stesso tempo esalta la bontà della semplicità. La cottura è, a mio avviso, molto curiosa, comoda, divertente e veloce. I cestelli di bambù sono stati un grandissima scoperta. Effettivamente (non mi maledicano i puristi della cucina orientale ;)) sono stata un po’ furbetta;), nel senso che ho utilizzato il wok e i cestelli in una maniera non propriamente esatta. Mi sono informata e non andrebbero cotti i cartocci nei piani dei cestelli. Io però l’ho fatto (molto poco orientale, ok, non c’è niente di etnico in tutto questo;)) e non ho avuto nessun problema, insomma, non è scoppiato nulla:)
Diciamo che come spesso capita per i cibi estremamente sani, sono bellissimi da crudi, un po’ tristini da cotti. Per le foto è successa la stessa cosa. Tanti colori allegri all’inizio, un insieme più melange dopo la cottura e gli scatti ne hanno risentito (infatti fanno pena, ahimè).
Però ormai mi conoscete. Anche se non rispetto sempre le regole del food styling (piuttosto crudino, ma con un aspetto più invitante), cerco di rimediare. Poi in questo caso se non fosse stato cotto come si faceva?! Si sa, il vapore per quanto geniale e buono, non rende nessuna pietanza bella. Più da dieta, se proprio.
Come già detto però, questa volta, dovete darmi fiducia e credere alle mie parole (lo so che lo fate già;)). Il gusto è fantastico, ricco e diverso. Non ci si aspetterebbe un sapore così particolare da un piatto del genere. Io sono stata la prima a rimanere sorpresa!
Credo sia la perfetta soluzione alla questione cibi sani=zero sapore. Ogni tanto ci vuole proprio, appunto in previsione dei prossimi giorni di festa;)
Vi ho convinte/i? ;)


ps. chiedo ancora scusa per la scarsa qualità degli scatti, allo stesso tempo però non potevo non proporre questa ricetta, vale davvero la pena! :)





Nasello all’arancia con verdure al vapore
tratta e modificata da Wok, segreti e cotture- Sale & Pepe collection, Mondadori

Ingredienti:
600 g di filetto di nasello
100 150 g circa di pisellini medi (precotti)
4 cipollotti
4/6 carotine novelle
un cucchiaino di semi di finocchio, pestati
un’arancia non trattata
mezza stecca (oppure una piccola) di cannella
4 cucchiai di vino bianco
olio evo
sale e pepe

Grattugiare la scorza d’arancia e tagliare il nasello a pezzi, lavato e  ben asciugato, mettendoli in una ciotola. Unire al pesce la scorzetta, il vino, 3 cucchiaio di olio, i semi di finocchio, la cannella e una macinata di pepe. Mescolare delicatamente per non sfaldare il pesce, coprire con pellicola e lasciare marinare per un’oretta al fresco.
Pulire nel frattempo le carote, raschiandole e tagliandole a rondelle. Scolare e lavare i pisellini, mondare i cipollotti e tagliare la radice.
Preparare i cartocci di carta da forno, posizionarci le verdure. Irrorare con un filo d’olio e disporre sopra i tocchetti di pesce con parte della loro marinata, salare leggermente.
Chiudere i cartocci , sistemarli nei cestelli di bambù e posizionare i piani nel wok, nel quale avrete già fatto bollire un velo d’acqua che servirà a formare il vapore per la cottura. Se il fondo d’acqua si asciuga, aggiungerne dell’altra, affinché si crei sempre vapore. Cuocere nei cestelli 20-25 minuti.

Note:
-          Potete usare anche il merluzzo al posto del nasello, se preferite un pesce più consistente e meno neutro di sapore.
-          E’ possibile sostituire le verdure di contorno in base alla stagione e ai gusti personali. Vanno benissimo fave o zucchine.
-          Sarebbe preferibile fare in modo che il fondo d’acqua non tocchi direttamente i cestelli ma che li sfiori solamente. Potrebbero rovinarsi o bruciarsi. Se non fosse possibile fare altrimenti, fate attenzione alla base del piano più inferiore.




Lemon potatoes donuts

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Oh sì! L’avevo detto. Questi giorni sono stati golosi.
Tanto, troppo.
Per poco tempo ho interrotto la mia strada sana e leggera (che però riprenderò a breve ;)), ho abbandonato le merende di frutta, gli yogurt e smoothie vari, per godermi la dolcezza del Carnevale. O meglio, le dolcezze del Carnevale.


                                                                                                         
Non ho mai amato particolarmente questa ricorrenza, da un po’ di anni è diventato elusivamente un modo per riposare qualche giorno. Quando ero piccola godevo a pieno queste giornate. Tanti dolci, coriandoli, trucchi e vestitini graziosissimi, sempre diversi. Musica, giochi e risate con gli amichetti di sempre. Era un periodo dell’anno che aspettavo, che ritenevo importante.
Poi come tutte le cose, si cambia. Si cresce. Gli amichetti si perdono di vista. Le feste diventano solo un pretesto per far baldoria, per ammassarsi, per fare come tutti.
No, grazie, non fa per me ( sto diventando sempre più orsetto. Cosa devo farci se mi piace la tranquillità e la pace?! ;)).
Solo una cosa, come potete immaginare, ‘salvo’ del Carnevale. I dolci. Perché sì, quelli sono spaziali. Tra grostoli (noi chiamiamo così le chiacchere), castagnole e grafons (tipo chiacchere con il ripieno di marmellata), il colesterolo (e la dieta di prima) vanno a farsi benedire, completamente. :)
In questi casi io non so proprio resistere. Per quanto sia tenace e decisa, quando devo stare attenta e evitare qualche sfizio, davanti al fritto, fatto come dico io, è davvero difficile stare solo a guardare. Non sono il tipo da abbuffate mostruose, assolutamente. Ma quando è fatto bene, un piccolo dolcino ce lo faccio stare. Datemi una ciambella e dello zucchero a velo e sono al settimo cielo. :)

La ricetta di oggi mi frullava in testa da un po’, dicevo sempre che l’avrei fatta a Carnevale, poi, come spesso succede, non concretizzavo mai l’idea (devo dire che il fritto, seppur buono, non è sempre simpatico. Avete presente l’odore sui capelli, vestiti e negli ambienti?! Ecco, non è che mi faccia impazzire ;)).
Quest’anno però finalmente mi sono decisa.
Frittelle di patate. Proprio loro. Meno laboriose del previsto, semplici e raffinate allo stesso tempo (hanno un tocco vintage, sia alla vista che al gusto;) adorabile!). Aromatizzate al limone, zuccherine e non pesanti (per quanto lo può essere un fritto;)).
Sono povere di base. Patate lesse, zeste di limone, uova, farina e zucchero. Ho mangiato raramente un dolce così buono e non lo dico perché sono di parte. Se ci pensate bene, il trucco sta in pochi passaggi. Materie prime di qualità, un po’ di pazienza e manualità, attenzione alla frittura ed è fatta.
Inoltre vi dirò, grazie alla nuova scoperta che è il wok, friggo senza problemi in maniera perfetta e senza odori conseguenti in cucina. Cosa chiedere di meglio?! ;)

Io ne rubo una, intanto, e vado a godermi il paesaggio innevato dalla finestra. Sì, è coperto e non c’è il sole. Ma la neve, cari miei ha un potere tranquillizzante. Da pace, sempre.



 [La parentesi delle foto]
Questa volta voglio spendere due parole sulle foto. Ne vale la pena,a mio avviso. Lo devo dire, ho voluto prendere spunto dallo stile di Linda Lomelino. Impazzisco per la sua fotografia rustica e sincera, perfetta. La mia, ovviamente, è mille livelli più in basso. Ho ancora tanta strada da fare, però c’è anche da dire che i miei mezzi sono ridotti (aspetto da tenere in considerazione, qui è tutto molto ruspante;)). Non ho ancora capito bene se sono più ferrata con i toni chiari o con quelli scuri. Forse so la risposta. Il mio obiettivo però è quello di raggiungere buoni risultati in entrambi i casi, quindi non demordo.
Io le trovo ben riuscite. Ragionando sempre nei miei target. Pensandoci riprendono anche un pochino Katie. Sì ok, sto fantasticando. Direi che mi fermo qui ;) Sogna ragazza, sogna. ;)




Frittelle di patate al profumo di limone
tratta e modificata da Sale & Pepe, Febbraio 2012

Ingredienti:
450 g di patate vecchie o bianche
2 uova
100 g di farina + quella per la lavorazione
50-70 g di zucchero
1 limone non trattato
olio di arachide per friggere
zucchero a velo
sale

Lavare le patate, sfregandole bene per togliere la terra, trasferirle in una pentola con acqua fredda e lessarle per 30-40 minuti dall’inizio dell’ ebollizione o fino a quando sono cotte. Scolarle e quando sono più tiepide, pelarle, poi schiacciarle con uno schiacciapatate.
Impastare rapidamente con la scorza grattugiata di limone, 1 o 2 cucchiaini di succo di limone, la farina, le uova e lo zucchero.
Lavorare l’impasto ottenuto con della farina (a seconda della consistenza che la pasta ha assunto). Formare dei cordoncini lunghi circa 12 cm dello spessore di circa 1,5 cm e unendo le due estremità, fare le ciambelline, uniformando la forma e accertandosi che siano ben sigillate.
In una padella antiaderente capiente (meglio wok) far scaldare abbondate olio di arachidi, quando è pronto, friggerci le ciambelle fino a quando risultano dorate. Scolarle su carta assorbente o da fritti e servire spolverizzandole di zucchero a velo.

Note:
-          se la pasta, una volta aggiunti tutti gli ingredienti, risulta eccessivamente morbida e difficile da lavorare aggiungere ulteriore farina, fino a quando i cordoncini si formano senza problemi e la forma della ciambella è fissa.
-          In questo dolce, ovviamente, il sapore della patate è presente, deve essere così. Eventualmente si può zuccherare di più. Ricordate però che va aggiunto anche lo zucchero a velo. La quantità comunque va a gusti.



Torretta di tonno scottato, arancia, pompelmo ed erba cipollina

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 Siamo tornati sulla strada del light da queste parti, s’era già detto no? :)
Ormai ci ho preso gusto, dico davvero. A parte che si vedono subito i risultati (no no, la panzetta c’è sempre, se non c’è quella non sono io;)), sto meglio (malanni di stagione esclusi, ma direi che fanno parte del gioco ;)).
Non sono mai stata in realtà maniaca della forma, chi mi conosce lo sa, si vede e io sono felice così (altrimenti, che food blogger sarei, devo godermelo questo piacere della vita;)).

Strano ma vero, oggi non vi parlerò delle mie solite fisse e sensazioni che mi accompagnano in questi giorni. Lamentarsi non serve a nulla. Ho imparato che non è sempre valida la storia del ‘parlane che ti passa’, probabilmente lo faccio troppo spesso. A volte bisogna solo che le cose ti scivolino addosso. Che se ne vadano da sole, pensare meno (eletto nuovo motto/mantra quotidiano ;)).

So già a cosa state pensando: io le cose le faccio un po’ al contrario. Vero. I cibi freschi e leggeri andrebbero cucinati nella Bella Stagione, quando fa caldo, per idratarsi. Per i ‘bibitoni’ idem con patate.
Quest’anno però ho preso questa rotta e visto che mi soddisfa e mi fa star bene, non ho intenzione di cambiare per il momento (per voi però, ho in programma qualche ideuccia, ahimè non propriamente light :D).
In realtà però se ci pensiamo anche in questo periodo bisognerebbe optare per una dieta sana ed equilibrata (bisognerebbe farla sempre, ma per gli amanti come me è praticamente impossibile;)). Il cibo è un buon aiutante nello scudo che bisogna crearsi contro la debolezza fisica e le influenze tipiche di questo periodo. 



Quest’oggi parliamo di pesce e frutta, abbinamento sublime e raffinato, in una chiave diversa. Il tonno (leggermente scottato) tagliato a carpaccio si alterna a fette di arancio e pompelmo. Il tutto è  condito con una salsa al moscato (l’unica parte grassa del piatto. 30 g di burro. Ecchessaràmmai! ;)). Il gusto è particolare, va detto. Il pesce deve essere di ottima qualità, le arance dolci, il pompelmo non eccessivamente aspro (missione impossibile effettivamente;)) ed il piatto è pronto. Pochi ingredienti, gran risultato. Così ci piace.
E’ sano (agrumi=vitamina C, il tonno, si sa è salutarissimo;)) e buono. Per i non amanti del pompelmo consiglio di toglierlo, in particolare nella torretta fresco (nella salsa non da fastidio). Ovviamente l’unica raccomandazione è quella di non proporre questa ricetta a persone non amanti degli agrumi, o persone che non apprezzano il pesce ‘un po’ crudino’, altrimenti sarà un flop totale.

Io direi che è da provare.
La vitamina c ci darà la forze per proseguire e terminare questo periodo zeppo di malanni (ok, con me non ha funzionato, ma con voi sono certa lo farà!) e anche per premiare il nostro organismo, che fidatevi, sarà grato della vostra scelta :) 



Torretta di tonno scottato, arancia, pompelmo ed erba cipollina
tratta da Agrumi-fantasia dolci e salate, Mondadori

Ingredienti:

400 g di filetto di tonno fresco

un pompelmo rosa

un’ arancia non trattata

2 dl di moscato dolce

un mazzetto di erba cipollina

mezzo cucchiaino (oppure uno, se necessario) di amido di mais

30 g di burro

olio evo

sale e pepe



Rosolare il tonno in una padella antiaderente ben oliata per 1-2 minuti per parte, scottandolo velocemente. Farlo raffreddare completamente e lasciarlo riposare in frigorifero per almeno 3 ore coperto con pellicola. Tagliuzzare l’erba cipollina con le forbici e spremere metà pompelmo e metà arancia. Versare il succo degli agrumi in un  pentolino con il vino, il burro, parte dell’erba cipollina (circa metà della dose generale), salare e pepare. Cuocere a fuoco dolce per circa 15-20 minuti, fino a quando il liquido si è ridotto della metà. Diluire l’amido di mais con un cucchiaio di acqua fredda e aggiungerlo alla salsa, facendola addensare. Pelare a vivo il pompelmo e l’arancia rimasti. Affettarli finemente e tagliare il tonno a fette molto sottili. Disporre sul piatto il pesce alternandolo con fettine di agrumi. Irrorare la torretta con abbondante salsa, decorare con erba cipollina e servire.



Note:

-          prestare attenzione alla cottura del pesce. Deve essere veloce e breve, come sappiamo il tonno non va cotto molto, in questo caso deve essere praticamente crudo e solamente cotto esteriormente.

-          come già detto, per i non amanti dell’aspro, è possibile togliere il pompelmo dalla torretta, il mio consiglio è quello di aggiungerlo solamente nella salsa.

Almonds flour and yogurt waffles (gluten-free)

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Martina C. Presente.
Eccomi di nuovo qui, pronta (più o meno) per riprendere il ritmo di Me and food. In una settimana sono cambiate molte cose. Avete presente quando in un periodo breve di tempo succede un evento dietro l’altro e non ci si rende conto dei minuti che passano?!
Quando ci si sente leggeri, spensierati, felici. Quando si è stufi di veder solo il nero delle cose. Quando mille progetti invadono i pensieri, quando inizi ad aver voglia d’estate, di viaggi. Quando continui a canticchiare la solita canzone. Quando credi in te stessa, perché sai che le cose tu le puoi fare, lo hai visto con i tuoi occhi.

Avete capito bene quindi. Periodo positivo. Era passato del tempo, ormai non mi ricordavo nemmeno più cosa volesse dire stare bene e non pensare, ma vivere (forse anche voi ve ne sarete accorti che il tono in questo post è completamente cambiato ;)).
Tante porte si sono aperte ed è incredibile. A volte proprio nel momento meno aspettato le buone notizie si susseguono di continuo. Proprio in quel momento in cui credevi che le cose potessero andare meglio, ecco che ti si presentano le occasioni. Addirittura inizialmente sembra impossibile gestire tutto, proposte e impegni di ‘lavoro’ (sapete di cosa parlo) :) Però si sa com’è, quando si parte non ci si fermerebbe più. A questo punto non serve più sapere se sono o meno certezze, già il fatto che si siano presentate ti rincuora. Poi se diventeranno concrete sarà meglio. Intanto però ci sono.

Passando alla ricetta, che forse attirerà maggiormente la vostra attenzione, parliamo di una preparazione molto interessante. L’ho scelta intenzionalmente, perché era da tanto che volevo inaugurare questo genere di post. Arriverò subito al sodo. Sapete quanto adori i dolci, in qualsiasi situazione. Ecco, oggi però (e sarà la prima di una lunga serie) ho voluto pensare a tutti. O meglio, a molti. Questi bellissimi waffles sono senza glutine.
E’ un argomento molto delicato, non basterebbe nominarlo velocemente in un solo post. Infatti a riguardo, purtroppo c’è molta ignoranza e molte persone non sanno bene di cosa si tratti, e soprattutto non hanno la minima idea di come agire se si parla di cucina per ‘tutti’.
Per ora mi limito semplicemente a far avvicinare ognuno di voi a questo tema e sensibilizzarvi. Lo riprenderemo ancora, avremo tutto il tempo per confrontarci e parlare a proposito.
Iniziamo così da una ricetta facile e composta da ingredienti reperibili, anzi, che siamo abituati ad utilizzare sempre direi. Farina di mandorle fatta in casa (oppure acquistata, di una marca nominata nel Prontuario del Aic, mi raccomando!!), yogurt e una banana matura.
Sono la soluzione per una colazione o un brunch, tutti insieme. Sono allo stesso tempo un dolce, un po’ rustico (a me quelli finti non piacciono proprio) che si può accompagnare a sciroppo d’acero, o più semplicemente miele.
Io, anche se conosco questo mondo da molto e cucino spesso senza glutine, ho trovato questa ricetta perfetta e di elementare preparazione. E’ il punto giusto da cui partire per scoprire questa parte della cucina. Interessante, divertente, attenta.
Io direi che come inizio ci siamo, poi pian piano evolveremo il discorso.
Perché ricordo, fa bene a tutti, nessuno escluso :)


Waffles con farina di mandorle e yogurt (senza glutine)
tratta e leggermente modificata da Roost-A simple life

Ingredienti:
400 g di farina di mandorle *
1 pizzico di sale
½ cucchiaino di lievito per dolci *
1 ½ cucchiai di cannella in polvere
½ cucchiaino di noce moscata in polvere
4 uova
1 ½ cucchiai di miele
120 g di yogurt bianco al naturale
1 banana molto matura, schiacciata con una forchetta

*ingredienti da verificare nel Prontuario AIC

In una terrina mescolare tutti gli ingredienti secchi (farina di mandorle, sale, le spezie, il lievito) e  dolcificare con il miele. Aggiungere poi le uova, lo yogurt, mescolando ed infine la banana schiacciata. Incorporare bene tutti gli ingredienti per ottenere una pastella densa e corposa.
Cuocere i waffles nell’apposita piastra, leggermente imburrata, ponendo nella cialda un mestolo colmo di impasto e facendolo cuocere per circa 2 minuti.
Servire con miele, sciroppo d’acero, zucchero a velo (controllare il Prontuario) a piacere.

IMPORTANTE: la cottura del dolce varia da piastra a piastra, il valore della cottura nella ricetta è convenzionale, ma prestate attenzione al vostro attrezzo!

Note:

-          potete dolcificare il dolce con miele, come nella preparazione, ma anche sciroppo d’agave. La quantità è molto personale, nella ricetta il gusto non è eccessivamente dolce. Io l’ho apprezzato così (tenete in considerazione il ‘condimento’ che dopo va servito con i waffles) ma si può aumentare la dose.
-          le  misure che trovate nel testo sono il risultato della conversione in grammi da cups. Non è stato facile trasformare le dosi perfettamente, in realtà però parliamo di un errore di 10 g massimo, quindi sappiate gestirvi in base alla consistenza dell’impasto.
-          *parlando di dolci senza glutine è essenziale controllare ed informarsi sui prodotti utilizzati nella preparazione. Per aiutarvi, vi indico ciò che potrebbe non essere permesso nella dieta priva di glutine: farina di mandorle (io l’ho fatta a casa, tritando finemente le mandorle intere, mantenendo una forma grezza), zucchero a velo e lievito per dolci. Munitevi di Prontuario AIC, oppure fatevi aiutare da un amica/amico che hanno esperienza nell’ambito.

It’s a Guinness one.

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Aspettavo questo momento da un po’. Lo avevo architettato, sapete che io le cose non le faccio quasi mai a caso, anzi diciamo pure mai ;).
Ho la tendenza ad organizzare un po’ tutto, anche questo lo ho detto più volte, ma è come se a volte sentissi la necessità di farlo, per avere o almeno provare ad aver il controllo.
Poi le cose vengono meglio, in alcuni casi è proprio così.

A volte non si sa come sarà il risultato. Può essere un successo, come un flop. Non si può prevedere, e a volte le aspettative non verranno superate o eguagliate. Io comunque come tattica, la utilizzo spesso e la applico a tante cose. Fidatevi, essere organizzati (non per forza metodici) porta buone cose, spesso.





Guinness. Sì parliamo proprio di guinness. Della vita, del ‘lavoro’, di me. Nel post precedente vi avevo già accennato di piccole soddisfazioni che ,alla fine, stanno prendendo forma. Volevo festeggiare queste decisioni/ occasioni con qualcosa di speciale, appunto da sfornare nel momento giusto.
Io sono famosa per questo. Tengo nascosti alcuni particolari, più o meno rilevanti, poi quando è il tempo adatto, quando sento che è il momento, ecco che li scopro. Creo sorpresa, sconvolgo, incuriosisco. E’ un’arma che è mia, che ho saputo conoscere crescendo. Che fino a poco tempo fa chiamavo ‘comunemente’ riservatezza e timidezza. Ormai però io l’ho capito. E’ solo tattica, rifletteteci è così.
Così ecco la mia sorpresa di oggi. O meglio, non lo è propriamente. Chi ‘smanetta’ in questo mondo non può non conoscere questo dolce. Guinness chocolate cake. Il sogno di ogni blogger. O almeno il mio lo era di sicuro.
 So che mi accontento di poco, penserete voi. Per prima cosa però, da queste parti i prodotti reperibili sono ben pochi. Quindi, non dico che la birra sia arrivata direttamente dall’Irlanda, ma poco ci manca. Diciamo che devo sempre scomodare qualcuno, che abita in città, che mi faccia il meraviglioso piacere di diventare il mio personale corriere. Alla ricerca di più o meno pazzi ingredienti. Proprio per questo probabilmente ci sono ricette che hanno valore per me. Anche il loro sapore, è differente. Sa di pazienza e clemenza.
Ecco che a questo punto arriva il secondo punto. Quanto siano speciali, come se volessi regalare loro un significato particolare.
Così, un po’ per celebrare e allo stesso tempo per provare ecco che vi propongo la torta più eccezionale che io abbia mai assaggiato. Come ho già detto non è necessario descriverla con tante parole (in qualunque caso per chi non lo sapesse, è un torta tipica dell’Irlanda caratterizzata dalla presenza della birra scura nell’impasto, così aromatica, che da al dolce un tocco indescrivibile, in unione con il gusto del cacao. Le cheese cream poi, non parliamone ;)).
Una cosa però ci tengo a sottolinearla. La ricetta è di Katie, il guru-la maestra-il sogno (irlandese di nascita, tra parentesi). Ho sempre provato molta ammirazione per il suo lavoro, e rispetto. Quasi troppo, non avevo il coraggio di testare le sue preparazioni, men che meno fotografarle. E’ come se provassi un sentimento di inferiorità, come se tra me e me dicessi, ma chi sei tu per diventare (provare a farlo) come lei. Poi, finalmente ho deciso di non pensarci troppo su, che non sarebbe morto nessuno, che a lei non sarebbe cambiato niente. Addirittura non ho tentato perfino di cambiare o rivoltare la ricetta. No. L’ho fatta, così com’era la sua. Con qualche modifica italianizzante, ma niente di incisivo. Perché dopotutto, non c’è proprio nulla di male. Finalmente l’ho capito anch’io. Mi ha portato fortuna tra l’altro (cfr. le foto. Direi che stiamo migliorando signorina, ne vado letteralmente pazza!).
E’ davvero speciale, non avrei creduto potessi completamente innamorarmene. Tra pochi giorni (il 17) sarà San Patrizio, il patrono dell’ Irlanda, quindi perché non cucinare questo orgoglio irlandese in questa occasione, come da tradizione?!



Ah a proposito: questa Guinness c.c è speciale per un altro motivo, tra le altre cose. E’ la torta che rappresenta una persona davvero importante, che nella mia vita, fa la differenza.
Auguri Mum :) !


Guinness chocolate cake (torta al cioccolato e birra Guinness)

Ingredienti:
per la base di torta:

250 g di burro, tagliato a tochhetti
250 ml Guinness
75 g cacao di qualità
275 g farina, setacciata
2 cucchiaini di bicarbonato di sodio
400 g di zucchero
2 uova, medie
150 ml di panna
1 cucchiaino di vaniglia Bourbon in polvere (o estratto di vaniglia)

Per la base della torta:
  1. in una casseruola far sciogliere il burro con il cacao e la birra Guinness. Scaldare a fiamma media e mescolare fino a che il burro si è completamente sciolto. Mettere da parte e lasciar riposare dai 5 ai 10 minuti, affinchè si raffreddi leggermente.
  2. Nella ciotola della planetaria (o altro mixer) aggiungere farina, bicarbonato e zucchero e mescolare gli elementi secchi, compresa la vaniglia se usate quella in polvere. Versare all’interno il liquido di burro-cacao-birra e incorporare tutti gli ingredienti. Aggiungere infine le uova, continuando a sbattere il composto, e per ultima la panna. Continuare a combinare il tutto. L’impasto deve essere spesso e color cioccolato scuro.
  3. Spostare l’impasto in uno stampo dai bordi alti e con i lati lisci, ben imburrato. Infornare per 1 e 15 min. /30 min. a 180°.
  4. Dopo aver testato la cottura con lo stecco, lasciar raffreddare completamente il dolce nel suo stampo prima di sformarlo e posizionarlo su una gratella per dolci.

Per il frosting:

200 g di formaggio spalmabile (io Robiola, è più neutra di sapore)
150 g di zucchero a velo
150 ml di panna, montata

  1. Mettere il formaggio nella ciotola del mixer e sbattere a velocità media con la frusta. Continuare fino a che il formaggio è morbido e cremoso, possibilmente senza grumi.
  2. Gradualmente aggiungere, a cucchiaiate, lo zucchero a velo, continuando a sbattere delicatamente con le fruste. Quando gli ingredienti saranno incorporati e il composto sarà privo di grumi potrete togliere la ciotola dal mixer e aggiungere la panna montata, mescolando con delicatezza (dal basso verso l’alto).
Il frosting deve essere denso, non eccessivamente compatto. Se risultasse al contrario liquido aggiungere altra panna.

Comporre infine la torta spalmando sulla superficie della base il frosting, senza uscire dal perimetro della circonferenza, senza farlo cadere sui lati.


Note:
-gli ingredienti devono essere tassativamente a temperatura ambiente, in particolare birra e uova. E’ buona abitudine compiere ciò per ogni genere di dolce.
-la ricetta originale del frosting prevedeva l’utilizzo di 300 g di formaggio. Ho preferito diminuire la dose a 200 ed equilibrare con la panna. In questo modo anche il gusto è più delicato, oltre che prediligevo la consistenza. Voi potete seguire i vostri gusti, ovviamente.
- la torta deve risultare umida, a mo’ di tenerina (doppiamente alta e spugnosa). Controllate con attenzione la cottura che può ingannarvi. Deve comunque formarsi una crosticina, grazie alla prova stecco capirete quando è pronta. Non è un dolce particolarmente delicato, quindi non preoccupatevi se la superficie si scurisce prima, non è assolutamente bruciato.



Cookies that seem brownies with peanut butter

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Bene. Adesso basta, stop, fermi tutti. Torniamo alla vita di sempre, quella a cui sono sempre stata abituata, quella normale, quella della ragazza timida e riservata, quella che fino a poco tempo fa arrossiva quando si parlava di lei, che ora è cambiata. In meglio.


Devo riavvolgere il nastro, vedere cosa ha priorità e ciò che invece, anche se a malincuore, devo momentaneamente lasciare da parte. Devo capire se i progetti per il futuro sono davvero quello a cui sono predisposta, oppure se è solo questione di tendenza, un ruolo che la società ti impone (sì, come la maschera di Pirandello). Le decisioni sono tante, i sogni sempre di più. E’ come se ormai avessi preso la strada, e non riuscissi più a tornare indietro, come lo avrei fatto secondo il ‘vecchio ordine’. Mi appassiona sempre più il pensare, il provare a capire. Il perdere la mente (ed energia ;)) in ragionamenti complessi e affascinanti. Tre persone stanno facendomi compagnia nei miei lunghi pensieri: Nietzsche, Pirandello e Severgnini. Rispettivamente sul mondo, sul rapporto tra me persona-società, su come affrontare questo pessimismo giovanile e il mio tempo. Sarà che forse sto cercando risposta a domande non scontate. E’ un contrasto: da una parte mi stanca, dall’altra mi completa.


 Abbandoniamo ora la mia rude anima poetica/filosofica (ogni tanto fermatemi, vi prego, vedete quali sono i risultati altrimenti?! ;)) e passiamo alla ricetta. Ultimamente potrei quasi aprire una rubrica dei ‘visti e rivisti’. Anche oggi, parliamo di un dolce (sto di nuovo cadendo nel vortice del glucosio, è più forte di me;)). I protagonisti sono degli scones/cookies che hanno il sapore di brownies, ma che rimangono biscotti a metà tra il croccante (dell’esterno) e il morbido (dell’interno). Nocciole a pezzettoni (bisogna ‘sentirle sotto i denti’) e zucchero di canna grezzo ( che da quel tocco di caramello).  Il tocco super-americano è il burro d’arachide. La rovina finale, l’ultima tappa prima della distruzione totale :) Scherzi a parte, è davvero singolare il contrasto creato dal biscotto e il velo di burro d’arachidi. Avete presente quel dolce-salato super perfetto, che non stona ma che rende unico il sapore complessivo?!
Non c’è molto altro da dire a proposito, sono dei biscotti passpartout, che piacciono tutto l’anno. Diciamo che forse ci riusciremo prima o poi ad abbandonare i gusti più decisi e calorici dell’inverno (anche se la neve non aiuta questo processo ;))!

Ho voglia di primavera, di fresco e di colori. Ho già tante idee in testa, sono tante le foto che voglio fare. E’ ora di respirare aria di pic-nic e di prati verdi, di fiori variopinti e di rugiada. Spring desire.

ps. che ne pensate delle foto? a me non convincono molto. E' da tanto che non si parla di scatti da queste parti. Su, ditemi la vostra opinione ;)




Brownie cookies/scones con burro d’arachidi
tratta e largamente modificata da 50 BEST, Scones et Shortbreads, Hachette Cuisine

Ingredienti:

300 g di farina bianca, setacciata
150 g di zucchero di canna grezzo (tipo Muscovado)
80 g di burro, ammorbidito
60 ml di latte, a temperatura ambiente
1 uovo, a temperatura ambiente
1 bustina (scarsa) di lievito per dolci bio
1 pizzico di sale
120 g di cioccolato fondente
100 g di nocciole, tritate grossolanamente
burro d'arachide per servire


Scaldare il forno a 180°. In una ciotola mescolare gli ingredienti secchi (farina, zucchero, lievito e sale). Aggiungere il burro a tocchetti e impastare velocemente. Sciogliere il cioccolato a bagno maria, nel frattempo sbattere in un’ altra ciotola l’uovo con il latte. Quando il cioccolato sarà pronto aggiungerlo al liquido uovo-latte e mescolare con forza per sciogliere gli eventuali grumi e ottenere una consistenza perfettamente liscia. Aggiungere questa preparazione agli ingredienti secchi e amalgamare il tutto, impastando, fino ad ottenere un impasto omogeneo ma non eccessivamente compatto. Unire, per ultime, le nocciole ed impastare ancora.
A questo punto, su un piano da lavoro ben infarinato, stendere la pasta con uno spessore di circa 1 cm. Ricavare con la formina o il coppa pasta i biscottoni e poggiarli su teglie da forno ricoperte di carta oleata. Infornare e cuocere per 15/20 minuti massimo.
Servire con semplice zucchero a velo o un velo di burro d’arachide.


Note:
-          la cottura dei biscotti deve essere ‘tempestiva’. Io credo che 15 minuti siano sufficienti. Il risultato deve essere croccante all’esterno (ecco perché biscotto) e morbido ma non umido dentro (come dovrebbe essere il brownie). Per intenderci, all’interno non deve essere secco ma nemmeno spugnoso come, per esempio, una Tenerina.
-          ricordo l’uso dello zucchero di canna grezzo (reperibile nei negozi bio o nei negozi eco-solidali). Fa la differenza e soprattutto non deve essere confuso con quello di canna normale (che in realtà così di canna poi non è).

Hot Cross Buns (Trish)

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Avevo chiuso lo scorso post con questo desiderio. Il desiderio di primavera. Giusto.
Beh diciamo che più che un desiderio sembra un sogno utopico, ormai. La neve scende ancora come fosse febbraio, i prati più che verdeggiare si ingrigiscono (o biancheggiano) sempre più. I miei pic-nic domenicali sembrano ancora lontani ( e quello di Pasquetta è meglio che lo dimentichi, perché, non so se mi capite, ma pranzare in prati ancora parzialmente innevati non credo sia la soluzione perfetta) ;)



Dunque, dato che sembra che l’inverno non ci voglia ancora abbandonare per il momento, anche in cucina ( con la cucina economica accesa e i calzettoni di lana natalizi ai piedi ;)) i sapori rimangono più coccolosi e calorici. Preparo dolci (come se non ce ne fossero già abbastanza)  a tema pasquale, anche in vista dei preparativi per domenica, con una buona tazza di tè caldo, aspetto paziente che le delizie escano dal forno. Oggi vi presento un dolce (prometto, l’ultimo di questa lunga serie) tipico della tradizione pasquale anglosassone, dai sapori ancora prettamente invernali. Sto parlando degli HOT CROSS BUNS. Sicuramente molti di voi li conosceranno già, in diverse versioni magari. In breve, sono dei panetti dolci lievitati (tipo la focaccia dolce del nord) arricchiti dal sapore delle spezie (cannella, chiodi di garofano…), dall’aroma delle zeste di limone ed arancia e qualche manciata di uvetta. Semplici in realtà. Ma perché allora, questo nome così particolare? 
Le origini del loro significato sono molte. Vi faccio da subito notare la croce (nel mio caso non particolarmente evidente, per scelta;)). Essa ha un rimando prettamente religioso. Infatti questi dolcetti vengono preparati solitamente nel Venerdì Santo, rappresentando di conseguenza la crocifissione di Cristo. In realtà si dice che la loro nascita sia collegata alla dea sassone Ostre ( da qui Easter, in inglese, Pasqua) e che i quarti simboleggino le quattro fasi lunari. Inoltre la leggenda narra che se i Buns vengono cucinati in questo giorno (appunto Venerdì Santo), essi si mantengono senza ammuffire, appesi in cucina, fino all’anno seguente e hanno la funzione di proteggere dal fuoco.
Dopo questa carrellata di storia e nozioni (credo sia importante conoscere le origini dei piatti;)), parliamo ancora un po’ della ‘mia’ versione. Questa volta, mi sono affidata a Trish (Deseine), una delle mie food writer preferite. La preparazione è davvero semplice, ma il risultato è celestiale. Sarà che io adoro i lievitati dolci, ma questi fidatevi vi sorprenderanno. Molto aromatico, soffice (non troppo, a me piace un po’ gnucco) e perfetto per le colazioni di questi giorni di pausa. Buonissimi appena sfornati, ma non eccessivamente delicati; infatti, si mantengono per qualche giorno (avvolti da pellicola), perdendo, ovviamente , di poca sofficità. Questo però non è assolutamente un problema, perché, vi dirò, secondo me sono moltopiù buoni ‘riposati’, tostati (croccanti fuori e morbidi dentro), con un velo di burro e un bel cucchiaio di marmellata casalinga. Lo dico sul serio :)


Forza, siete ancora in tempo! Preparateli per il giorno di Pasqua (o per Pasquetta) e renderete la colazione (o la merenda) speciale. Ora che ci penso si potrebbero pure confezionare a mo’ di cadeaux per i parenti e amici. Che ne dite? ;)

Sfrutto l’occasione per augurarvi BUONA PASQUA, sperando di tornare portandovi un’aria di vera primavera :)

ps. parlando di foto, non scandalizzatevi ;) siamo in fase di esperimento, di elaborazione. Sto provando a vedere se riesco a rendere l’idea del fienile del Tennessee. Sì, tranquilli, ragionamenti miei :) dite pure cosa pensate :)






Hot cross buns (Trish Deseine)
(+ mie modifiche ;))

Ingredienti:

per la pasta dei buns:
450 g di farina per il pane (io Manitoba)
2 cucchiai di cannella macinata
1 cucchiaio di chiodi di garofano macinati
7 g di lievito secco (oppure 25 g di lievito di birra fresco)
50 g circa di uvetta
la scorza grattugiata di un’arancia e due limone
110 g di zucchero
50 g di burro
1 pizzico di vaniglia Bourbon in polvere
250 ml di latte
1 uovo sbattuto

per la pasta della superficie:
80 g di farina
2 cucchiai di zucchero
80-100 ml di acqua

per la glassa:
2 cucchiai di zucchero di canna grezzo
3 cucchiai di latte
un cucchiaio di confettura

Setacciare la farina in una ciotola, aggiungere un pizzico di sale, le spezie e unire il lievito ( se secco), le scorze degli agrumi e lo zucchero. In una casseruola versare il latte, il burro, la vaniglia e fate intiepidire (aggiungete a questo punto il lievito se usate quello fresco). Aggiungere l’uovo sbattuto, poi versare i liquidi negli ingredienti secchi. Mescolare con un cucchiaio di legno ed iniziare ad impastare con le mani su un piano da lavoro infarinato fino a che l’impasto diventa liscio ed elastico.  Dividere la pasta in 12 palline, coprirle con un canovaccio (possibilmente umido) e lasciare riposare in un angolo caldo della cucina per almeno 1 ora e mezza, se sono due è meglio. Re - impastare ogni pallina e posizionarle sulla placca da forno (rivestita di carta oleata). Incidere una croce su ogni dolce e mettere da parte. Nel frattempo preparare la pasta per la superficie, mescolando la farina e lo zucchero con l’acqua. Con un cucchiaino ( o un sac à poche se vogliamo essere precisi) disegnare delle croci sulle pagnottine. Infornare a 180° per i primi 10 minuti e preparare nel contempo la glassa scaldando leggermente in un pentolino il latte, lo zucchero e la confettura. Dopo togliere dal forno, e glassare la parte intorno alla croce, infornare nuovamente , abbassando la temperatura e cuocere per altri 15-20 minuti, finchè non sono dorati.

Note:
-          la pasta per la superficie risulta abbastanza liquida. Per scelta, io apprezzo che le due paste si uniscano, quindi siano un tutt’uno. Se invece volete (come la tradizione vorrebbe) che lo stacco sia più evidente (intendo la classica linea bianca bianca) aggiungete meno acqua al composto, cosicché diventi più denso.
-          per la glassa, potete usare anche la classica copertura uovo-latte. Sbattete il rosso d’uovo con un goccio di latte e spennellate nello stesso modo, come prevede la ricetta.




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