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About Autumn, tea and an event.

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Ho voglia di parlare di autunno oggi. Quella stagione calma, pigra, elegante e profonda. Una passeggiata nei boschi umidi e tinteggiati di mille colori, con un immenso silenzio, un cestino in mano e la speranza di trovare qualche castagna o qualche mela selvatica lungo il tragitto. Sono occasioni perfette per trascorre una felice e spensierata domenica in compagnia, oppure, semplicemente, il modo per scappare dal quotidiano e rifugiarsi tra gli alberi e le casette di legno. Per trovare qualcosa di magico e di segreto. Per liberare l’immaginazione.




Quella stagione che ti sorprende, per le meravigliose giornate di sole  che ti concedono gli ultimi e fugaci pic-nic in distese bagnate, ma che ti stupisce per le precoci nevicate che coprono il paesaggio, a volte ancora impreparato a vestirsi di bianco. 




 
Sciarpa, berretto e cappotto, immancabili scarpe calde. I primi freddi. Una tazza di tè. Il piacere che provi nel berlo, fuori, all’aria aperta. Perché non vuoi perderti lo spettacolo che la natura ti sta regalando, perché anche se è freddo, non resisti davanti ad alcuni momenti.

E forse è proprio così che anche un tè, diventa speciale. Ne gusti l’aroma, ne annusi il profumo, con le mani che abbracciano la tazza. Ti senti bene. Felice, leggera. 





Una tazza di tè, con una persona speciale. Le chiacchiere che a volte mancano così tanto. Perché solo con alcune precise persone hanno senso, hanno vita.



Lo so. Sono un’inguaribile amante di tutto ciò che posso definire poetico. Di immagini poetiche. Di momenti poetici. Di Poesia. E so anche che non a molti due passi nel bosco sono indifferenti. Che un pometo carico di piccoli frutti rossi può non affascinare. Che un riccio di castagna caduto sul sentiero è solo un piccolo intralcio. Per me, non è così. Fin da piccola mi faccio rapire da queste piccole cose. Così semplici, eppure a volte così indimenticabili.



Così, vi lascio qualche scatto, di una giornata poetica d’autunno tipo. Con una persona speciale, le castagne, i ricci e le mele. L’immancabile tazza di tè.








Oh. Stavo per scordarmi. Dato che s’è parlato di tè, di buon tè, non posso dimenticare di raccontarvi del famoso progetto-evento a cui parteciperò, che ha tra le altre cose aperto le iscrizioni ufficialmente mercoledì scorso. I LOV MINI CAKES, il nuovo evento organizzato da Bianco (se vi siete persi l’introduzione degli scorsi post vi rimando qui) in collaborazione con me, Me and food, ed il Grand Hotel Trento. Qui, Giulia ha descritto benissimo il contenuto e l’evento in generale, in un delizioso e curato post, con tutti i particolari e i dettagli riguardanti il progetto. Io comunque ci tenevo a descriverlo anche sul blog, così, come se facessimo due chiacchiere senza pensieri. Sabato 19, alle ore 16.30 presso il Grand Hotel Trento si terrà il primo incontro dei due laboratori di cucina che abbiamo organizzato, questo primo denominato I Lov mini cakes. Sarà un delizioso pomeriggio che trascorreremo in compagnia, tra la preparazione di un delizioso dolce sotto la mia supervisione (ho creato appositamente la ricetta ed il tè è protagonista), tante risate e la degustazione dei meravigliosi tè Lov Organic. Sono moltissime le sorprese che caratterizzano l’evento (se leggerete il post di Giulia, troverete tutto specificato) e vi invito davvero ad andare a curiosare. Ne vale la pena.


È stato frutto di molti mesi di lavoro/preparazione. È stato un lavoro di squadra, che ha visto tutte e tre le parti unite e disponibili per impegnarsi al massimo nel progetto e per regalare ai partecipanti un’esperienza unica. Siamo orgogliosi e emozionati nel poter affermare che finalmente tutto ciò prenderà forma. Noi vi aspettiamo, per condividere un sabato pomeriggio diverso e particolare, in compagnia. Con tanti sorrisi e qualche delizioso dolcetto :)



ps. per tutte le informazioni visitate, come detto, il blog di Giulia. Affrettatevi se siete interessati ad iscrivervi: i posti sono limitati :) Per il secondo incontro, a breve, ci saranno aggiornamenti e vi spiegheremo con precisione cosa vi aspetterà.







Ora scappo. Torno, non prestissimo, ma torno. Croce sul cuore <3



In love with Fall :)

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Sono tornata, come promesso.

Di corsa, di fretta. Ultimamente sono mille le cose da fare, seguire, completare. Fatico a starci dietro, non lo nascondo. A momenti (quei pochi momenti) in cui riesco a fermarmi, chiudere gli occhi e pensare, devo dirlo, mi tornano in mente i bei momenti spensierati dell’estate, quella senza peso, senza pretese. Libera e selvaggia.




Sono felice adesso, sto bene. Anche se, ovvio è che tutto è diverso. Ho ripreso il ritmo, gli impegni, sto scoprendo un nuovo mondo, che mi sta altrettanto piacendo certo, ma ogni tanto uno sguardo a quella Me di qualche mese fa ce lo faccio. Perché a volte, non ci posso far nulla, mi manca proprio. La ricordo con piacere, non con nostalgia. Con un sorriso sul viso. Pronta, quando sarà il momento, a riaccoglierla.



Oggi come l’altra volta, voglio ancora parlare di autunno. Questa stagione mi sorprende ogni giorno di più. Tra le foglie secche lungo i viali, larici ingialliti e cieli limpidi, mi perdo e mi rifugio nelle sue meraviglie. Ogni attimo, ogni ora, mi sembra preziosa, irripetibile e immensamente affascinante. E anche se di solito fisicamente il cambio di stagione affatica, io sono piena di energie, desiderosa di fare e di non perdere un solo momento. Penso a viaggi e a posti lontani, penso a nuove idee e ricette, a proposte per il week-end e all’immancabile Törggelen di famiglia.





La cucina è invasa da castagne, cachi, zucche e mele e poi, come dimenticarla, c’è l’uva nera. Quella così suntuosa ed elegante, dal colore indaco e di una dolcezza unica. A casa mia ogni autunno ne abbiamo cassette colme, che provengono da tenute di amici di famiglia. In realtà ho sempre desiderato “visitare” nel vero senso della parola i vigneti, perdermi tra le distese, cogliere i grappoli, trascorre lunghi pomeriggi assolati, con mosto fatto in casa e castagne al forno in compagnia di amici, per vivere il vero autunno.

Più volte sono stata ospite in tenute agricole tra vigneti e meleti, per qualche merenda autunnale o semplicemente per ritirare qualche dono di conoscenti. Non ho però mai avuto modo di vivere attivamente la campagna, di immortalarla e di conoscerla meglio. In prima persona.

E dato che nell’ultimo periodo non mancano come dicevo proposte per trascorre qualche giornata diversa dal solito, inoltre, avendone estremo bisogno, ho già qualche idea in mente. Vedremo. E forse, vi racconterò anche di questo un giorno :)



 Nel frattempo, vi lascio oggi una ricetta pazzesca che molti conosceranno, l’ode all’uva nera per eccellenza: la schiacciata all’uva. Ricetta toscana, rustica e autentica, una focaccia dolce, dal gusto grezzo e contadino. Io non ho seguito la versione originale, il mio risultato è una focaccia un po’ più alta e zuccherina, leggermente diversa dalla tradizione. Il concetto però rimane lo stesso, una base di focaccia abbastanza neutra condita con gli acini dell’uva, olio evo e zucchero di canna. Non c’è molto da aggiungere, va semplicemente provata. :)
Potrebbe sembrare un peccato utilizzare uva di così alta qualità per un dolce, quando gustata al naturale è meravigliosa. Io ho fatto più volte questo ragionamento. Se però si guarda la cosa dall’altro punto di vista, ovvero (come nel mio caso) la quantità di frutta è così importante che si rischierebbe quasi che si sciupi da sola, con lo scorrere del tempo, cucinare la schiaccia è la soluzione ideale per evitare una rimanenza esagerata o di utilizzare gli ultimi grappoli, magari un po’ fiacchi, per dare loro una seconda possibilità ;)



A voi le foto ( un po’ ambientate ;), vi piacciono? ) e lo spunto per una merenda in giardino d’autunno. Adesso devo davvero scappare, ma come sempre tornerò.

Aspettatemi, vi prometto che ne varrà la pena. <3



Ps. L’evento I Lov Mini Cakesè stato un successo :) Ci siamo divertite e abbiamo trascorso un bellissimo pomeriggio assieme, tra farina, zucchero a velo e tante risate. Ringrazio ancora le partecipanti per essere venute a cucinare con me, ringrazio il Grand Hotel Trento (soprattutto Veronica) e lo staff del ristorante Clesio per la disponibilità e l’aiuto e ovviamente Bianco Concept Store. Mi raccomando rimanete connessi per il secondo appuntamento di novembre, a breve vi racconteremo tutto :) 



Schiacciata all’uva (focaccia dolce all’uva)


Ingredienti:
250 g di farina bianca (00)
250 g di farina integrale di grano tenero
50 g di zucchero di canna + quello necessario per spolverizzare il dolce
12 g di lievito di birra fresco
300 ml di acqua tiepida
1 cucchiaino di miele
olio evo qb
500-600 g circa di uva nera, lavata e asciugata

Sciogliere il lievito in poca acqua tiepida, prelevandola dai 300 ml previsti per la ricetta e aggiungere un cucchiaino di miele. Nell’impastatrice (planetaria) versare le farine, mescolandole, e formando una sorta di fontana, unire il liquido acqua-lievito. Iniziare ad impastare e aggiungere pian piano il resto dell’acqua, fino ad ottenere una palla di impasto fissa ed omogenea. Lasciar lievitare l’impasto coperto da uno strofinaccio pulito al caldo fino a che raddoppierà di volume (circa 1 ora e mezza/2). A questo punto incorporare i 50 g di zucchero di canna e 4 cucchiai di olio, continuando ad impastare per qualche minuto. Dividere l’impasto in due e stendere entrambe le parti sul piano di lavoro ben infarinato fino ad uno spessore di circa 1 cm.  Ungere d’olio una teglia capiente e stenderci sopra una delle due sfoglie. Posizionare sopra la focaccia circa la metà degli acini d’uva, condire con un filo d’olio e una spolverata di zucchero di canna. Coprire con l’altra sfoglia, sigillando i bordi, e ripetere l’operazione precedente (uva-olio-zucchero). Cuocere a 180° per circa 35-40 minuti.
La superficie deve scurirsi (il risultato sarà quasi caramellizzato), prestate comunque attenzione alla cottura. Servire tiepida.

Note:
-          il dolce si conserva per alcuni giorni, sotto pellicola o avvolto da alluminio.
-          per evitare che gli acini in superficie escano dal dolce, fissateli nell’impasto premendo leggermente.
 






Bye, (my) dear Autumn.

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E questa volta lo faccio davvero. :)

Perchè è troppo strano tornare, ora. Devo ancora capire alcune cose. Forse troppi progetti, troppe idee, troppo caos. Chiarezza, non ci sarai mai nel mio vocabolario, mai ci entrerai probabilmente ;).


Ho in mente una sorpresa, ci sto lavorando. Nulla di che in realtà, ma è da moltissimo che ci penso. Vediamo.






E tanto per ricordarvi che ci sono, una ricetta nuovissima, un saluto al mio autunno (quest'anno così alternativo). Un piatto della mia tradizione (forse uno dei pochi presenti qui sul blog) in chiave completamente anarchica ;). Schmarren di castagne, la versione castognosa del Kaiserschmarren, senza farina (gluten free: modalità on! :) ) e dalla consistenza leggera e spumosa. In italiano potrebbe essere interpretato come una frittata dolce alle castagne, ma per capire di cosa parlo realmente dovrete provarlo, e vi garantisco che ne vale la pena :)








Foto (che ne pensate?), ricetta (superparticolarissima), corro. :)



Un pensiero speciale va a tutte le persone che tornano, passano e ritornano, sempre, a prescindere dai post, dalle nuove ricette o altro. Perchè a loro sta a cuore questo spazio, e per questo vi ringrazio di cuore: so che ci siete e ci sarete sempre.



Credevo che non ci sarei mai riuscita ed invece... ecco il post record minimalista! Non è stato difficile ( vedremo se riuscirà a sopravvivere con la sottoscritta questo format ;)... mmm, non credo proprio :) ).





Schmarren di castagne (frittata dolce di castagne)
                   
ingredienti:

60-70 g di purè di castagne ( purea naturale di castagne, tipo crema di marroni*)

50 g di burro

80 g di zucchero

80 ml d latte a temperatura ambiente

2 tuorli d'uovo

3 chiare d'uovo



Caramellare in un pentolino 30 g di burro e 2 cucchiai d zucchero (da prelevare agli 80 g previsti dalla ricetta) senza farlo scurire eccessivamente, aggiungere poi il latte e far sobbolire lentamente ino a che lo zucchero caramellato non si è sciolto completamente. Togliere il liquido dal fuoco e aggiungere il purè di castagne mescolando.

In una ciotola capiente sbattere energicamente i tuorli con lo zucchero rimasto e unire alla massa di castagne. Montare poi a neve ferma le chiare e incorporarle delicatamente alla massa. In una padella antiaderente ampia scaldare un goccio d'olio e il restante burro (20 g, anche un po' di più ;) ), versare il composto e cuocere finchè la frittata risulta dorata da entrambe le parti. Per terminare la cottura (all'interno dello Schmarren) passare in forno caldo per 5 minuti circa a 180°, infino sminuzzarlo con la forchetta.

Servire caldo, spolverizzato di zucchero a velo e a piacere della marmellata di mirtilli/ribes rosso.



Note:



·         * per reperire la purea di castagna vi consiglio di rivolgervi al vostro negozio bio di fiducia (io l'ho trovato lì). E' leggermente diversa dalla confettura/crema di marroni, perchè è al naturale e non eccessivamente dolcificata ( con i pezzettoni di castagna). Effettivamente trovare l'alternativa in questo caso è un po' difficile, consiglio di sostituirla (anche se non sarà la stessa cosa) con una crema di marroni di qualità. In questo caso dovrete gestire la dose di zucchero, che con l'utilizzo della crema potrebbe risultare eccessivo.

·         la versione classica dello Schmarren prevede l'uso della farina (da molta consistenza al dolce). Per avvicinarsi alla tradizione si potrebbe provare ad aggiungere un 80-100 g di farina setacciata.




Adventskalender

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Lo ricordo, quando ero piccina. Il primo di dicembre ha sempre avuto un significato magico per me. Alla mattina presto, ancora sotto le coperte con i piedini avvolti da caldi calzini di lana ed il nasino infreddolito, un'aria diversa circondava l'atmosfera della mia cameretta. Sapevo cosa stava per succedere, cosa stava per iniziare, anche quell'anno. Che quella casellina del mio Adventskalender (calendario d'Avvento) era pronta per essere aperta. Che era il momento.




L'Avvento, il periodo dell'anno che preferisco da sempre, che avvolge dicembre, che lo coccola.

Tra neve, berretti di lana, sciarpone xxl e immancabili guanti. Tra la cioccolata calda e lo stollen di mamma a merenda, Christmas di Bublè di sottofondo (e i Pink, solo per poco riposano ;) ), anche un semplice pomeriggio diviene magico.



L'Avvento è cannella dappertutto in cucina, è San Nicolò in famiglia e abbuffate di Zimtsterne. E' sere trascorse a pensare ai regalini edibili per le Feste, alle confezioni. E' cartoncino, forbici e nastrini . E' decorazioni per la casa, è la candela della Adventskranz (corona d'Avvento) accesa alla sera, il soggiorno caldo, l'albero, i para-orecchi con le renne.



Qui vi avevo già raccontato di come vivo il periodo che precede il Natale, di quanto tempo dedico in cucina, di come vivo intensamente queste lunghe giornate d'inverno/fine autunno.

Nonostante gli impegni, che anno per anno aumentano e si infittiscono, ho sempre ritagliato del tempo per i preparativi. E quest'anno non sarà diverso. Anche se è difficile. Anche se è un periodo strano, dopotutto. Nel quale devo capire ancora tante cose. E forse è meglio così. Perchè se tutto, fuori, è disordine, vortice e anche ( non sempre) sofferenza, io nell'Avvento mi rifugio. Perchè è casa, è famiglia, è sorrisi e abbracci caldi. E' sicurezza ed equilibrio. E' tornare. Adesso ne ho bisogno.



E allora, oggi, come ogni anno, come ogni primo di dicembre, ecco che ho aperto la mia casellina del calendario (con motivi rigorosamente tedeschi :)). Proprio come quando avevo le manine troppo piccole per staccare le porticine. Perchè per alcune cose, non si è mai troppo grandi.




Quest'anno ho voluto esagerare. Eh sì. Perchè se a casa mia i calendari erano più di uno (quello mio, di mia sorella, quello decorativo e quello della famiglia, sì, roba da pazzi ;) ), non ne ho mai abbastanza. Ci pensavo da un po', e alla fine mi sono decisa: ho ricreato un calendario d'Avvento edibile, in stile nordico-germanico. Un'idea semplice, così pulita. Così facile da fare. Così bella. Tra le altre cose uno splendido elemento decorativo :)



Una scaletta di legno, nastrino a righe rosse e bianche, 25 biscottoni tipo pepparkakor(con una ricetta speciale, super particolare) glassati, mele rosse e aghi di pino argentato. 





Basta poco. Per volare in un'atmosfera surreale. Che sa di Nord, di neve, di zenzero e chiodi di garofano. Di casette di legno e camini accesi. Che sa di ricordi ed emozioni che non muoiono mai. Che a prescindere da tutto rimarranno sempre le stesse.



Oggi è così. E, sì ci riesco ancora, sorrido. Perchè non posso proprio fare altro ;)



Ps. Il tempo è poco, pochissimo, l'ho già detto. Ma non mancherà niente, ve lo prometto. Ci saranno idee, nuove. E ovviamente regalini home-made commestibili per Natale. :)



Non sparite, mi raccomando. Ne varrà la pena. :)



Biscotti speziati con melassa (tipo pepparkakor)

tratta e modificata da Sale e Pepe Kids, dicembre 2012



Ingredienti:

per 20-30 biscotti (di forma media):



450 g di farina bianca, setacciata (più quella per la lavorazione)

2 cucchiaini e ½ di zenzero in polvere

1 pizzico di noce moscata in polvere

1 pizzico di chiodi di garofano in polvere

1 pizzico di cannella in polvere (facoltativa)

1 cucchiaino di bicarbonato di sodio

90 g di burro morbido

110 g di zucchero di canna integrale (tipo muscovado)

2 uova

180 ml di melassa (oppure 90 ml di melassa e 90 ml di sciroppo d'agave)

zucchero a velo

½ cucchiaino di sale



per la glassa:

250 g di zucchero a velo, setacciato

4-5 cucchiai di acqua a temperatura ambiente

qualche goccia di succo di limone (facoltativa)





Tagliare il burro a pezzetti e lavorarlo con lo zucchero di canna in una ciotola, sbattendo con una frusta, fino a che raggiunge una consistenza cremosa ed omogenea. Aggiungere le uova, uno alla volta, versare la melassa (o il suo sostituto) e continuare a montare. In un'altra ciotola mescolare la farina, le spezie, il bicarbonato ed il sale. Aggiungere gli ingredienti secchi alle uova e amalgamare bene, impastare fino ad ottenere un pallina liscia.

Coprire l'impasto e lasciar riposare in frigo per almeno 3 ore. Togliere l'impasto dal fresco una mezzora prima di lavorarlo, facendolo riposare a temperatura ambiente. Dividere l'impasto in due, stendere le sfoglie con uno spessore di mezzo cm e ricavare i biscotti, con forme natalizie a piacere. Dovendo appendere i biscotti, praticare dei forellini (io con la punta di un sac a poche) per far poi passare il nastro.

Adagiare i biscotti sulle teglie da forno rivestite da carta oleata e cuocerli in forno già caldo a 180° per 7-8 minuti, prestando attenzione affinché non risultino troppo dorati.

Sfornarli, farli raffreddare. Glassarli, scrivendo su ogni biscotto il numero (da 1 a 25) con l'aiuto di un sac a poche e decorarli a piacere. Far asciugare la glassa per una notte al fresco. Il giorno seguente, infilare in ogni biscotto un pezzetto di nastro decorato, chiudendo con un fiocchetto. Appendere i biscotti sul “calendario”.



Note (anche creative :) ):

·         potete utilizzare qualsiasi superficie per creare il calendario. Io ho proposto una scaletta di legno, ma si possono tranquillamente appendere i biscotti su un ramo di un albero (anche sbiancato, per un gusto ancora più nordico), su un asse di legno grezzo con puntine rosse e bianche. Sbizzaritevi, date sfogo alla vostra fantasia, e se avrete voglia, condividete con me la vostra idea :)

·         la dose di glassa è molto abbondante. Potete lasciare i biscotti semplici come ho fatto io ( con il solo numero al centro), oppure potete aggiungere puntini, linee o altro a vostro piacere.

·         Questi biscotti si conservano a lungo in contenitori ermetici ben sigillati. Inoltre sono perfetti per arricchire i vostri pacchetto regalo. Legate un biscotto decorato (potete inserirlo in un sacchettino trasparente o di juta per un risultato più rustico) al nastro del vostro pacchetto assieme al biglietto-etichetta. Sarà una dolce sorpresa per la persona che aprirà il dono :)



 


Xmas in a jar

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Sono tornata (mamma come passa il tempo) il prima possibile per iniziare la serie (sperando che possano essere più, non garantisco ;) ) di post pre-natalizi, con a tema i regalini commestibili per Natale. Come ben sapete il periodo è frenetico, nella sua magia e atmosfera, il tempo stringe e gli impegni si infittiscono sempre più.


Come dicevo la scorsa volta però, non ho intenzione di rinunciare a godere a pieno il periodo più incantevole dell'anno. Ogni domenica il piccolo laboratorio di Babbo Natale apre le porte e sforna, incarta ed impacchetta piccoli cadeaux da regalare ai propri cari. È davvero il modo più bello e divertente di regalare un pensiero alle persone che più ci stanno a cuore. Un regalo autentico e genuino che trasmette affetto ed attenzione.

Quest'anno però ho voluto uscire un pochino dai soliti schemi. La produzione di biscotti di ogni genere non mancherà, vedrete che non mi sono smentita (in fondo, è pur sempre una tradizione :)). Pensandoci un po' però e volendo trovare un'idea diversa e un po' nuova senza però stravolgere il concetto dei regalini commestibili, ho trovato un'idea che avevo già visto da Linda, e che subito mi aveva colpito. Invece di cucinare i classici biscotti da regalare nelle scatole di latta o nei contenitori appositi, perchè non comporre dei preparati casalinghi per biscotti e dolcetti homemade? Ecco perchè Xmas in a Jar (Natale nel vasetto). Un mix di ingredienti semplici e genuini, già pesati e dosati, stratificati in un vaso da conserve, ai quali bisognerà aggiungere solamente gli ingredienti freschi per ottenere senza sforzo degli ottimi biscotti fatti in casa. Personalmente lo trovo geniale, simpatico e divertentissimo. Se ci riflettete è una trovata furba per colpire le vostre amiche appassionate, i vostri parenti che potranno replicare i vostri dolcetti o chiunque apprezza il mondo del food :).

È velocissimo da realizzare per voi (è sufficiente dosare le quantità di ingredienti secchi e stratificarli nel vaso di vetro a chiusura ermetica) e potete sbizzarrirvi con decorazioni, nastrini e cartellini (dove scriverete il nome della ricetta e gli ingredienti freschi da aggiungere al momento dell'uso).



Io ho proposto quest'idea con dei biscotti semplicissimi al cacao, cioccolato fondente e noci macadamia. In realtà questo è solo uno spunto, perchè infatti potete riempire i vasetti con qualsiasi preparazione o ricetta voi desideriate (anche dolcetti da forno). L'unico consiglio che vi do è quello di provare prima, se avete intenzione di usare una specifica ricetta, che il risultato sia ottimale. Essendo il concetto quello del “preparato-mix” la ricetta scelta non potrà essere articolata, con mille passaggi o troppi ingredienti. L'idea è quella di riuscire a cucinare dolcetti deliziosi semplicemente mischiando il mix pronto con altri ingredienti, a mano oppure (ancor meglio) in un mixer da cucina o una planetaria, senza fatica e senza complicazioni. :)


Sarà che quest'anno sono in immenso ritardo, sarà che ho mille cose per la testa (anche di belle, ovviamente), che ho pochissimo tempo e che quello disponibile mi scivola via, ma quest'idea per i regali di Natale commestibili è fantastica. Con pochi materiali e in poco tempo è possibile ottenere dei pensieri speciali e tremendamente simpatici.

Sono certa che, almeno il concetto-idea, vi piacerà :) Ditemi cosa ne pensate!
Ora scappo, di nuovo. Avevo in programma molte cose, qui sul blog. Come al solito :)
Altre però mi aspettano fuori, voglio provarci, voglio rincorrerle. Vediamo se ci riuscirò, vediamo come finirà :)

ps. non lo dico troppo forte, viste le mie promesse non mantenute ultimamente. Prima di Natale, quello vero, dovrei tornare. Spero di farcela, ci proverò. Tornerò per gli auguri, quello sicuro (almeno su fb), forse con un'altra ricetta. Non voglio promettervi nulla però :)

ps.#1 Siamo in fase di cambiamenti. Forse vi accorgerete di qualche piccola modifica (strutturale) del blog. Ci devo ancora lavorare sopra un po'. C'è bisogno di aria nuova! Oh sì.


C hocolate macadamia cookies (biscotti al cioccolato e noci macadamia)



Ingredienti (per il vasetto):



in ordine da stratificare



350 g di farina bianca (alla quale vanno aggiunti)

  • 30 g di cacao amaro in polvere,
  • un pizzico di vanigliaBourbon in polvere
  • un pizzico di sale
  • 3 cucchiaini di lievito in polvere bio per dolce

200 g di cioccolato fondente a pezzetti (triturato grossolanamente)

200-250 g di noci macadamia tritate (grossolanamente)



Ingredienti freschi



da aggiungere al momento della preparazione



235 g di burro morbido

1 uovo a temperatura ambiente.



vi servirà inoltre:

una vaso di vetro a chiusura ermetica (io adoro quelli WECK)

nastrini e decorazioni

cartellini/etichette





- Miscelare la farina con gli altri elementi elencati, versare il mix sul fondo del vaso e disporlo uniformemente, pigiando un pochino. Proseguire con gli strati, quindi aggiungere lo zucchero, pressando un po', il cioccolato e le noci. Chiudere il vaso e sigillarlo. Decorare a piacere con nastri, campanellino o altro.

- Preparare le etichette con il nome della ricetta e le dosi degli ingredienti da aggiungere (se avete piacere potete anche descrivere il procedimento, anche se banale, per la preparazione dei biscotti. Nel mio caso: “Lavorare il burro morbido a crema, e aggiungere l'uovo continuando a sbattere. Unire per ultimo il mix pronto, impastando o a mano o con il robot/planetaria. Stendere la pasta di uno spessore di circa mezzo cm, con le formine coppare i biscotti ed infornare per 15-20 min a 175°. Far raffreddare e spolverare a piacere con lo zucchero a velo).



E njoy Xmas jars <3

















Happy Xmas :)

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Something's changing, something's happening.
Don't know what's specifically.
I feel the revolution, it's time for revolution.

Don't know where it brings, don't know if it's right.
So many feelings in head, and in heart.

Chaos, I said it, you're my essence.
I can't do anything against you.
Yes, I accept you.

And now I smile.
For one time, maybe the first one, I don't care.
And I love it.

...perchè in italiano non avrebbe avuto senso.

E tra tutto questo disordine, auguro a tutti a voi un sereno Natale, di cuore.
E tanti sorrisi. Quelli, l'ho imparato troppo tardi, non sono mai abbastanza. :)
 
< Happy Xmas everyone >

Candy cane chocolate cookies. And Happy New Year :)

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Perchè non è tempo di chiacchiere e pensieri.
Sono sempre stati tanti, alcuni dovuti. Non posso dimenticarli, far finta che nulla stia accadendo. Fingere e negare la realtà.

And I've got a strong urge to fly.
But I got nowhere to fly to.”

Nobody home, Pink Floyd, The Wall (film)

Credo di averla già scritta, questa frase.
Solo che questa volta scappare non è la soluzione. Anche se lo sento, come forte desiderio, non è fuggendo che le cose si sistemeranno. Fa più male, rimanere. Rivedere i posti, le persone e le abitudini. Ma devo farlo. Devo risolvere, devo sistemare. Staccare è lecito, necessario. Però devo capire, per me. 

 

 

Il periodo natalizio è terminato, molte cose stanno finendo, come è giusto sia. Lo avevo già anticipato su Facebook che non sarei stata propriamente coerente proponendo voi questa ricetta, forse sicuramente più indicata al periodo precedente al Natale. Questi candy cane chocolate cookies ricordano e riprendono evidentemente i biscotti da consumare alla sera durante l'Avvento, con un bicchierone di latte accanto. Avete presente i biscottoni da divorare davanti alla tv, mentre state guardando il classico film di Natale, avvolti da una calda coperta? Ecco, quella è l'idea che questi dolcetti volevano rendere. Quella che avrei voluto rendere io, per lo meno. Per una serie di motivi non è stato possibile e così, essendo tutto strano, tutto al contrario, tutto confuso, questi cookies, da me sono arrivati adesso. Quando tutto ormai sta per finire, e cambiare. Quando i film di Natale non hanno più quel significato tanto magico e tremendamente affascinante. Quando forse tutto non ha nemmeno più senso.



Fatto sta che questi biscotti ormai ci sono, simpatici e buffi, golosi e calorici. Quei bastoncini di zucchero rossi e bianchi, che dopo 19 anni ho trovato/ricevuto per la prima volta, dovevano finire da qualche parte. Perchè anche se non lo voglio ammettere, ci tenevo da morire a quei bastoncini. Perchè finalmente anche io, mi sono sentita come una piccola attrice di quei film di Natale, americani. Fiera di quelle caramelle lunghe a forma di bastone che appese all'albero son ancora più belle. E ancora una volta, forse una delle ultime, mi son sentita piccina, spensierata e speranzosa. Ad aspettare il Bello che arriverà, perchè so che succederà.




Non sto dicendo di fare come me, di sconvolgere ogni tendenza e di preparare ora questi biscotti tanto natalizi, trementamente fuori tema. Forse apprezzerete l'idea per l'anno prossimo, forse non vi invoglierà per nulla. Posso solo dirvi che con me hanno funzionato, che forse un po' magici lo sono. Che in parte mi hanno aiutato a trovare quello che quest'anno, anche per colpa mia, mi ero fatta sfuggire. :)

Infine, buon Anno gente. :)
Vi auguro una meravigliosa fine, un magnifico inizio.
All the best, always. :)


C andy cane chocolate cookies
tratta e modificata da Donna Hay

Ingredienti:

110 g di burro, morbido
175 g di zucchero di canna
1 uovo
un pizzico di vaniglia Bourbon in polvere
150 g di farina, setacciata
25 g di cacao amaro, setacciato
½ cucchiaino di bicarbonato di sodio
400 g di cioccolato fondente
4-5 bastoncini di zucchero (la dose dipende a seconda della dimensione delle caramelle)

Lavorare il burro morbido con lo zucchero, usando lo sbattitore o la planetaria, fino ad ottenere un composto cremoso.
Unire l'uovo e continuare a sbattere. In una ciotola mescolare la farina con il cacao, la vaniglia ed il bicarbonato.
Sciogliere 120 g dei 400 di cioccolato a bagnomaria, e tritare a piccoli pezzetti il resto. Quando il cioccolato è completamente sciolto, aggiungerlo al composto burro-uovo e mescolare.
Aggiungere con delicatezza e in più passaggi il mix di ingredienti secchi, continuando a sbattere. Unire per ultimo il cioccolato a pezzetti ed impastare. Formare delle palline di impasto, posarle sulle teglie da forno ricoperte con carta oleata e premere/appiattire i biscotti.
Cuocere i biscotti a 160° gradi per i primi 5-8 minuti, nel frattempo sminuzzare i bastoncini di zucchero.
Quando è trascorso questo tempo, cercando di essere il più rapidi possibile, incastrare nell'impasto semicotto i pezzetti di caramella sulla superficie dei biscotti.
Terminare la cottura per ulteriori 5-8 minuti (la cottura totale dovrebbe essere di circa 12-15 minuti).
Una volta pronti (deve formarsi una leggera crosticina) lasciarli raffreddare completamente.

Note:
  • l'aggiunta dei pezzettini di caramella va fatta a metà cottura poiché con il calore del forno, lo zucchero tenderà a sciogliersi. Se incastrerete i bastoncini fin da subito (prima di inizare la prima parte di cottura), lo zucchero dopo poco si scioglierà e a fine cottura non troverete più l'effetto dei pezzetti chiari, ma anzi piccoli crateri incavati, dall'effetto poco carino.
  • Potete conservare questi biscotti in contenitori ermetici per qualche giorno. Manteranno comunque la loro consistenza.







Back to the origins :)

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Credo che questo post vi stupirà, per più aspetti.

Primo perchè dopo mesi e mesi di ricette dolci (ho controllato, era da ottobre che non si intravedeva nulla di salato su Maf :o) ho finalmente postato una ricetta salata. Non potevo andare avanti così, diciamocelo. Avrei davvero rischiato di farvi andare in una pazzesca crisi iperglicemica ;) Oppure di trasformare Me and food in un baking blog (sì, ci ho pensato più volte...obbiettivamente mi diverte cucinare dolci e soprattutto fotografarli! Perchè?! E' semplice: riescono sempre bene! :) ), ma forse non sarebbe la scelta corretta, senza il salato non so davvero resistere!



L'altro aspetto che potrà sorprendervi è il tipo di ricetta che vi propongo. Udite udite (ci vorrebbe un rullo di tamburi in sottofondo :) ) stiamo parlando di una preparazione tipica delle mie zone, una ricetta della mia tradizione, grande classico della cucina dolomitica: i canederli. Tutti conosceranno i famosi gnocchi di pane allo speck, formaggio o spinaci - le versioni più autentiche di questa ricetta- serviti con burro fuso (si lo ammetto, ogni tanto, quando mi sento in colpa uso l'olio evo ;) ) e salvia. Sono diventati ormai un piatto molto conosciuto, servito ovunque, forse anche troppo diffuso. Infatti, anche se semplice e povero di base, il canederlo deve esser fatto bene, mai troppo 'gnucco' ma nemmeno molle. C'è un equilibrio di consistenza che rende gli gnoches o bales (come si dice in ladino) perfetti.

Io qui vi porto una delle mie ricette preferite, una versione forse a voi nuova, ma nemmeno così fuori dagli schemi: canederli alle barbabietole rosse con ripieno di robiola di capra. Come mio solito, si sa, non sono riuscita a portarvi la preparazione base della ricetta (per inciso, le versioni classiche elencate in precedenza non mi piacciono più di tanto :P) ma un'abbinamento perfetto di sapori, che sono certa vi conquisterà. Il contrasto dolce dell'impasto rosso con il cuore di robiola di capra (o un altro formaggio a vostra scelta), dal sapore più deciso e forte, è divino. Semplici e facili da preparare , sono un modo per utilizzare il pane vecchio di qualche giorno in una chiave diversa e oserei dire chic. Perchè il canederlo, a volte così snobbato, può davvero essere impreziosito. Con gli ingredienti e l'attenzione giusti può diventare un signor primo, che sa di montagna e di calore. Di baita e di camino acceso. Di pranzi invernali in famiglia e di genuino.





Forse questo è il primo post, assieme allo Schmarren, a rientrare nella categoria post della (mia) tradizione. Non sono molti, anzi. Questo non perchè non mi piaccia sfoggiare la cultura culinaria della mia zona (che in realtà parte come cucina povera e contadina, evolutasi successivamente), ma perchè non la sentivo adatta a Me and food. Non stavo negando le mie origini e radici, snobbandole. Era solo questione di sensazioni, o forse di necessità. Da sempre, ho avuto il bisogno di aprirmi, di vedere cose nuove. Di partire, di avere una testa nuova, diversa. Di staccarmi dalla piccola realtà che era la mia Terra, che a volte mi stava stretta, molto. Tutto questo probabilmente si rispecchiava anche nel blog, nella scelta del nome, nella ricerca di ricette provenienti da qualsiasi parte del mondo, nella curiosità che provavo (e provo) nello scoprirle.

Qualche giorno fa però ho sentito questo desiderio. Di pubblicare qualcosa di mio, della mia tradizione. Che esprimesse la mia provenienza e la mia appartenenza.

Ora come non mai ho sentito l'importanza ed il legame con la mia Terra. Forse l'ho capito solo quando ho iniziato a guardarla e viverla con occhi esterni. Ho finalmente realizzato che Lei ci sarà sempre. Ovunque finirò, qualsiasi cosa accadrà.

Io tra le mie montagne potrò sempre tornare.



A rifugiarmi, a correre, a respirare.



ps. ricordate le rape rosse. Credo (sono quasi certa) che tra non molto le rivedrete e forse so già dove andranno a finire :) 


Canederli di barbabietola rossa ripieni di robiola di capra



Ingredienti:



per circa 9-10 canederli piccoli



140 g di barbabietola rossa cotta

50 g di cipolla bianca, tagliata finemente

20 g di burro

130 g di pane raffermo, tagliato a dadini piccoli e di misura uguale

2 uova

50 g circa di robiola di capra o altro formaggio (la quantità dipende dalla dimensione del canederlo)

50 g di farina (+ quella da aggiungere mentre si impasta)

1 cucchiaino di prezzemolo sminuzzato

sale qb



Far appassire le cipolle in una padella antiaderente con il burro, fino a che risultano morbide. In una ciotola mettere il pane e le cipolle, mescolare. Tagliare a pezzi le barbabietole, frullarle con le uova in un mixer da cucina. Unirle al pane e mescolare ancora. Aggiungere infine la farina, il sale ed il prezzemolo, impastare tutti gli ingredienti. Se la consistenza è eccessivamente molle ed appiccicosa (l'impasto è troppo bagnato) aggiungere altra farina, per dare consistenza. Far riposare l'impasto per 15 minuti a temperatura ambiente, coprendolo con uno strofinaccio.

Tagliare a dadini il formaggio che avete scelto poi prendere una quantità di massa, non troppo esagerata, di impasto, appiattire la pallina, mettere al centro qualche dadino di formaggio (uno, massimo due) e chiudere il canederlo, sigillandolo bene affinchè il ripieno non esca o si apra. Cuocere i canederli in acqua salata per circa 15 minuti. Scolarli e servirli passandoli nel burro fuso, guarnirli a piacere con qualche foglia di salvia e una spolverata di parmigiano (ancor meglio se trovate il grana di capra).



Note:

  • se non trovate (o non volete utilizzare) la robiola di capra, potete sostituirla con un altro formaggio come per esempio un erborinato o tipo gorgonzola ( io ne ho fatti metà con il Weissensteiner doppia muffa, una sorta di gorgo austriaco, eccezionale). L'importante è che il gusto sia abbastanza deciso (dovendo far contrasto con il dolce della barbabietola) e che sia un formaggio molle o fresco, ma assolutamente non a pasta dura, altrimenti non si scioglierà e non creerà il cuore filante.
  • Il pane da canederli, raffermo, deve essere 'vecchio' di circa 3-5 giorni, non di più. Per intendersi, deve essere pane secco.
  • Consiglio di assaggiare l'impasto crudo, dopo averlo salato, e di non esagerare fin dall'inizio, ma partendo invece con un pizzico e aumentando successivamemente se necessario (ricordando che l'acqua in cui cuociono è salata e che anche il ripieno è sapido).
  • Potete preparare i canederli il giorno prima per il giorno dopo e conservarli sotto pellicola al fresco, oppure congelarli su un platò infarinato e tenerli in freezer, pronti all'uso.


 

3 ingredients, 2 recipes :)

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Questo è un esperimento, direi un doppio esperimento.

Da una parte una nuova tipologia di post (come sapete siamo in fase di cambiamenti, sperimentazione e mille nuove idee mi frullano in testa :) ). Dall'altra parlo di una modifica nella struttura del post, che non so come prenderete, ma che io voglio provare ad inserire (almeno in una parte delle pubblicazioni). Per una serie di motivi in realtà, che forse un giorno vi racconterò. Non so se a voi (italiani) piacerà o meno, ma sono certa mi “aiuterà” ad accorciare i mie lunghi monologhi abituali ;), cosa che so apprezzerete ;).



Dopo tempo (come sapete tutti i trend e le mode culinarie del momento da me arrivano dopo minimo un anno), ho finalmente trovato le carote viola, che sognavo da molto e che a dire la verità avevo dimenticato, rinunciando all'idea di utilizzarle almeno una volta. Se ricordate, fino a qualche anno fa erano diventate un vero must, come i pomodori gialli e arancioni del resto. Quindi, oltre ad essere in ritardo e immensamente controtendenza (lo sapete che per me non è mai stato un problema questo, anzi), vi presento “3 ingredients, 2 recipes”, ovvero due modi diversi per cucinare tre medesimi ingredienti.

A questo punto ci sarà chi tra voi riderà (a crepapelle), chi chiuderà il post e scapperà da Maf e chi invece (almeno spero che ci sia qualcuno ;) ) troverà quest'idea simpatica e diversa dal solito.



Per iniziare (in realtà non so se riuscirò a crearne molti altri di questi) ho scelto tre ingredienti super basici e sani: le carote viola, la mela e lo zenzero fresco. I due modi per cucinarli? Il primo è a freddo, una centrifuga (appunto la più banale in circolazione, carota-mela-zenzero) classica, semplicemente ottenuta dallo spremere i tre ingredienti. Il secondo modo è una zuppetta, anch'essa molto facile da preparare, con alla base i soliti tre protagonisti.





In realtà non è nulla di che, le ricette/non-ricette sono davvero disarmanti, però credo che l'idea di base sia divertente. Assomiglia un po' a questa, solo che questa volta gli ingredienti in comune sono di più, e le preparazioni sono completamente diverse.



Sarà per il colore (in questo periodo mi diverto a giocarci, oltre che è risaputo che è sano cucinare “colorando” i piatti) che mi fa letteralmente impazzire, sarà perchè sono salutari ma non tristi - anche se quest'anno devo dire che ho risparmiato il mio fisico dalle solite abbuffate festive- ma mi piacciono entrambe da impazzire.





La centrifuga alla mattina è la soluzione per iniziare con energia la giornata (ho letto che le carote viola sono anche ottime per la circolazione) e la zuppa scalda il pancino in queste strane sere di gennaio.



E così posso spuntare anche le carote viola. :)

Ora mancano quelle gialle, bianche, nere e rosse.

Chissà. Forse in un mercatino bio, in Svezia. ;)





Zuppa di carote viola mele e zenzero fresco

per 3-4 persone



Ingredienti:

300 g di carote viola, pelate e lavate

1 mela gala (o granny smith)

1 pezzetto di zenzero fresco (la dimensione dipende da quando piccante volete rendere la vellutata)

1 scalogno

brodo vegetale

olio evo



Tagliare le carote a pezzetti, togliere il torsolo alle mela e pelarla. Pelare anche lo zenzero. Tagliare tutto a tocchetti. Sminuzzare finemente lo scalogno, soffrigerlo in una pentola a pressione con dell' olio evo. Aggiungere le verdure/frutta, coprire con qualche bicchiere di brodo (2-3) e lasciar cuocere per 10 minuti, chiudendo la pentola pressione. Trascorso questo tempo, passare al mini-pimer fino ad ottenere una crema vellutata ed omogenea (aggiungere ulteriore acqua calda se risulta eccessivamente spessa). Servire calda, con qualche crostino o chips di mela.





Centrifuga carote viola mele e zenzero fresco

per un bicchiere medio



Ingredienti:

3-4 carote viola, pelate e lavate

1 mela, pelata e privata del torsolo

1 pezzetto di ginger, pelato

 
Centrifugare tutti gli ingredienti con lo spremitore apposito (la centrifuga). Mescolare la bibita e servire fredda con, a piacere, un po' di zenzero fresco gratuggiato.



English version:



This is an experiment, I would say a double one.

At one hand a new type of post (as you know we're in a phase of change, trial and thousand new ideas are swirling around my head :) ). At the other one I'm talking about a modification of the post's structure. I don't know your reaction about this, but I want to try to insert it (at least in a part of posts). For a series of reasons actually, that maybe I'll tell you one day. I don't know if you (italians) will appriciate it or not, but I'm quite sure it will “help” me to shorten my long and usual monologues ;) thing I know you'll like :)


After much time (as you know all food trends always come to me after min one year), I finally found purple carrots, which I dreamed for long and which, to tell the truth, I forgot, giving up the idea to using them at least on time. If you remember, until a few years ago, they became a real must, as moreover yellow and orange tomatoes. So, beyond being late and extremely countertrend (you know that it never have been actually a problem for me), I present you “3 ingredients, 2 recipes”, that's two different ways to cook the three same ingredients.

At this point there'll be people among you who'll burst out laughing, people who'll quit reading the post and will leave Maf, but someone (at least I hope ;) ) who'll find this a funny and unusual idea.



For the beginning (I don't know really if I'll be able to create many others from these posts) I chose three very basic and healthy ingredients: purple carrots, apple, and fresh ginger. The two ways to cook them? The first is a cold-one, a classic squeeze (exactly the most common existing, that's carrot-apple-ginger), simply done squeezing the ingredients. The second way is a soup, very easy to prepare, always with the base of the three protagonists.



Actually all this isn't anything special, recipes/no-recipes are really disarming, but I believe the beginning idea is funny. It looks a bit like this one, but this time common ingredients are more and preparations are completely different.



It will be for the colour (in this period I have fun playing with them, besides is well-known that to cook plates changing colours is healthy) which I literally love, it will be 'cause they're wholesome and good at the same time – even if I have to say I spared my body from usual festive binges this year – but I like both madly.



The squeeze is the solution to start well and with energy the day ( I red purple carrots are also good for circulation) and the soup warms belly in these strange January evenings.



And now I can tick off purple carrots from the list too :)

Now just yellow, white, black and red ones are missing.

Who knows. Maybe in a bio-market, in Sweden. ;)

 
Purple carrots apple and ginger soup

for 3-4 people
 

Ingredients:



300 g purple carrots, peeled and washed

1 gala apple (or granny smith)

1 piece fresh ginger (the size depends on how much spicy you want the soup will be)

1 shallot

vegetable broth

evo oil (extra virgin olive oil)



Cut carrots into pieces, remove the apple core and peel it. Peel ginger too. Cut all into pieces. Mince thinly shallot, sautè it in a pressure cooker with some evo oil. Add vegetables/fruit, cover with some glasses of broth (2-3) and cook for 10 minutes, closing the pressure cooker. After this (so when all vegetables are cooked), mix the soup with an hand blender until you get a velvet and uniform consistency (add other hot water if it results too dense). Serve it hot, with toasted bread or apple chips.





Purple carrots apple and ginger fresh squeeze

for a medium glas
 

Ingredients:

3-4 purple carrots, peeled and chopped

1 apple (granny smith for example), peeled and without core

1 small piece fresh ginger, peeled



Put all ingredients in the juicer and squeeze them. Mix the drink and serve it fresh, with (if you like it) a bit of grated fresh ginger.






Chocolate beet cake. Finally.

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Il momento giusto. Quello in cui tutto coincide, ha senso, si compie. Quello che aspettavi, da tempo. Che a volte avevi immaginato (non troppo, per non rovinare la sorpresa). Quello che arriva quando non lo pensavi, che ti sorprende. Che ti fa sorridere, capire.




C'è sempre un momento giusto, per qualsiasi cosa.

Per un viaggio, per scoprire un posto, per un libro, per alcune parole, per uno sguardo, per una promessa. Per una novità, per una crisi, per una risposta. Per una rinascita, una rivoluzione.



E c'è anche il tempo giusto per una ricetta.

Quando tutti gli ingredienti sono pronti, magari dopo molto, perchè sono stati introvabili a lungo (e ahimè, io ne so qualcosa a proposito ;) ).

Quando trovi la ricetta quasi perfetta, dopo aver cercato, modificato, personalizzato la tua versione.

Quando il risultato ti illumina, ti riempie. E sorridi, dopo una giornata non propriamente ok.





Avevo atteso un po' per la"Beet". L'avevo vista da Katie, ovviamente. Come con la "Guinness", mi affascinava l'uso di un ingrediente così particolare in un dolce. In realtà non era il fatto di usare una verdura in una torta a sorprendermi. Se ricordate qui vi avevo raccontato della torta dolce di zucchine di nonno (ahhh, nostalgia estiva ;) ). In realtà era la barbabietola in sé, ad incuriosirmi. La rapa rossa, con la quale ho sempre avuto un rapporto strano. Da piccina non la cercavo più di tanto, non si è mai vista girare per casa. Poi qualche tempo fa l'ho riscoperta (con i super canederli ;) ). Mi attrae il colore (da morire!), la consistenza. La dolcezza.



La "Beet"è quasi indescrivibile. Soffice, spugnosa ed umida. Assomiglia alla sua sorellina, per aspetto (crosticina fuori, morbida dentro). Per il profumo inconfondibile del cacao. La Beet però è più leggera. Col suo colore bordeaux, intenso, che in cottura diventa mogano. Leggermente meno compatta, si sbriciola tra le mani. Elegante, decisa, equilibrata. Alternativa (non resisto al colore fucsia che va ad unirsi agli ingredienti secchi ;)) e divertente :)





Io, a fini puramente estetici, l'ho ricoperta con una generosa colata di cioccolato fuso (sì, devo dire che la foto rende bene :P), ma credetemi che con una semplice spolverata di zucchero a velo, o addirittura liscia, sarà fenomenale. :)



Un bicchiere di latte, un divano, un buon film e la "Beet".

Sì, era questo il momento. :)



 Chocolate beet cake (torta al cioccolato e rape rosse)

tratta e modificata da qui



Ingredienti:

80 g di cacao amaro in polvere, setacciato

180 g di farina bianca, setacciata

2-3 cucchiaini di lievito per dolci bio

190 g di zucchero bianco

260 g di barbabietola rossa, cotta

3 uova

200 ml di olio di mais

1 pizzico di vaniglia Bourbon in polvere



per decorare:

*a piacere cioccolato fondente fuso, zucchero a velo o altro frosting (magari al formaggio fresco :P)



In una ciotola capiente mescolare cacao, farina, vaniglia e lievito. Aggiungere poi lo zucchero.

Frullare le barbabietole in un mixer da cucina, fino ad ottenere una purea liscia. Unire le uova, una per volta, lasciando montare il composto (che raddoppierà di volume, all'incirca).

Formare una fontana tra gli ingredienti secchi e aggiungere il composto fucsia di barbabietole, sbattendo con delicatezza, per non smontare eccessivamente l'impasto.

Imburrare uno stampo dal diametro piccolo (18 cm) e dai bordi alti e lisci, versarci l'impasto e cuocere a forno caldo per 50 minuti circa. Controllare la cottura con la prova-stecchino. Lasciare raffreddare e decorare a piacere*.



Note:

  • come per la "Guinness" prestate attenzione alla cottura: deve formarsi una crosta fuori e rimanere bagnata all'interno.
  • come la maggior parte delle torte di questo tipo, il giorno dopo è ancora più buona :P

 


 English version:



The right moment. That one when all coincides, makes sense, carries out. That one you were waiting for, for a long time. Sometimes you imagined it (but not too much, to don't spoil the surprise). That one that comes when you didn't expect it, that amazes you. It makes you smile, understand.



There's always a right moment, for everything.

For a travel, for discovering a place, for a book, for a gaze, for a promise. For news, for a crisis, for an answer. For a rebirth, a revolution.



And there's the right time for a recipe too.

When all ingredients are ready, maybe after much time, since they were lost for long (uh, I know damn well about this ;) ).

When you find the almost perfect recipe, after researches and modifications to personalize your version.

When the result lights up you, it fills you. And you smile, after a not really ok day.



I waited a bit for the “Beet” (in english it sounds funny ;) haha!). I saw it the first time by Katie, obviously. As it happened with the "Guinness", I was enchanted from the use of a very particular ingredient in a sweet recipe. Actually I wasn't surprised by using a vegetable in a cake. If you remember, here I told you about my granpa's sweet zucchini bundt cake (ahhh, summer memories ;) ). It was actually the betroot itself to intrigue me. Beet, with which I've always had a strange rapport. When I was a little girl I didn't look for it so much, we usually didn't have it at home. Then, a while ago, I rediscovered it (with the super canederli ;) ). I like the colour (to madness! ), the consinstency. The sweetness.



The "Beet" is almost indescribable. Terribly fluffly, spongy and moist. It looks like her sister, for the aspect (outside crusty, inside soft). For the unmistakable fragrance of cocoa. But The "Beet"  is lighter. With its intense bordeaux colour, that during the baking becomes mahogany. Slightly less compact, it crumbles in hands thanks to the softness. Elegant, strong but balanced. Alternative (I can't resist to the fuchsia colour mixed with dry ingredients ;). Funny!



I covered it with a huge flow of melted chocolate, just for aestethic purposes (yeah, have to say the pic creates well the idea ;)), but trust me it's incredibly yummy even just with a simple wipe of icing sugar, or even without anything on the top. :)



A glass of milk, a comfortable couch, a good film and the "Beet".

Yes, this was the moment. :)



Chocolate beet cake

from here (modified)



Ingredients:

80 g cocoa powder, sifted

180 g plain flour, sifted

2-3 tsp bio-baking powder

190 g caster sugar

260 g betroot, cooked

3 eggs

200 ml corn oil

1 pinch vanilla Bourbon powder



to decorate:

*to your liking melted dark chocolate, icing sugar (dusted) or an other frosting (cream-cheese frosting for ex.)



Mix cocoa powder, flour, vanilla and baking powder into a large bowl. Add then sugar. Pureè beets in a food mixer until you get a velvet mash. Put eggs, one at a time, whipping the mixture (it will double, approximately).

Make a fountain in the dry ingredients and add slowly the fuchsia beets mixture, mixing lightly and whipping it.

Grease a cake pan with a small diameter (18 cm) and tall and smooth sides, pour the cake mixture and cook to 180°/355F (hot oven) for about 50 minutes. Check the baking with a toothpick. Cool the cake and decorate to your liking*.







Notes:

  • as you do for the "Guinness" pay attention to the baking: there should be a firm crust outside and a "wet" inside.
  • as the main part of this kind of cakes, it is better and more delicious the day after :P



Buchteln in Paris :)

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A volte capita di fermarsi.

Di interrompere quel ritmo frenetico, metodico, vincolato e programmato della realtà.

Quello che era scritto, confermato, riservato.

Quello mascherato, un po' ostentato, condiviso.





Guardarsi indietro. Provare a rivivere momenti, ripercorrerli, senza ritrovarsi. Non riconoscersi come protagonisti, sentirsi spettatori. Incuriositi ma incapaci di intendere. Vivere un presente inaspettato, diverso, ancora legato al passato. Poco nitido. Surreale. Travolgente. Sconvolgente. Insensato. Impegnativo. Forse, necessario.


 


Li ricordo ancora, i Buchteln caldi di Parigi. Quelli che vi ho nominato qui. Sì, avete capito bene. Buchteln a Parigi. Quelle piccole e soffici palline di pasta lievitata ripiene di marmellata, che nella tradizione ladina vengono servite con l'immancabile salsa alla vaniglia (terribilmente südtiroler, per me no grazie ;)! ).
Li ho ancora in testa. In un posto speciale, di Parigi. In realtà per una serie infinita di motivi. Perchè obbiettivamente i Buchteln, nella capitale francese, non centrano un granché. Forse sarebbe stato più “normale” (odio, profondamente, la definizione di normalità e qualsiasi sua declinazione, aggettivale o avverbiale), parlarvi di un fantastico pain au chocolat (ok, credo che arriverà anche quello prima o poi ;), ne vado matta!) o di una fragrante baguettecasalinga (manca! Prossimamente devo provarci a farla in casa. Senza pretese di superare i mastri fornai parigini, ça va sans dire ;) ).
Eppure credetemi, non avrei potuto fare diversamente. Il profumo inebriante di queste focaccine, che servite tiepide sono la fine del mondo, su quel tronchetto di larice. Ero a Parigi, vero. Ma mi sentivo come a casa. Mi sentivo cullata, un po' viziata. Rapita dalla magia e dall' atmosfera che solo quella città sa dare. Passeggiare per il Quartiere latino mi regalava momenti di pace e senerità. Mi immedesimavo. Una piccola (e fasulla) bohèmien, incerta e fragile per le vie ripide e strette del 5eme. Un atelier di scarti di alta moda dove acquistare il più bel abitino nero di sempre, un salon de thé dalle pareti verde acqua in una nascosta stradina interna, una libreria di vecchi, impolverati ed ingialliti volumi di Baudelaire.
Seppur insolita, questa combinazione buchteln-Paris rimarrà per sempre nelle mie memorie. E forse non è detto che questa città, ancora una volta, presto mi salverà.
Forse è lì che tutto ha avuto inizio, forse è lì che tutto deve ricominciare.
Ma un saluto ed una dedica, la faccio anche all'origine autentico di questo dolce: la Boemia (noi ladini, come gli austriaci ed i tedeschi lo abbiamo ereditato).
Forse anche lì, in parte, un nuovo inizio avrà il suo più stravagante (e sostanzialmente utopico) compimento. :)


 
Buchteln
tratta e leggermente modificata da Semplice e buono, la cucina autentica delle Dolomiti, Athesia


Ingredienti:
100 ml di latte tiepido
50 g di zucchero
25 g di lievito
350 g di farina, setacciata
2 uova, a temperatura ambiente
1 pizzico di vaniglia Bourbon in polvere
2 /3 cucchiaini di scorzetta di limone bio, grattugiata
20 g di burro fuso

per il ripieno:
marmellata di mirtilli rossi

Mescolare 50 ml di latte tiepido con lo zucchero ed il lievito, fino a sciogliere tutti gli ingredienti. Mettere da parte e lasciar riposare per 15 minuti. In una ciotola capiente versare la farina, aggiungere il liquido latte-zucchero-lievito ed iniziare ad impastare, unendo le uova, il latte rimasto, la vaniglia, la scorza di limone e il burro fuso. Continuare a lavorare fino ad ottenere un impasto omogeneo e leggermente appiccicoso.
Far lievitare coperto in un ambiente caldo per almeno un'oretta.
Trascorso il tempo per la lievitazione, stendere su un piano infarinato la pasta con uno spessore di circa 5 mm. Tagliare dei quadrati della grandezza di 6x6 cm.
Disporre al centro di ogni quadrato un cucchiaino di marmellata e chiudere con un altro quadrato, sigillando accuratamente i bordi. Lavorare tra le mani fino a dare la forma di una pallina. Disporre i buchteln in una stampo da torta imburrato, uno vicino all'altro. Spennellare le focaccine con del burro fuso e lasciare riposare altri 15 minuti. Cuocere a 170° per circa 35-40 minuti (la superficie si scurirà facilmente, per questo controllate l'interno con uno stecchino). Servire tiepidi con una generosa spolverata di zucchero a velo.

Note:
  • nella versione originale del dolce (altoatesino) la marmellata che viene utilizzata è quella di albicocche. Io preferisco quella di mirtilli rossi o ribes, però potete scegliere quella che più vi piace (anche di prugne, come da tradizione boema).
  • Più farete lievitare l'impasto più soffici risulteranno le focaccine. In questo modo tenderanno a rimanere più morbide anche nei giorni successivi, se conservate in pellicola. 

     
    English version:

    Sometimes it happens to stop.
    To suspend that rabid, systematic, bound, planned rythm of reality.
    That one which was written, confirmed, reserved.
    That one masked, a bit displayed, shared.

    Looking back. Trying to live again those moments, to retrace them, without finding yourself. Don't recognize yourself as protagonist, feeling like a spectator. Curious but unable to understand. Living an unexpected, different and still bound to past, present. Less bright. Surreal. Overwhelming. Upsetting. Senseless. Demanding. Maybe, necessary.

    I still remember the hot Buchteln of Paris. Those ones I mentioned here. Yes, you understood right. Buchteln in Paris. Those small and fluffy balls of dough stuffed with jam, those which are served with vanilla sauce in ladin tradition (terribly südtiroler, for me no thanks ;)! ).
    I've still got them in head. In a special place, of Paris. Actually for a long list of reasons. Objectively Buchteln, in the french capital, don't identify a lot of sense. Maybe it would be more “normal” (hate, deeply, the definition of normality and every declension of it, adjectival or adverbial), to talk about a fantastic pain au chocolat (ok, think it will come sooner or later anyway) or a crunchy homemade baguette (missing! Soon I have to try it at home. Without claims to beat Parisian bakers, ça va sans dire ;) ). But trust me, I couldn't have done differently. The heady smell of these scones, which are the end of the world if you serve them lukewarm, on that larch log. I was in Paris, it's true. But actually I felt like at home. I felt cherished, a bit spoilt. Raptured by the magic and the atmosphere that only that city can give. Walking trough the Latin Quarter donated me a sens of peace and serenity. I emphatize. A small (and false) bohémien, so unsure and frail around the steep and narrow streets of 5ème. One atelier of high fashion scraps where you find the prettiest little black dress ever, one salon de thé with aqua green walls in a hidden tiny street, a old bookstore with dusty and yellowed volumes by Baudelaire.
    Although it's unusual, this combination Buchteln-Paris will stay for ever in my memories. And it's not said that this city will rescue me soon, once again.
    Maybe it's there that all began, maybe it's there that all has to start again.
    But a special greetings and a dedication go to the origin of this sweet: Bohemia ( ladins as austrians and germans have inherited it).
    Maybe it's there, partly, that a new beginning will have its weirdest (and essentially utopic) fulfillment. :)


    Buchteln
    adapted from Semplice e buono, la cucina autentica delle Dolomiti, Athesia

    Ingredients:
    100 ml lukewarm milk
    50 g sugar
    25 g brewer's yeast
    350 g flour, sifted
    2 eggs, room-temperature
    1 pinch vanilla Bourbon powder
    2/3 tsp bio lemon zest, grated
    20 g melted butter

    for the stuffing:
    cranberry jam

    Mix 50 ml of lukewarm milk with sugar and yeast, until all is melted. Put away and let rest it for 15 minutes. Pour flour in a large bowl, add the milk-sugar-yeast liquid and start to knead, combining eggs, left milk, vanilla, lemon zest and melted butter. Keep on working it until you get a homogeneous and lightly sticky dough. Let it rise, covered in a warm place, for on hour at least.
    After the leavening, spread the paste on a covered in flour plane with the depth of 5 mm. Cut squares with a 6x6 cm size.
    Arrange in the center of each square a teaspoon of jam and close with an other square, sealing the edges accurately. Give it the shape of a ball, working it in your hands and putting each buchtel in a buttered cake pan, side by side. Brush the sweet with melted butter and put it resting for 15 minutes. Cook the scones to 170° for 35-40 minutes (the crust will darken, for this check the inside part with a toothpick).
    Serve them lukewarm with a huge wipe of icing sugar.

    Notes:
  • in the original version of the sweet (that one südtiroler ;) ) the used jam is apricots one. I personally prefer the cranberry one or currants one, but you really can choose that one you like more (plums jam too, as the bohemian tradition wants)
  • More you rise the knead, more the scones will be fluffy. In this way they will stay soft for more days, if you conserve them in plastic wrap.

About an aussie breakfast ;)

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Non sono abituata, a godermi la mattina.

A svegliarmi con calma, presto.

Con un'energia strana, diversa. Non tumultuosa, forse positiva. Con un sorriso, leggero. Non smagliante o esagerato.

Apro la finestra, le imposte, sento freddo. Chiudo gli occhi. Respiro. Lo faccio intensamente, profondamente. Sento il peso di ogni inspirazione e la liberazione di ogni espirazione. Lo faccio ancora, ed ancora. Apro gli occhi e vedo la neve. Per un momento, uno solo, sono come vorrei: giovane, selvaggia e libera. Nient'altro. Con la testa altrove, certo. Senza pensieri, per un po'. Percepisco quel pizzico di incoscienza, bramo la leggerezza che ancora manca.







Mi preparo piano, vivo ogni momento, lo apprezzo. Scendo in cucina, accolta dal calore e dall'atmosfera che solo quella stanza sa regalare. Metto il grembiule (e non mi importa se tutte dicono che fa old e nonna), e inizio a preparare la colazione, come si deve, solo per me. Un bicchiere di succo d'arancia bio, un caffè (oggi, americano), una mela succosa. Poi prendo la farina. Questa volta, la prima nella mia vita, che lievitadasola. La setaccio. Poi zucchero, latte e uova. Quelli ci voglion sempre. E anche il burro. Esageriamo. E ora? Pikelets?! Sìììì! Non per tradire i fratelli americani. Non credo di farcela. I pancakes sono insostituibili, inimitabili. I cugini australiani, sono una declinazione aussiedei crumpets inglesi, in realtà. A mio parere, li superano. Spugnosi, tanto, alti e soffici. Molto diversi, curiosi.

Pastella pronta, pancake-panpure, ora solo burro. Eh sì, perchè anche se faccio fatica, bisogna imburrare per bene la padellina, ad ogni frittella. Non c'è storia.

Cappa alla massima potenza e qualche finestra aperta, inizia l'impresa (non mi smentisco mai). Impasto dappertutto, mille piatti, piattini e palette.

La torre, alta e piuttosto in bilico, di pikelets fumanti. Ci siamo quasi. Una banana, tagliata a fettine. Nocciole, tritate molto grossolanamente. Ci guarnisco la torre. Infine, lo sciroppo d'acero. Una generosissima colata di sciroppo d'acero. Ecco. 



Tolgo il grembiule, soddisfatta. Prendo le frittelle, la mia forchetta preferita (vintage). Mi volto e guardo il caos che ho creato. Penso che dovrei, mettere a posto, che sarebbe meglio. Non mi importa. Può aspettare.

Vado alla finestra, mi siedo e li addento. Guardo fuori. Neve. Penso a me. Basta.



Respiro intensamente, di nuovo.

Sorrido.

Timidamente. 



 
Pikelets con banana, nocciole e sciroppo d'acero

Tratta e largamente modificata da Elle a tavola, gennaio 2014



Ingredienti:
per i pikelets:

320 g di farina chelievitadasola (autolievitante ;) ), setacciata

90 g di zucchero

1 uovo

300 ml di latte

100 g di burro, fuso



per guarnire:

una banana

nocciole, tritate grossolanamente

sciroppo d'acero o miele





In una ciotola capiente mescolare farina e zucchero. Sbattere leggermente l'uovo e il latte, in un altro recipiente. Aggiungere la parte liquida agli ingredienti secchi, sbattendo energicamente con un frusta, senza formare grumi. La pastella risulterra molto densa e montata. Unire il burro fuso, mescolando. Preparare una padella antiaderente ben imburrata. Versarci qualche mestolo di pastella (in base alla dimensione della padella) e far cuocere le frittelle. Far dorare entrambi i lati, senza bruciarli. Continuare fino ad esaurire l'impasto, ricordando di imburrare la padella quando ricominciate. Servire caldi, con banana, nocciole e sciroppo d'acero, o con quello che più a voi piace. :)



Note:



  • essendo molto ricchi e non propriamente leggeri, consiglio di non esagerare con la guarnizione. Sono buonissimi semplici, con della frutta fresca, classico zucchero a velo o marmellate.


English version:

I'm not used to enjoy the morning.
To wake up quietly, early.
With a strange and different energy. Not turbolent, maybe positive. With a light smile. Not dazzling or exagerated.
I open the window, the blinds, I feel cold. I close my eyes. I breathe. Intensely and deeply. I feel the weight of each inhaling and the realease of each expiration. I do once again, and again. I open my eyes and see the snow. For a moment, just one, I'm as I would to be: young, wild and free. Nothing else. With the head elsewhere, sure. Without thoughts, for a while. I sense that pinch of inconsciousness, I long for the levity still missing.

I get ready slowly, I live the instant, I appriciate it. I go down in the kitchen, welcomed by the warmth and the atmosphere of this magic room. I wear my sweet apron (and I don't care if all say it's for oldies/granmas), and I prepare myself the breakfast, properly, just for me. A glass of fresh orange juice, an american coffee (yes, even if I'm italian sometimes I like it), a pulpy apple. Then I keep flour. This time, the first one in my life, self-raising. I sift it. Then sugar, milk and eggs. Those are always necessary. And butter too. Let exagerate.
And now? Pikelets?!?! Oh Yessss! Not to cheat the american brothers. Don't think to be able to do it. Pancakes are irreplaceable, inimatible. Aussiecousins are actually the australian version of english crumpets. In my opinion, they're better. Spongy, very, high and fluffy. Very different, terribly curious.

Batter's ready, my pancake-pantoo, now it's the turn of butter. Yes, 'cause even if it's hard for me, the small pan must be carafully buttered everytime. There's no match.
Range hood on the max power and some open window, let start the challange (I'm always the same).
Dough everywhere, thousand small saucers, plates and cake slices.
The high and unsafe tower of steamy pikelets. Nearly there. A banana, sliced. Minced hazelnuts. I garnish the tower. At last the marple sirup. A generous flow of it. Here we are.

I take off the apron, satisfied. I pick up pikelets, choose my fav fork, the vintage one. I turn and watch the huge mess I've done. I'm thinking I should tidy a up, it would be better. But I don't care. It can wait.
I go next to the window, sit down and bite them. I watch outside. Snow. I think of me. Stop.

I breathe intensely, again.
Smile.
Shyly.

 
Pikelets with fresh banana, hazelnuts and marple sirup 
Largely adapted from Elle a tavola, January 2014

Ingredienti:

for pikelets:
320 g self-raising flour, sifted
90 g sugar
1 egg
300 ml milk
100 g butter, melted

to garnish:
a banana
hazelnuts, minced
marple sirup or honey

Mix flour and sugar in a large bowl. Beat lightly milk and egg in an other receptable. Add the liquid part to dry ingredients, whipping powerfully with a whisk. The batter will be very thick and whipped. Add up melted butter, combining all ingredients. Prepare a buttered pan. Pour in it some spoonfuls of batter (it depends on the size of the pan) and let them cook. Make them golden for both sides, without burning them. Go on until the dough is over, keeping in mind to butter the pan everytime you start again. Serve them hot with banana, hazelnuts and marple sirup, or everytihng you like most.

Notes:
- pikelets are pretty nutritious and not so light, so don't exaggerate with garniture. They're heavenly yummy in the simple way they are, with fresh fruit, classic icing-sugar or jams.

My asian-way cooked salmon (with sojasaucehoneyginger marinade!) :)

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Non cucino molto etnico, devo dirlo.



L'ho scoperto tardi, tardissimo. Da buona Heidi-girl ho dovuto aspettare un bel po' per conoscerlo. Sono sempre stata curiosissima, di assaggiare e di sperimentare. Fin da piccola. Per motivi prettamente tecnici e pratici non è stato possibile per tempo e la mia permanenza tra canederli e polenta è stata assai lunga. ;)

Il mio primo jappo (ovviamente composto da solo sushi) a 16 anni, il primo indiano a 17, il primo libanese a 18 , il primo tex-mex (è da considerare etnico?!) a 19. Contando (ovviamente) solamente gli assaggi seri di cucina extra-italiana (e cancellando il cinese a 10 anni, con il quale ho ancora un rapporto difficile, non so perchè!).




Impazzisco per i sapori particolari, lontani. A volte il solo fatto di poter “degustare” culture e tradizioni gastronomiche mi fa viaggiare, con la testa ovviamente (credo il mezzo che ho utilizzato maggiormente per la mia scoperta dell'universo ;) ). Terre sconosciute, nelle quali non ho mai messo piede, fisicamente. Che ho “ visto” in un mondo puramente metafisico e sensoriale.

A volte una serata in realtà come le altre può diventare una piccola (ed illusoria) fuga, tra i profumi, i piatti e i sapori di posti magici, affascinanti e così distanti.





Come avrete potuto intuire, quindi, adoro mangiare etnico. Fuori. Al ristorante o da amici ( e io sono tremendamente fortunata, a riguardo! ;) ). A casa però lo cucino raramente. E la maggior parte delle volte con mille modifiche che rendono il risultato tremendamente infedele dall'originale.

La miso soup con una miriade di alghe-verdurine, spessa (sembra quasi un minestrone all'orientale, niente a che vedere con quella dei sushi-bar, che mi fa letteralmente impazzire!). Il riso alla cantonese mum-version (anche questo nemmeno minimamente simile all'originale, a parte il nome). E poi il salmone marinato. A modo mio. Tranci (o bocconcini, come preferite) di salmone cotti nel wok. Io li chiamo all'orientale - nella marinata utilizzo ingredienti provenienti da cucine orientali, ormai praticamente diventate parte della cultura gastronomica occidentale, hihi! - data la presenza della salsa di soia e dello zenzero fresco. Poi ci metto il miele, per contrastare il sapido della soia. E qui ogni tentativo di avvicinarmi all'etnico svanisce.

Obbiettivamente non saprei come definire questa ricetta. Potrebbe sembrare giapponese (forse una sorta di cugino del Teriyaki, lontano però ;) ), credetemi che la sua classificazione è un'impresa ardua.

Forse (addirittura!) non lo possiamo nemmeno chiamare etnico. Bah. :)



Fatto sta che questo è uno dei miei modi preferiti (se non quello in assoluto) per cucinare/mangiare il salmone. Dire che è semplice da fare, è esagerare. E' vergognosamente banale :)



4 ingredienti (in totale, e non scherzo), zero fatica (fa tutto la marinatura), dovrete solo cuocere il pesce (nel wok viene meglio, creerà la giusta glassa).



Allora, sono riuscita a convincervi? ;)



ps. piace da morire anche ai non-amanti dell'etnico. Il trucco?! Non dite da cosa è composta la marinatura! ;) 



Salmone marinato all'orientale (alla mia maniera)



Ingredienti:

per 2 persone



1 trancio di salmone fresco, privato della pelle (è perfetto anche il filetto)

3 cucchiai di salsa di soia, bio

1 pezzetto di zenzero fresco, sbucciato

1 cucchiaio di miele (millefiori o d'acacia)

olio evo



Tagliare il pesce nella forma che preferite, tranci o bocconcini. Preparare la marinatura mescolando la salsa di soia, il miele e lo zenzero tagliato a fettine sottili. In un piatto fondo o una terrina posizionare il pesce e versarci la marinata. Lasciare riposare per almeno 30-40 minuti in frigo, o in luogo fresco, coperto da pellicola. Cuocere il pesce nel wok caldo (o padella antiaderente) con un filo di olio evo per qualche minuto. Aggiungere il liquido rimasto dalla marinata e lasciar caramellare, facendo restringere la glassa. Servire con riso bianco o altri contorni.



Note:

  • la stessa preparazione può essere utilizzata con il tonno, se volete trovare un'alternativa. Il salmone però è più morbido e si scioglie in bocca, essendo la carne più grassa (a me piace molto di più!).
  • potete rendere la marinata più decisa e forte con un pizzico di coriandolo in polvere oppure un pizzico di cinque spezie cinesi.

  
English version:



I don't cook a lot ethnic food, I have to say it.



I discovered it late, terribly late. As a perfect Heidi-girl does, I had to wait a lot to experience it. I've always been curious to taste and try new flavors. Since I was a little girl. Unfortunately, it hasn't been possible for a long time for mainly technical and pratical reasons and so my permanence around “candereli” and polenta was pretty long. ;) My first japanese (obviously composed only by sushi) when I was 16, the first indian when I was 17, the first lebanese when I was 18 and the first tex-mex (is it definable ethnic?!) when I was 19. Obviously I'm just considering the serious degustations of no-italian food (deleting my chinese experience when I was 10, with which I still have a strange rapport, I don't know why!).



I'm crazy for particular and distant flavors. Sometimes the only possibility to sample new cultures and gastronomic traditions makes me travelling, with the head obviously (I think it's the “transport” I used the most for my discovery of universe ;) ). Unknown lands, which I've never seen phisically but merely in a metaphysic and sensorial world.

One evening, not so different from the usual, can sometimes become a small (and misleading) escape thorugh the smells and plates of magic, fasciniting and far away places.



As you could understand, so, I love eating ethnic, dining it out above all. At the restaurant or at friend's (and I'm so lucky regarding this! ;) ). But I rarely cook it at home, and if I do it most of the times there are so many modifications, making the result so terribly unauthentic to the orginal version.

Miso soup with lots of wakame seaweeds and vegetables, very thick (looking more like an oriental minestrone, nothing similar to that one served in sushi-bars, which I completely love <3). Cantonese rice with mum-version (it's the same for this, nothing close to the authentic recipe, exept for the name). And then marinated salmon. My way cooked. I named it asian-way cooked salmon since in the marinade I use two typical asian products, which are soja sauce and fresh ginger, effectively two almost occidental became ingredients. I put then honey to contrast the salty flavor of soja. And here each attempt to get close to ethnic food disappears.

Objectively I wouldn't know how to define this recipe. It could look like a japanese preparation (maybe as a cousin of Teriyaki, a far away kin ;) ), but trust me, its classification is a hard work.

Maybe we can't neither (even!) call it ethnic. Bah. :)



Anyway this is one of my fav ways (or the one I love the most, mmm, not easy to say) to cook/eat salmon. Saying it's easy to prepare is exaggerated. It's shamefully banal. :)



4 ingredients (in the total, and it's not a joke), no efforts (marinade does all alone), you'll just have to cook the fish (in a wok is better, it'll create the right caramelised glaze).



So, did I convince you? ;)



ps. Everybody loves this plate, no ethnic-lovers too. The trick?! Don't say what's in the marinade! ;)




 My asian-way marinated salmon



Ingredients:

for 2



one fresh salmon steak, without skin (pavè part is perfect also)

3 tablespoons soja sauce

1 piece fresh ginger, peeled

1 tablespoon honey (“thousand flowers” or acacia)

evo oil



Cut the fish into the shape you prefer, steaks or nibbles. Prepare the marinade mixing soja sauce, honey and sliced fresh ginger. In a deep plate or in a terrine place the fish and pour the marinade. Let rest for almost 30-40 minutes in the fridge, or in a cold place, covered with plastic wrap. Cook the fish in a hot wok (or in a pan) with a blade of oil for a few minutes. Add the left liquid from the marinade and let candy and reduce the glaze. Serve with white rice or other side dishes.



Notes:

  • the same preparation can be used with fresh tuna, if you want to find an alternative. But salmon is softer and it melts in the mouth, since the “meat” is fatter (and I like it more!).
  • You can give to the marinade a stronger and spicy flavor adding a pince of coriander (powder) or a pince of 5-chinese spices mix.



S'mores (brownies) :)

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L'erba umida, l'aroma del legno e dei boschi, il suono del falò, acceso.

Un cerchio di amici, il vestitino di jeans, una coperta a scacchi, i ceppi di albero su cui sedersi.

Il lago, calmo ed immenso.

Note di nostalgia, guardando il cielo stellato. I mitici '60.

Una ghirlanda di fiori di campo tra i capelli.

Una mano, quella mano, vicina.

Il profumo della gioventù.

Di un sorriso incerto, una timida speranza, un impulso del cuore.

Una candela accesa, un diario ingiallito colmo di insensate parole.

E poi l'universo. In un solo respiro.








Fin da piccola, ho sempre avuto un forte debole per l'idea del campeggio estivo. Non quello all'italiana (camper+campeggioattrezzato+tuttiicomfortdiunanormalevaanzasolosuquattroruote) o nemmeno quello del campus estivo per ragazzi. 
 





Nei film americani vedevo di frequente una scena specifica. Il campeggio tra amici, in calde notti d'estate, tra la immense montagne canadesi o dello stato del Washington. Quei week end improvvisati, quelli dell'ultimo momento. In un bosco sperduto, lontano. Un mondo quasi irreale. L'immancabile laghetto ed il pontile di legno scricchiolante, per sedersi e - a gambe all'aria – con le punte dei piedi, disengnare cerchi a filo d'acqua. Le confidenze ed i segreti confessati tra ragazze, mentre i maschietti raccolgono la famosa legna per il fuoco. Sguardi complici, parole silenziose e sane risate. Un barbecue quasi perfetto, con l'insalata di patate. La birra ghiacciata, dalla bottiglia. Una tavolata rustica nel prato. Le lanterne volanti da lanciare a fine serata, con un plaid avvolto al corpo e mille desideri per un fututo grandioso. I lumini accesi nell'acqua. I bagni pazzi di mezzanotte. Le tende pronte per accogliere quelle misere ore di sonno previste per la notte e le canzoni country-rock, cantate o strimpellate attorno ad un falò acceso. I marshmallows abbrustoliti sul rametto. Gli s'mores. Il dolce da campeggio per eccellenza. Quel panino di biscotto integrale ripieno di marshmallows sciolti al fuoco e cioccolato a pezzi morbido, quasi fuso. Il must-have di ogni campeggio americano/canadese che si rispetti. È qui, infatti, che la scena del campeggio, quella famosa, si fa sempre più nitida nella mia mente. Quella delle chiacchiere post-barbecue, attorno al fuoco centrale, con i bastoncini in mano e questi dolciumi super americani dorati, pronti per essere addentati in un fantastico s'more





S'more, l'abbreviazione di “something more”, quel qualcosa in più che completa il quadro. La serata. Un dolce buffo e unico, che solo in alcuni precisi momenti ha senso.



Fantasticavo, come è mio solito fare, ed immaginavo questo mio piccolo desiderio. Il campeggio da sogno. Quello che sembra di vivere sfogliando le meravigliose pagine patinate di Kinfolk.<3



Ogni ricetta però come dicevano un po' di tempo fa qui, ha il momento e luogo giusto per essere realizzata. Gli s'moresin quel normalissimo pomeriggio di febbraio non avrebbero avuto senso, obiettivamente.



Stavo cucinando un brownies extrafondente (strano eh?! ;)). Poi ho ricordato che tempo prima avevo preso dei marshmallow bianchi (non chiedetemi il perchè, sono rimasti in dispensa per parecchio tempo dato che in purezza non riesco a mangiarli). La torta stava cuocendo in forno, guardavoquesti piccoli trocnhcetti di zucchero senza capire cosa mi stesse frullando in testa. Poi ho realizzato. 
L'avevo vista da Jamie, quest'idea. Una base di brownie al cioccolato classico coperta da cicciosi marshmallow dorati e una sbriciolata di biscotti secchi in superficie. È una sorta di s'more scomposto, gli stessi gusti ripresi in un dolce di natura completamente differente. Forse più sensato nel mio contesto.



Ero seduta alla finestra (ormai un mio cliché, assolutamente non letterario, credetemi, lo faccio davvero! ;) ) con la mia fetta di dolce e una tazza xxl di tè caldo (sono un'accoppiata incredibile, fidatevi!). 
Rivedevo la scena. Ne sentivo il sapore.



Di quello s'more che aspetterò. Fino al mio primo, unico e vero campingda sogno.



S'mores brownies
tratta e modificata da Jamie magazine, gennaio 2014

Ingredienti:
100 g di burro
200 g di cioccolato fondente al 75%
4 uova
250 g di zucchero grezzo o di canna
100 g di farina, setacciata
1 cucchiaino di lievito per dolci bio
30 g di cacao amaro in polvere
marshmallows bianchi (circa 180-200 g)
30 g di biscotti secchi ( i tipo digestive sarebbero meglio ma anche i tipo “Oro Saiwa” vanno bene)

Sciogliere burro e cioccolato a bagnomaria. Sbattere le uova con lo zucchero fino a che il composto si gonfia, risultano soffice e chiaro. Aggiungere a quest'ultimo il cioccolato sciolto, la farina, il lievito ed il cacao e mescolare. Versare l'impasto in una teglia da brownies e cuocere per 25-30 minuti a 200° (controllare la cottura con lo stecco). Lasciare raffreddare il dolce, una volta pronto. Coprire la superficie del brownie con i marshmallows e passare al grill del forno per 3 minuti, finchè sono leggermente dorati. Spolverare con una sbriciolata di biscotti e servire tipiedi.

Note:

- la base di brownie è grandiosa anche come ricetta singola, non occorre dirlo. In questo caso è perfetta perchè avendo un gusto quasi tendente all'amaro (data la presenza del cioccolato al 75%) contrasta meravigliosamente la dolcezza quasi esagerata dei marshmallows, equilibrando il dolce che non risulta per nulla stucchevole.



English version:

The damp grass, the aroma of woods, the sound of a burning pyre.
A circle of friends, that jeans dress, a checkered blanket, some logs where to sit.
The calm and huge lake.
Nostalgic notes, watching the starry sky. The legendary 60s.
A wreath with wildflowers in the hair.
A hand, that one, so close.
The fragrance of youth.
Of an unsure smile, a shy hope, an impulse from the heart.
A glowing candle, a faded diary, full of senseless words.
And then the Universe. In a single breath.

Since I was a little girl, I've always had a strong weakness for the idea of summer camping. Not the italian-style one (camper+equippedcamping+everykindofnormalcomfortjustonfourwheels) or neither those summer campings for teenagers.

When I was watching american movies I frequently saw a specific and clear scene. Camping with friends, in hot summer nights, through those immense canadian or Washington state's mountains. Those improvised week-ends, organized at the last minute. In a lost and far away wood. An almost unreal world. The unavoidable small lake and the creaky wood jetty to sit down head over heels, drawing circles on the water with the tips of toes. Confidences and confessed secrets among girls, while guys are picking up the wood for fire. Knowing looks, quiet words and healthy laughs. An almost perfect barbecue, with potato salad. Frozen beer, from the bottle sure! A rustic table on the field. Flying lanterns at the end of the evening, with a warm plaid bound around the body and thousand desires for a great future. Little lights on the water. Those crazy midnight baths. Ready tents for the few sleep hours expected for the night and country-rock songs sung and strummed around a burning bonfire. Roasted marshmallows on a thin branch. S'mores. The camping sweet par excellence. That whole-cookies sandwich stuffed with hot marshmallows and melted chocolate pieces. It's a must-have for each worthy of respect american/canadian camping. At this point the scene of my dreamy camping is brighter more and more. That one with post-dinner chatters , around the central fire, with wood sticks and golden marshmallows, done to be put in a fantastic s'more.

Exactly, s'more. The contraction of “something more”, the thing that completes the vignette. The event. A funny and unique sweet, that has sense just in particular moments.

I was thinking ( as I usually do) and I was imagining that small desire. The rustic summer camping. That one you feel like living browsing the slick pages of Kinfolk.

But each recipe, as I said here, has its right time and its right place. S'mores in that normal afternoon of February wouldn't have had sense, objectively.

I was baking an extradark brownies (so strange right?! ;) haha!) and I remembered I bought some classic marshmallows (don't ask me why, they stood for so long in the pantry since I honestly can't eat them alone). The cake was baking in the oven, I was looking at these candies, without understanding what was swirling in my mind. Then I realized.

I saw this idea by Jamie. A classic chocolate-brownie base covered with fluffy golden marshmallows and dry crumbled biscuits on the top. It's kind of dismantled s'more, same flavours in a completely different sweet. Maybe more reasonable in my case.

I was sitting by the window (by now it's a cliché, absolutely not literaly, trust me, I really do it!) with my brownie slice and an xxl mug of extremely hot tea (they're really an incredible couple! :) ). 

I saw the scene again. I feel the taste of it.

Of that s'more I'll wait for. Until my first, unique and true dreamy camping.




S'mores brownies
adapted from Jamie magazine, January 2014

Ingredients:
100 g butter
200 g 75% dark chocolate
4 eggs
250 g brown sugar
100 g plain flour, sifted
1 tsp bio baking powder
30 g cocoa powder
white marshmallows (more or less 180-200 g)
30 g dry biscuits (digestive ones are better but “Oro Saiwa” are good anyway)

Melt butter and dark chocolate in a bowl over a pan of simmering water (bain marie technique). Beat the eggs with sugar until you get a fluffy and pale mixture. Add the melted choco into the eggs, then put flour, baking powder and cocoa powder and mix. Pour into a brownie tin and bake to 200° (hot oven) for 25-30 minutes, until the crust is crispy. Leave to cool. Cover the top of the brownie base with marshmallows and let it grill in the oven for 3 minutes, until the candies are golden. Scatter over the crumbled biscuits and serve lukewarm.

Note:
  • the brownie base is a great recipe for a simple and classic darkchoco brownie, goes without saying. In this case it's really perfect since 75% dark chocolate gives a lightly bitter flavor, that's fantastic with the almost exaggerated sweetness of marshmallows.

Portland (OR).

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Immaginavo di mangiare queste quesadillas in un picnic. Sì, uno dei miei leitmotiv “narrativi” preferiti.
Con gli amici, di sempre. Un tavolo basso, preso ad un mercatino vintage di Portland, apparecchiato in un'affascinante e caratteristica (terribilmente strampalata) maniera. Con bicchieri, posate e piatti spaiati, anch'essi di un mercatino dell'antiquariato. I taglieri di legno antichi, una tovaglia di cotone leggermente stropicciata beige e tovaglioli ricamati a mano. Un vaso sbeccato con peonie fresche, al centro. Bianche, rosa pallido e fucsia. Un telo e qualche cuscino sparso dove sedere. Qualche istantanea di una polaroid. Il cestino di vimini con la tracolla di pelle. La birra fredda, doppio malto, belga.
Su un prato verde, ovviamente. Con l'erba un po' alta, incolta.
Non troppo lontano dal faro però. Quasi a picco sul mare dell'Oregon. 



 

Un pranzo primaverile, fresco ma deciso. L'aria ancora frizzante in una splendente giornata di sole, con un cappello di paglia in testa e la brezza dell'oceano sulle braccia scoperte.
Queste piccanti quesadillas di pollo e patate dolci (non la batata, la patata americana) accompagnate da una guacamole speciale e da una salsa a freddo di pomodoro e cipolla.

Solo cose semplici e sincere.
Come un sorriso, uno sguardo.

...

Avevo voglia di raccontarvi una storia, oggi. Così, semplicemente.
Immagini che prima disegno in testa, poi trascrivo su un taccuino nero, o rosso.
Su una panchina, ancora immersa dalla neve, a 2600 m.
E per un attimo, uno solo, mi sento in cima al mondo.





Quesadillas con pollo e patate dolci (+ guacamole speciale e salsa fredda al pomodoro)
la ricetta è di Jamie (magazine, gennaio '14), le dosi e il procedimento li ho modificati io

ingredienti:

per le quesadillas:

2 patate dolci
metà cipolla rossa, pelata
2 peperoncini rossi freschi, tritati e privi di semi
1 cucchiaino di peperoncino in polvere (o a scaglie)
1 petto di pollo
1 cucchiaino di paprika dolce
1 cucchiaino di cumino in polvere
4 tortillas di farina
50-60 g di formaggio tipo cheddar o emmenthal
1 manciata di coriandolo fresco tritato
olio evo
sale

per la salsa*:

l'altra metà della cipolla rossa, pelata
6 pomodori (a vostra scelta)
1 peperoncino fresco, tritato e privato dei semi
1 manciata di coriandolo fresco, tritato
olio evo
sale


per la guacamole speciale:
2 avocado maturi (al punto giusto)
1/3 della salsa*

Per prima cosa, preparare il mash di patate dolci. Preriscaldare il forno a 180°. Pelare le patate dolci, lavarle, tamponarle e tagliarle a cubetti. Metterle in una teglia con un filo di olio, condire leggermente con sale e pepe e cuocere in forno. Nel frattempo tagliare a spicchi sottili la cipolla. Quando sono trascorsi 20-30 minuti dall'inizio della cottura delle patate, aggiungere alla teglia le cipolle, il peperoncino (sia fresco che in polvere/scaglie) e ancora un filo d'olio. Mescolare ed infornare di nuovo per ultimare la cottura di ulteriori 20-30 minuti ( le patate devono essere ben arrostite ma morbide e non eccessivamente croccanti). Quando le patate saranno pronte, lasciar da parte e preparare le salse di accompagnamento.

Per la salsa al pomodoro a freddo, tritare finemente i pomodori e l'altra metà della cipolla rossa. In una ciotola mescolarli con il peperoncino fresco e il coriandolo fresco. Condire con un filo d'olio e un pizzico di sale. Assaggiare ed aggiustare eventualmente.

Per la guacamole speciale, pelare gli avocado e tagliarli a pezzi. Metterli in un mixer da cucina con un terzo della salsa a freddo preparata prima, azionare la macchina per ottenere una purea densa e omogenea.

Far riposare le due salse al fresco.

Recuperare le patate+cipolle, che si saranno quasi raffreddate e passarle al mixer per creare il mash, un purè.

Per il pollo, tagliare il petto a pezzi medi o a striscioline e metterlo in una pirofila. Condire con dell'olio, la paprika, il cumino, il peperoncino fresco, un pizzico di quello in polvere. Mescolare e salare leggermente. Lasciar marinare per almeno 10-15 minuti.
Cuocere poi la carne in una padella antiaderente poco oleata, aggiungendo anche la marinatura, arrostendo la carne in modo che si crei una crosticina esterna, ma che l'interno rimanga morbido e non stopposo.

Quando anche la carne è pronta, preparare le quesadillas. Prendere una tortilla, spalmarci sopra uno strato di mash, aggiungere qualche bocconcino di pollo, grattugiarci una generosa dose di formaggio e una spolverata di coriandolo fresco. Chiudere con un'altra tortilla e continuare con lo stesso procedimento fino ad esaurire gli ingredienti.

Nella stessa padella del pollo, pulita con un po' di carta assorbente, tostare le quesadillas per 2-3 minuti per parte, fino a che diventano croccanti e dorate e il formaggio si è leggermente sciolto.

Tagliare le quesadillas a spicchi e servire con le salse.



Note:
  • potete servire le quesadillas anche a freddo. Perderanno un pochino il loro carattere leggermente filante (formaggio), ma sono buonissime anche a temperatura ambiente. Sono, appunto, un'ottima idea per i primi picnic primaverili fuori porta.
  • la ricetta è semplicissima, la preparazione è un po' lunga ma assolutamente facile. L'importante è organizzarsi e se seguirete il mio procedimento non avrete nessun problema.
  • Nell'insieme il piatto è decisamente piccante (d'altronde è una ricetta messicana no?! ;)) essendoci il peroncino (fresco e in polvere) sia nella carne, che nelle patate e anche nella salsa a freddo. Ovviamente le dosi possono essere personalizzate: diminuite o aumentate a seconda dei vostri gusti. Se i vostri commensali non amano il piccante, non occorre dirlo, cambiate programma e ricetta :P)
  • gli avocado della guacamole devono essere maturi al punto giusto, sono la chiave della buona riuscita della salsa. Il mio consiglio è di aspettare (non troppo, altrimenti saranno inutilizzabili) e di cercare un prodotto valido. Purtroppo non è sempre facile, per questo vi consiglio di rinunciare alla salsa se non trovate gli avocado giusti. Credetemi: meglio restare senza guacamole piuttosto che prepararne una immangiabile! ;)


    English version:

    I was imaging me eating these quesadillas in a picnic. Yep, one of my fav “narrative” leitmotiv. With friends, those most important ones. A short table, bought in a vintage market of Portland, set with a fascinating and characteristic (terribly odd) way. With unpair glasses, cutlery and plates, everything also coming from a antique market. Old wood cutting boards, a lightly creased beige cotton tablecloth and hand-embroidered napkins. A chipped vase with fresh peonies, in the middle. White, light pink and fuchsia. A cloth and some scattered pillows where to sit. Some snap-shots with a polaroid. A wicker basket with the leather shoulder strap. A cold belgian beer, double malt.
    On a green lawn, obviously. With high and fallow grass.
    Not too far away from the lighthouse. Almost sheer over the sea of Oregon.

    A spring lunch, fresh but strong. The still sparkling air in a shiny sunny day, with a straw hat on the head and the ocean breeze on bare arms.
    These spicy quesadillas with chicken and sweet potatos (they're not american potatos) served with a special guacamole and a cold salsa made with tomatoes and onions.

    Only simple and honest things.
    Like a smile, a gaze.


    I felt like writing a story, today. Easily.
    Pictures that I first draw in head and then I write down in a black or red notebook.
    On a bench, still immersed from lots of snow, on 2600 m.
    And for an istant, just one, I feel on the top of the world.



    Quesadillas with chicken and sweet potatoes (+ special guacamole and cold salsa with tomatoes and onions)
    the recipe's is from Jamie (magazine, January '14), doses and method are modified by me

    Ingredients:

    for quesadillas:
    2 sweet potatoes
    a half red onion, peeled
    2 fresh red peppers, minced and without seeds
    1 tsp ground hot pepper or chili flakes
    1 chicken breast
    1 tsp sweet paprika
    1 tsp ground cumin
    4 flour tortillas
    50-60 g cheese (cheddar or emmenthal)
    a handful fresh coriander, minced
    evo oil
    salt

    for the salsa*:

    the other half of the red onion, peeled
    6 tomatoes (the type you like most)
    1 fresh red pepper, minced and without seeds
    1 handful fresh coriander, minced

    for special guacamole:

    2 ripe avocados (at the right point)
    1/3 of the salsa*

    First prepare the sweet potatoes mash. Preheat the oven to 180°. Peel the potatoes, wash, dry and cut them into pieces. Put them in a tray with a line of oil, season a bit with salt and pepper and cook in oven. In the meantime cut the onion into thin wedges. After 20-30 minutes of cooking, add the onion, the pepper (both fresh and ground) to the potatoes and another line of oil. Mix all and go on with the oven cooking for other 20-30 minutes (potatoes should be well roasted but at the same time soft and not extremly crunchy). When potatoes are ready, let them aside and prepare the salsas.

    For the cold salsa with tomatoes and onions mince finely tomatoes and the other half of the red onion. Mix them in a bowl with the fresh pepper and the fresh coriander. Season with a line of oil and a pinch of salt. Taste and adjust if necessary.

    For the special guacamole,peel avocados and cut them into pieces. Put them in a blender or a food processor (mixer) with a third of the before prepared salsa and mix until you get a thick and homogeneous mash.

    Let the two salsas rest in a cold place.

    Recover the potatoes+onions (almost cooled) and mix them in the blender to create the mash.

    For the chicken, cut the meat into medium pieces or into little strips and put it in a pan. Season with the oil, then add paprika, cumin, fresh pepper and a pinch of ground red pepper. Mix and salt a bit. Let it marinate for almost 10-15 minutes.
    Cook it in a pan with a few oil and the marinade liquid too. Roast the meat until you have an external crust but the inside part has is soft and absolutely not gristly.

    When also the chicken is ready, prepare the quesadillas. Take one tortilla, spread a layer of sweet potatoes mash over it, add some piece of chicken, grate a huge dose of cheese and a wipe of fresh coriander. Close with an other tortilla on the top and go on until you finish your ingredients.

    In the same pan you cooked the chicken, cleaned with a bit of blotting paper, toast the quesadillas for 2-3 minutes for each side, until they get golden and crispy and cheese is lightly melted.

    Cut quesadillas into wedges and serve with the salsas.

    Notes:

  • You can also serve quesadillas cold. They'll lost a bit their stringy character (cheese) but they're great served at room temperature. They're right an awesome idea for the first outdoors spring picnics.
  • The recipe's so easy instead the preparation is a little long but absolutely simple. The important thing is to organize all, if you'll follow my procedure you won't have any problems.
  • The plate is definitely spicy (it's a mexican recipe, right?! ;) ) because of the presence of pepper (fresh and ground) both in the meat and in the potatoes, oh, and in the cold salsa too. Obviously you can personalize the doses: reduce or increase red pepper as you like. If your tablemates don't like spicy food, goes without saying, change the plan and the recipe :P)
  • avocados have to be ripe at the right point, they're the key for the good success of the salsa. My advice for you is to wait (not too much, otherwise they'll become useless) and to look for a good product. Unfortunately that's not so easy, I know. For this I suggest to renounce to the salsa if you don't find the right avocados. Trust me: it's better without guacamole than with an uneatable one! ;)

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